Sgravi fiscali, un pranzo indigesto

di Francesco Bonsaver

 

 

La nuova riforma priva lo Stato d’importanti risorse in cambio di deduzioni di cui nessuno si accorgerà, facoltosi compresi.

Centonovantatré. Furono i voti di scarto che fecero approvare in votazione popolare l’ultima riforma fiscale cantonale con allegato il cosiddetto pacchetto sociale. Era aprile dello scorso anno. A sostenerla vi era la Triade Lega-Plr-Ppd e Manuele Bertoli, rappresentante socialista in governo, l’organismo nel quale era stato deciso all’unanimità di legare gli sgravi fiscali a investimenti nella socialità. A diciotto mesi di distanza, si ripropone il medesimo copione con gli stessi attori. La triade difende nuovamente la scelta concordata dall’intero governo di approvare investimenti nella socialità e sanità per una trentina di milioni di franchi, a patto che siano approvati nuovi sgravi fiscali ad aziende e cittadini facoltosi per un costo totale di 150 milioni.

 

Contro la riforma fiscale è stato lanciato il referendum dal comitato unitario composto da diversi gruppi politici di sinistra, i Verdi e il sindacato Unia. Anche la base del partito socialista ha deciso di sostenere il referendum, sconfessando così per la seconda volta il suo ministro Bertoli. Nel patto di governo, la maggioranza parlamentare della triade decide di giocarsi tutto forzando la mano, ossia comprendendo nel pacchetto anche la parte di sgravi alle imprese diretta conseguenza di un’altra riforma fiscale, questa volta federale, approvata la scorsa primavera. L’impatto economico stimato dal governo dei nuovi sgravi è di 106 milioni in meno per le casse cantonali e di 46 milioni per i comuni. In sintesi, i nuovi sgravi cantonali si muovono su tre assi. Le imprese si vedrebbero ridurre l’aliquota sull’utile dal 9 al 5,5% in due tappe entro il 2025. Ai cittadini invece diminuirebbe il coefficiente cantonale di quattro punti percentuali (dal 100% al 96% entro il 2024). I comuni infine, sarebbero autorizzati ad applicare due moltiplicatori differenti. Uno per le persone fisiche (cittadini) e il secondo per le persone giuridiche (aziende).

 

 

Bioggio come Monte Carlo

Quest’ultima mossa scatenerebbe una guerra al ribasso delle tasse alle aziende tra i comuni per attirarne il maggior numero possibile sul territorio comunale. La concorrenza fiscale comunale potrebbe avere gravi ripercussioni. Da un lato, farebbe crescere l’attuale divario tra comuni poveri di periferia e quelli ricchi attorno ai centri urbani. Avendo i mezzi economici, i comuni “ricchi” avrebbero maggiori margini per ridurre le imposte alle aziende. I promotori della riforma sostengono che quest’ultima riporterebbe il Cantone Ticino nella media fiscale cantonale per le aziende. È una mezza verità. Se è vero per la media cantonale, nei comuni dove già oggi sono insediate numerose imprese, il tasso d’imposizione alle aziende sarebbe equiparabile in Europa ai paradisi fiscali di Zugo e Irlanda, come ha fatto notare laRegione. Il problema è che le infrastrutture di cui beneficiano le aziende insediatesi in quei comuni, sono finanziate da Cantone e altri comuni (strade, trasporti, ecc) e non dal singolo comune. Un secondo rischio derivante dal diverso moltiplicatore per aziende e cittadini, è il possibile aumento delle tasse comunali dei cittadini per compensare i mancati introiti dell’imposizione “ultraleggera” alle aziende di quei comuni.

 

 

Hamburger o una cena stellata

Vediamo ora da vicino, quali sarebbero i risparmi per i cittadini con la riduzione al 96% delle imposte cantonali. Per due terzi dei contribuenti ticinesi (il 73% dei contribuenti ticinesi ha meno di 60mila franchi di reddito imponibile), il risparmio annuo sarebbe una cifra piuttosto ridicola. 61,50 franchi l’anno per una famiglia con 50.500 di reddito imponibile annuo, mentre una famiglia con 40.600 franchi di reddito imponibile risparmierebbe 32,70 all’anno. Per i primi, una pizza in famiglia (bibite escluse), mentre per i secondi il taglio cantonale equivale a una porzione di patatine e hamburger in un fast food per famiglia. Ma neanche i benestanti se la passerebbero alla grande. Per una famiglia con 200mila franchi di reddito imponibile, il risparmio ammonta a 800 franchi di tasse l’anno. A differenza delle famiglie citate precedentemente, loro si potrebbero concedere una cena stellata in più all’anno. Ma dubitiamo che questo possa cambiargli la vita. Più fortunata invece la famiglia col reddito imponibile da 500mila franchi, che risparmierebbe 2.572 franchi. Forse una notte in un cinque stelle dell’Engadina se la potranno concedere. Decisamente più salato il conto per la collettività. Sessanta milioni di minori risorse pubbliche è il costo complessivo della riduzione del coefficiente cantonale. Se il santo valga la candela, lo lasciamo giudicare ai lettori, in particolare a coloro che avranno il diritto di esprimersi in votazione qualora il referendum riuscisse.

 

 

Il nuovo ricatto della Triade

La Triade Lega-Plr-Ppd ha subordinato l’accettazione della riforma fiscale da 150 milioni a investimenti nella scuola e nella socialità per una trentina di milioni. Dei 15 milioni destinati alla socialità, gran parte servirà per allargare leggermente la cerchia dei sussidiati ai premi malattia (da 60mila a 62mila) e il sostegno a circa 600 famiglie con basso reddito con gli assegni familiari integrativi e di prima infanzia. Secondo i promotori del referendum, questi interventi nella socialità erano un atto dovuto a fronte dei pesanti risparmi degli scorsi anni a seguito dei quali 30mila persone avevano perso il diritto ai sussidi cassa malati e un migliaio di famiglie erano state escluse dagli assegni integrativi. Nella scuola, l’investimento di 17 milioni sarebbe destinato in gran parte a ridurre il numero di allievi nelle classi per migliorare la qualità dell’insegnamento. Due investimenti da 30 milioni necessari che nulla hanno a che vedere con gli sgravi da 150 milioni. Ma la politica del ricatto, sembra ormai esser diventata una costante a Palazzo delle Orsoline.

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