Giulia Petralli*
Il processo produttivo grazie al quale ci sosteniamo si basa su quattro semplici dettami: estrai, produci, consuma e butta. Le conseguenze, dal punto di vista puramente ambientale, sono montagne di rifiuti (si predicono 3,40 miliardi di tonnellate entro il 2050) e l’esaurimento di preziose risorse naturali (si annuncia l’estrazione di 80 miliardi di nuovi materiali entro il 2020).
Il tutto è legittimato dall’esaltazione di un leader ancora indiscusso: il Prodotto interno lordo (spesso confuso con la Qualità di un paese), di cui i peggiori finanziatori sono la pubblicità, il credito e l’obsolescenza programmata. Un sistema che accusa esclusivamente il consumatore-consumista quale principale colpevole dei risultati sopramenzionati, senza inquisire le responsabilità del sistema (sovra)produttivo stesso.
Guardando al di là dell'attuale modello, un'economia circolare mira a ridefinire il progresso, concentrandosi su nuovi obiettivi e metodi di produzione. L’economia circolare prende ispirazione dalla natura, in cui non esistono scarti, ma tutto è riutilizzato. Uno scarto resta idealmente una risorsa e invece che diventare un rifiuto viene perpetuamente incarnato in nuovi beni. Fabbricare, adoperare, riparare e/o riutilizzare invece di buttare.
L’implementazione di un sistema produttivo capace di impiegare continuamente gli stessi materiali comporta il graduale disaccoppiamento dell'attività economica dal consumo di risorse (reperibili soprattutto nei paesi cosiddetti in via di sviluppo), così come la generale riduzione dei rifiuti. Il concetto è semplice: limitare il nostro impatto sin dall’inizio e non cercare di compensarlo solo alla fine. In più, un’economia basata sull’utilizzo efficace delle risorse rappresenta un cambiamento sistemico, che genera opportunità economiche e procura benefici ambientali e sociali.
In questo nuovo sistema le responsabilità sono equamente distribuite tra consumatore (che deve instaurare una relazione coscienziosa con i suoi consumi) e produttore (che deve valorizzare i materiali impiegati per concepire un prodotto). Questa è la direzione intrapresa dalla Commissione europea, che nel 2015 ha stanziato oltre 6 miliardi di euro per accompagnare le imprese nella transizione verso un’economia del recupero. Al contempo, nel 2016 in Svizzera è stata respinta l'iniziativa «Per un'economia sostenibile ed efficiente in materia di gestione delle risorse» che mirava, tra le altre cose, a un’economia “del cerchio chiuso”. Peccato esserci lasciati sfuggire l’occasione di investire e promuovere l’innovazione necessaria per far fronte alle sfide ambientali intascando al contempo un’opportunità economica di grande valore. Che sia il caso di correggere il tiro?
* candidata al Consiglio Nazionale
Verdi e Sinistra Alternativa - Giovani Verdi