Costi della salute: i cerottini di Berset serviranno a ben poco

di Franco Cavalli

 

Qualche giorno fa A. Berset ha presentato le prime nove proposte di contenimento dei costi della salute, a cui dovrebbero seguirne altre. Le proposte possono essere così riassunte: possibilità di progetti pilota (p. es. finanziare i trattamenti all’estero o limitare la scelta del medico), istituzione di un’organizzazione nazionale tariffale per il settore ambulatoriale e introduzione di un prezzo di riferimento per i farmaci generici.

Credo che l’efficacia di queste misure sarà molto limitata e non raggiungerà la diminuzione del 2-3% dei premi di cassa malati, come promesso dal Consigliere Federale. I progetti pilota sono in fondo solo delle minacce ai prestatori d’opera: “O vi date una regolata, o allora prenderemo misure draconiane”. L’organizzazione tariffale cambierà ben poco e corrisponde al desiderio di Berset di introdurre una qualche forma di budget globale nel settore ambulatoriale, anche se l’attuale Parlamento gli ha fatto capire di neanche provarci. L’unica misura di una certa efficacia sarà quella concernente i farmaci generici (il farmaco verrà completamente pagato dalla cassa malati solo se costa non più di X), cioè che potrebbe però significare un ulteriore aggravio per il borsellino dei pazienti.

 

 

 

Ci vogliono ben altre misure!

 

L’efficacia di questa misura sarà limitata perché ben altri sono i problemi nel settore dei medicamenti. Le statistiche ufficiali, che concernono però solo il settore ambulatoriale, dicono che i farmaci rappresentano un quinto della spesa sanitaria: se contiamo anche i medicamenti (spesso i più cari!) usati durante le degenze, la proporzione sale però perlomeno ad un terzo della spesa globale: ed è in rapida crescita, perché i nuovi farmaci sono sempre più costosi.

 

Faccio l’esempio dell’oncologia: negli ultimi cinque anni il costo dei nuovi farmaci è aumentato di più del 60%. Quasi tutti i nuovi farmaci oncologici costano sino a 10-12'000 franchi al mese: nella cura dei tumori di solito bisogna combinare più farmaci e allora siamo a 300'000 franchi all’anno per paziente. Rispetto a 25 anni fa, il costo medio delle terapie oncologiche è aumentato di circa 50 volte. Una situazione chiaramente insostenibile anche per i sistemi sanitari dei paesi più ricchi. E questo a fronte di guadagni di dozzine di miliardi dei monopoli farmaceutici, i cui bilanci dichiarano un profitto del 20-25%: un tasso che le altre industrie non possono neanche immaginarsi. L’unica arma efficace per bloccare questa deriva è quella delle cosiddette “licenze obbligatorie”: in situazioni simili, i governi, secondo gli accordi internazionali, hanno il diritto di non rispettare la protezione della patente e di ordinare l’uso di farmaci generici, anche se il monopolio del farmaco originale è ancora valido. Dubito però molto che il nostro Consiglio Federale avrà il coraggio di usare quest’arma molto efficace, ma molto avversata dai monopoli farmaceutici.

 

Ci sono però altre misure che potrebbero frenare la crescita dei costi ambulatoriali. Penso ad uno stretto controllo di qualità, per eliminare le molte prestazioni inutili, ma soprattutto ai budget globali, con finanziamento decrescente: cioè quando in un certo settore si è raggiunto il limite fissato per le prestazioni, queste vengono pagate sempre meno, al limite non del tutto. È un sistema usato con successo dalla cassa malati unica in Canada.

 

 

 

Premi di cassa malati e medicina a due velocità

 

Il settore sanitario è però minacciato da altri problemi, se possibile, ancora peggiori. Avantutto il continuo aumento dei premi: in media del 4% annuo, per il 2020 sembrerebbe del 3%, anche se i costi nell’ultimo anno sono aumentati solo del 1,5%. Questo dimostra come i premi aumentino di più dei costi: ciò è dovuto alla struttura delle riserve delle casse malati e al continuo trasferimento di prestazioni dallo stazionario all’ambulatoriale, dove tutto è pagato dalle casse malati, mentre lo stato copre buona parte della spesa stazionaria. Dato che i salari sono fermi, questi aumenti sono insostenibili, soprattutto per la classe medio bassa, che si situa appena al di sopra del limite che permette di ricevere i sussidi statali. Non per niente i premi di cassa malati sono la preoccupazione maggiore degli svizzeri: per noi ticinesi la situazione è ancora peggiore, in quanto i premi rappresentano il doppio della somma di tutte le imposte (comunali, cantonali, federali) per più della metà della popolazione.

 

Anche qui la realtà ci insegnerà che i cerottini non tengono. Gli economisti della salute sanno che se si vuole evitare la medicina a due velocità (una per i ricchi, l’altra per i meno abbienti), il finanziamento deve essere proporzionale al reddito. Quindi prima o poi, se non vogliamo lo sfacelo, arriveremo ad una cassa malati unica con premi proporzionali al reddito e alla sostanza. Più tardi lo faremo, più evidente sarà anche da noi lo sviluppo di una medicina a due velocità, ciò che nel settore dei farmaci molto cari è già evidente. Chi può pagarseli o ha una buona assicurazione complementare, li riceve subito. Chi ha solo l’assicurazione di base, spesso deve aspettare anni. In alcuni cantoni si cominciano già a vedere delle differenze addirittura a livello di mortalità, tra i pazienti dei vari stati sociali. Ma su questo preoccupante aspetto ritornerò un’altra volta.

 

 

 

 

Franco Cavalli

candidato al Consiglio Nazionale

Lista 12

Verdi e Sinistra Alternativa

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