L’uomo del meno Stato

di Luigi Pagani, detto ul matiröö

 

Seppur grande sostenitore dalla fede neoliberale del meno Stato, l’uomo ha quasi sempre lavorato solo per lo Stato. Anche perché, i suoi amici politici, il posto nel pubblico glielo hanno sempre trovato.

Nella sua vita infatti, salvo una parentesi di qualche anno nella sanità privata, ha sempre lavorato da stipendiato della collettività.

 

È solo uno dei tanti paradossi del Mauro Dell’Ambrogio, sempre attivo politicamente nel ridurre all’osso i servizi statali a favore della collettività, per poi lavorarci una vita intera. L’aver sempre trovato un impiego, lo deve forse a uno dei suoi assi nella manica, l’appartenenza alla massoneria. Altro che formazione. In Ticino, esser liberale e massone, ti salva dalla disoccupazione.

 

Da giovane boy scout, diventò Pretore venticinquenne, per diventare nel giro di qualche anno comandante della Polizia Cantonale. Naturalmente, fece pure carriera in uno dei compiti statali economicamente più parassitari delle istituzioni svizzere, diventando colonnello.

 

Da massone ebbe un ruolo primario nel conciliare l’alleanza contro natura tra Comunione e liberazione con la massoneria nel parto dell’Università più cara della Svizzera. L’amico Buffi infatti lo assunse quale segretario generale del Dipartimento dell'istruzione e della cultura del Cantone Ticino, proprio per portare a termine quel compito. Per non fargli mancare nulla, il poliziotto boy scout, viste le note competenze in campo energetico, lo fecero pure presidente dell’Azienda elettrica cantonale. Era il periodo di Marina e i suoi boy’s, tra i quali spiccavano Paolo Rossi e l’onnipresidente Dell’Ambrogio. Sulla “fantasmagorica” gestione del trio neoliberale dell’Aet, rimandiamo al libro “Malagestione” di Silvano Toppi e Sergio Salvioni. Si ricordano le parole riassuntive del Salvioni “fu una gestione vergognosa in cui l’azienda ha perso decine di milioni”.

 

Finito il doloroso parto dell’accademia di don giussani, i suoi amici gli diedero il posto di direttore della Supsi. Da lì poi, il grande balzo verso Berna. Fallito miseramente il tentativo di andarci da politico (il popolo trombò la sua candidatura nel 1995), l’amico Couchepin lo issò ai vertici dell’amministrazione pubblica federale chiamandolo a dirigere la Segreteria di Stato per l'educazione e la ricerca. L’arrivo di Dell’Ambrogio fu accolta dalla stampa confederata da una selva di critiche, ma tant’è. Un altro amico liberale, Johann Schneider-Ammann, lo mantenne in carica, nominandolo alla testa della nuova Segreteria di Stato per la formazione, la ricerca e l'innovazione. Fu in quella veste che il Mauruccio affermò di lanciare la facoltà di Medicina a Lugano per dimostrare di come sia possibile farlo con molti meno soldi di quanto usino le altre facoltà. Il risultato è stato che la sanità pubblica (Eoc), deve tirar la cinghia per foraggiare la facoltà, mentre le cliniche private gongolano.

 

Lo scorso anno, arriva la buona notizia. Il dell’Ambrogio andrà finalmente in pensione. E invece no, i veri amici si dimostrano nel momento del bisogno. Dopo tanti anni di servizio al pubblico smantellamento, passa alla sanità privata e semi privata. Prima lo fanno presidente del Cda della Clinica Luganese Moncucco (i casi della vita), poi alla fondazione di ricerca del Cardiocentro (i casi della vita 2). Proprio quella fondazione di cui si dubita che vi siano più debiti che fondi e i cui risultati ottenuti nella ricerca, siano qualitativamente scarsi. Proprio il Dell’ambrogio che si vantava di difendere solo l’eccellenza. Ma probabilmente, era un’autocitazione, qualificandosi come “Sua Eccellenza”. Ora siederà nella suddetta fondazione insieme a un altro luminare della scienza medica, tale Marco Chiesa.

 

Insomma, non ci si venga a dire che in Ticino sia una terra di raccomandati. Da noi, certe cose non succedono.

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