Quando il riciclaggio salva le banche, anzi il sistema

di RedQ

 

Lo scorso 4 marzo una ventina di media internazionali in cooperazione con l’associazione Organised Crime and Curruption Reporting Project (OCCRP) hanno pubblicato un rapporto di enorme portata sul cosiddetto scandalo “Lavomatic Troika”, dal nome della banca privata russa Troika Dialog, che nel frattempo non esiste più perché riassorbita da Sberbank, la più grande banca nazionale russa.

Questo rapporto allarga e di molto la portata dello scandalo che era già scoppiato in Danimarca 18 mesi fa, quando si era scoperto che la filiale in Estonia della Danske Bank aveva fatto transitare dal 2007 al 2015 enormi capitali sospetti di riciclaggio, che ora questa rapporto cifra all’ammontare stratosferico di perlomeno 200 miliardi di euro.

 

Ciò che adesso è completamente nuovo è il fatto che tutta una serie di banche scandinave (dalla Svezia alla Finlandia, ma soprattutto in Danimarca) sono state coinvolte, sempre con partenza dalle loro filiali nei paesi baltici, da un’enorme operazione di riciclaggio di denaro sporco, in gran parte proveniente dalla Russia e che poi generalmente finiva soprattutto nei paradisi fiscali d’oltremare, parecchi dei quali sotto giurisdizione britannica.

 

Una parte delle società russe coinvolte in questa gigantesca operazione sono legate al dossier Magnitski, dal nome del giurista russo morto misteriosamente in prigione nel 2009, dopo che aveva denunciato una vasta azione di frode fiscale, che coinvolgeva le alte sfere della polizia e della burocrazia russa.

 

Alcuni commentatori si sono meravigliati che le banche nordiche, che godono di solito nell’opinione pubblica di buona fama per quanto concerne l’etica, siano state coinvolte in questo losco giro d’affari per somme enormi, di solito nell’ordine dei miliardi. Alcuni hanno cerato di scusarle dicendo che essendo di solite abituate a standard etici elevati, non hanno mai sospettato che le loro filiali baltiche potevano fare un lavoro così sporco. Esperti del settore sono però molto categorici: gli enormi profitti fatti da queste filiali non potevano non sollevare dubbi e siccome il rischio sembrava molto limitato, probabilmente hanno chiuso due occhi, due orecchie e azzerato la coscienza.

 

Se da noi nel 2008 Credit Suisse fu salvata dal Qatar e l’UBS da noi contribuenti, i fondi che han salvato una serie di banche altrove non hanno sempre avuto un’origine molto ben definita. Ci sono molti esperti del settore, tra cui Dick Marty, che sospettano che enormi somme provenienti dal riciclaggio, soprattutto legato al narcotraffico, siano state allora utilizzate a questo scopo. È anche probabile che buona parte dei fondi coinvolti nello scandalo “Lavomatic Troika” siano serviti a salvare diverse banche nel 2008. E allora mi viene in mente il famoso bon mot di Bertolt Brecht che diceva che “ l’azione criminale non consiste nello svaligiare una banca, ma nel fondarla ”.

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