di Yurii Colombo, corrispondente da Mosca
Alexander Buzgalin è stato membro dell’ultimo comitato centrale del Partito comunista dell’URSS nel 1990-1991. Docente di economia politica presso l’Università Lomonosov di Mosca, Buzgalin dal 2000 è animatore della rivista marxista “Alternativy” che si pone il compito di ricostruire teoria e pratica politica della sinistra nella Federazione Russa.
Ha pubblicato centinaia di studi monografici sull’economia russa e sulla storia e teoria marxista alcuni disponibili in lingua inglese sul web.
Professor Buzgalin, è passato già un anno e mezzo dall’insediamento di Putin per il quarto mandato ma molte delle promesse elettorali del presidente (crescita economica media annua al 3,8%, grandi progetti nazionali di sviluppo, programmi di innovazione, differenziazione delle esportazione, miglioramento delle condizioni di vita dei pensionati, ecc.) sembrano restate sulla carta. Cosa sta succedendo?
La stagnazione economica in Russia dopo l’esplosione della crisi mondiale del 2008 prosegue ormai da dieci anni. In generale prosegue la deindustrializzazione, non si vedono processi di innovazione tecnologica e di modernizzazione delle infrastrutture mentre l’economia del paese continua a dipendere dall’estrazione di materie prime come il gas e il petrolio. Negli ultimi anni l’unico settore ad essere cresciuto è stato quello del complesso militar-industriale. Un’industria di morte certo e questo preoccupa tanto anche i russi ma che ha permesso allo stesso tempo l’occupazione di molti quadri altamente specializzati e lo sviluppo della ricerca in alcuni settori fondamentali. La differenziazione sociale resta profonda: il numero di poveri è rimasto stabile, il salario medio mensile dei lavoratori oscilla intorno ai 20-30mila rubli (300-400 euro ndr) e molte famiglie sono costrette come nell’epoca sovietica a ricorrere all’economia naturale, cioè a coltivare il proprio pezzetto di terra nelle dacie per sfamarsi. All’opposto, ogni anno crescono nelle classifiche di Forbes il numero di miliardari russi.
L’ex ministro delle finanze dei primi governi Putin, Alexey Kudrin, ha sostenuto recentemente che se il governo non prenderà delle misure di carattere sociale, in Russia nel futuro si potrebbe assistere a delle esplosioni sociali. Cosa ne pensa?
Kudrin resta un membro e un teorico del corso neo-liberale e critica il governo per la sua politica “asociale” per ottenerne dei dividendi politici ma se fosse al governo non agirebbe diversamente da Putin. Che dio non voglia che giunga al potere, farebbe forse peggio del governo attuale! Non credo che nel prossimo futuro assisteremo a delle rivolte nel paese ma una cosa è sicura: sta crescendo l’insoddisfazione. Ho condotto per due anni una trasmissione sulla radio nazionale e la maggioranza degli ascoltatori quando telefonava in studio si dichiarava insoddisfatta della situazione del paese, però non vedeva un’alternativa. Credo che il problema della Russia non sia Putin in quanto tale ma quello della nomenklatura politica e del grande capitale che controlla gran parte dell’economia del paese, del potere politico, dei mezzi di informazione. Il problema non è quello degli individui che governano il paese ma dell’indirizzo politico e sociale.
Quindi è indifferente se come inizia a sussurrare Putin resterà a vita alla presidenza o si formerà un “regime putiniano” destinato a restare persino oltre Putin, come teorizzano alcuni ideologi di Russia Unita (il partito di Putin ndr)?
Il presidente in Russia oggi non svolge un ruolo così importante. Egli è perlopiù il simbolo e personaggio che rappresenta e media tra concrete forze economico-sociali. Le ideologie di cui si fa portatore compresa quella del “putinismo” non sono una sua creazione ma esprimono le tendenze profonde dei gruppi di potere in Russia. La questione che io ritengo centrale è un’altra. Dopo l’esplosione della crisi mondiale del 2008 molti paesi del centro e della periferia del sistema-mondo capitalistico hanno pensato di poter uscire dalle difficoltà con un corso nazionalista, protezionista, conservatore e autoritario. Si tratta di una tendenza mondiale. La Russia come paese della semi-periferia nella gerarchia mondiale capitalista non è stata da meno, anzi ne è apparso il capofila.
Ma si può dire che la Russia oggi si trovi alla testa di una sorta di “internazionale sovranista e reazionaria” come affermano alcuni osservatori e giornalisti in Occidente?
Bisogna sempre, in primo luogo, distinguere tra i governi e i popoli, tra gli americani e Trump, tra i russi e il loro governo. Tra gli svizzeri e il loro governo e così via: i popoli trovano sempre modo di simpatizzare e capire. Recentemente sono stato a New York e non ho colto nessuna antipatia o russofobia nei miei confronti. Detto ciò credo che quello che dite sia in gran parte vero. Oggi la Russia sta cercando di costruire alleanze con qualsiasi forza o governo internazionale. Ma esiste la tendenza purtroppo da parte del governo russo, al di là delle mosse tattiche di politica estera, di costruire alleanze con le forze più conservatrici e reazionarie su scala internazionale con tendenze nazionalistiche autoritarie e populiste.
Quale è lo stato della sinistra in Russia?
Come ho detto la gente sta cercando un’alternativa e per ora la sinistra è troppo debole per fornirla. Però ci sono dei segnali che fanno sperare: la scorsa primavera oltre 400 persone si sono trovate a San Pietroburgo per il forum sociale. Si tratta di tanti attivisti sindacali e politici, di associazioni ecologiste che si sono incontrati per un week-end per provare a dare una risposta al bisogno di alternativa che c’è in Russia. Penso che se si proseguirà in questa direzione saremo sulla strada buona.
Pochi mesi fa è stato eletto Volodomyr Zelensky alla presidenza dell’Ucraina. Secondo lei questo nuovo corso a Kiev potrà condurre alla pace nel Donbass?
Purtroppo credo che la questione ucraina sia in primo luogo un problema internazionale. In Ucraina si stanno scontrando grandi potenze e grandi interessi economici. Interessi del governo e del capitale russo ma anche della Nato e delle cancellerie occidentali. Purtroppo il popolo ucraino è diventato ostaggio di questa lotta sorda. Credo che il movimento nel 2014 in Crimea e nel Donbass di opposizione e resistenza contro quanto stava accadendo con l’insurrezione di piazza Maidan a Kiev, fosse un movimento genuino e dal basso. Purtroppo la situazione del Donbass è stata normalizzata e al potere ora ci sono dei clan oligarchici mentre in Crimea il potere russo è riuscito a mettersi sulla plancia di comando.
I problemi economico-sociali dell’Ucraina non sono molto diversi da quelli russi, sono solo più profondi. Non cambierà nulla con Zelensky. La macchina propagandistica russofoba continuerà come la guerra simulata e anche da noi in Russia purtroppo si continuerà a propagandare l’immagine di quel paese come un paese completamente degradato da cui non trarre esempio: ogni protesta e opposizione è destinata a diventare una Maidan, ci raccontano ogni giorno in televisione. Osserveremo con attenzione quanto succederà in Ucraina nei prossimi mesi ma per il momento non ho motivo di essere ottimista.
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