Gli strumenti del tiranno

di Dick Marty

 

“Odio gli indifferenti”. Prezzolini, che come Croce stimava Gramsci, disse più o meno la stessa cosa: in una lettera a Gobetti, scrive di sentire che la sua posizione di spettatore “sia un po’, un pochino vigliacca”. L’indifferenza, la mancata empatia e il ripiegarsi sui propri interessi immediati non sono atteggiamenti nuovi nella storia. Furono gli ingredienti che favorirono l’insorgere del fascismo in Europa.

La storia non si ripete, ci si dice. Forse. Ci sono in ogni caso dei fenomeni che tendono a produrre dinamiche simili. Negli anni venti in Italia e trenta in Germania la complice inerzia del centro, l’opportunismo dell’economia nonché la litigiosità della sinistra (un morbo che ha assunto ormai le sembianze di una malattia genetica incurabile) costituirono condizioni quadro ideali per l’avvento del nazionalismo esasperato e di dittature che trascinarono il continente nell’abisso.

 

Nell’indifferenza generale, le democrazie occidentali stanno ora subdolamente smantellando conquiste umanistiche che sembravano definitivamente acquisite. Una vasta coalizione non ha esitato a ricorrere a menzogne, appena velate da falsi pretesti umanitari e di sicurezza, per scatenare guerre che hanno sconvolto e devastato il Medio Oriente, seminando morte, disperazione e odio. Sequestri di persona, detenzioni segrete, esecuzioni extra-giudiziarie e tortura sono strumenti banditi da trattati internazionali e dalle costituzioni di tutti i paesi civili, eppure utilizzati, tollerati e coperti da numerose democrazie occidentali proprio nel nome della difesa dei nostri valori. Fatti denunciati e anche condannati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, purtroppo in un clima politico generalmente cinico se non addirittura compiacente.

 

La politica svizzera ci offre pure degli spunti che dovrebbero suscitare preoccupazione e indignazione. Mentre il Parlamento affronta una fase particolarmente delicata nel dibattito sull’iniziativa popolare per delle multinazionali responsabili, il nostro ministro degli Affari esteri visita in pompa magna una miniera di Glencore in Zambia, l’azienda che più di tutte si è distinta per le violazioni dei diritti delle popolazioni locali e per i disastri ecologici causati dalla sua incuria e cupidigia. Il ministro ha però evitato il vicino Mozambico dove, contrariamente allo Zambia, vi è un’ambasciata svizzera, la sede regionale della DEZA e un ambasciatore ticinese che dirige le trattative di pace tra i contendenti della guerra civile. Certo, a Maputo avrebbe dovuto direttamente confrontarsi con uno scandalo finanziario assai imbarazzante in cui è coinvolto il Credito svizzero e che ha danneggiato gravemente uno degli stati africani più poveri del mondo.

 

Quasi inosservata, è pure passata una mozione approvata dalle due Camere che postula l’espulsione di terroristi islamisti verso i loro paesi d’origine anche se esposti al pericolo di tortura o di morte. La mozione è stata proposta da un deputato ticinese di un partito che si richiama ai valori cristiani. Un voto difficilmente immaginabile anche solo qualche legislatura fa. Il principio di non-refoulement – ovvero la proibizione di deportare, espellere o estradare persone verso paesi dove rischierebbero di essere sottoposte a tortura o alla condanna a morte – è sancito dal cosiddetto diritto internazionale obbligatorio (jus cogens), oltre che dalla nostra stessa Costituzione. Grave la decisione, sconcertante la disinvoltura con la quale la maggioranza dei deputati annienta decenni di progressi della nostra civiltà.

 

Un giudice della Corte suprema americana, proprio riferendosi a jihadisti, scrisse che “se vogliamo essere fedeli ai valori rappresentati dalla nostra bandiera, non possiamo combattere la tirannide con gli strumenti del tiranno”. Come ben sappiamo, non fu ascoltato. La relativizzazione di valori fondamentali, come il divieto assoluto di trattamenti crudeli e degradanti e l’abolizione della pena di morte, già era iniziata con l’amministrazione Bush che addirittura adottò un manuale di tortura ad uso della CIA mentre – fatto meno noto – Obama ha dal canto suo fortemente incentivato le esecuzioni extra-giudiziarie mediante droni, incurante dei danni collaterali per la popolazione civile.

 

In uno dei suoi primi interventi pubblici, la nostra nuova ministra della giustizia ha invocato motivi di sicurezza per ritenere che i cittadini svizzeri prigionieri dei guerriglieri Kurdi perché sospettati di aver combattuto nei ranghi dell’ISIS dovevano essere giudicati dai tribunali locali. Semplicemente sconcertante! Quali tribunali in un paese completamente devastato? I Kurdi stessi chiedono ai diversi stati di riprendersi i loro cittadini, altrimenti saranno costretti a rilasciarli. Invero, proprio l’argomento della sicurezza richiederebbe che ogni paese si riprendesse i propri cittadini per deferirli ai tribunali, con la possibilità peraltro per l’intelligence di ottenere preziose informazioni. Meglio lasciar vagare le schegge impazzite, ci si dice in sostanza. Importante è l’applauso della platea.

 

Un tribunale del Canton Neuchâtel ha recentemente condannato un pastore protestante a una multa di mille franchi per violazione della legge sugli stranieri. La sua colpa? Aver aiutato un membro della sua comunità, un richiedente d’asilo togolese la cui domanda era stata respinta, che si trovava in una situazione estremamente precaria: gli ha offerto da mangiare e gli ha dato le chiavi della chiesa per avere un luogo in cui dormire. La polizia ha interpellato il pastore nel bel mezzo della funzione liturgica.

 

Condanne ben più severe sono state pronunciate da tribunali italiani e francesi contro marinai e montanari che avevano salvato e aiutato migranti in grave difficoltà mentre tentavano di raggiungere il paese. Tutti costoro hanno agito senza alcun interesse personale, con spirito umanitario e coerentemente con i valori morali di un’umanità solidale con chi è nel bisogno. La solidarietà criminalizzata. Chi invece, animato da una smisurata avidità, ha messo in pericolo la più grande banca del paese (un disastro per l’economia nazionale è stato evitato solo grazie all’intervento dell’ente pubblico) continua tranquillamente a giocare a golf senza essere importunato dalla giustizia.

 

Assistiamo a una disumanizzazione del migrante, del povero, del diverso. Sembra ormai ovvio ridurlo a contingenti, a incarti da spostare da un paese all’altro, a entità priva di sensibilità che non abbisogna di umanità, a bersaglio mirato e annientato con un semplice tasto a migliaia di chilometri di distanza con la tazzina di caffè in mano. La dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti proclamò nel 1776 che “tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità”. Testo magnifico che ha anticipato le conquiste della rivoluzione francese. Quasi cento anni dopo, nel 1857, la Corte suprema degli Stati Uniti stabilisce tuttavia che i Neri, discendenti di schiavi, non sono protetti dalla costituzione e non sono cittadini abilitati a proporre una causa giudiziaria. Nella stessa sentenza (certamente una della più infamanti della storia giudiziaria americana), la Corte dichiara incostituzionale una legge che vieta la schiavitù, poiché contraria al principio della garanzia … della proprietà! Quasi due secoli dopo la bella dichiarazione di indipendenza, nel 1955, Rosa Parks è arrestata a Montgomery perché si è seduta al posto riservato ai bianchi. Sicuri che la storia non si ripeta? “Odio gli indifferenti (…) Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita”.