Fascismo russo e Svizzera

di Yurii Colombo, corrispondente da Mosca

 

Nel 1936 Daniel Guerin diede alle stampe il libro “Fascismo e gran capitale”, divenuto presto un classico dell’analisi marxista, in cui si dimostrava il ruolo svolto dai grandi gruppi finanziari europei nell’ascesa del fascismo in Italia e del nazismo in Germania. 

Lo stesso probabilmente, seppur su scala ridotta, si può dire dei legami tra ambienti economico-finanziari riconducibili alla Svizzera – soprattutto ticinese – e il neofascismo russo.

 

Il 5 ottobre scorso Paolo Berizzi pubblica una foto in cui appaiono Matteo Salvini, segretario della Lega italiana, Alessandro Casali vice-sindaco di Luino e lo svizzero Roger Etter. Quest’ultimo è ben noto alle cronache del suo paese. Da giovane Etter è stato neonazista dichiarato con nostalgie per il Sudafrica dell’apartheid per poi passare ai lidi in “doppiopetto” della destra dell’Unione Democratica di Centro. Si tratta anche di un ex-pregiudicato con una condanna a 11 anni per tentato omicidio. La foto è di molto tempo addietro (risale al 2009) e quindi il tentativo di collegarla al caso dei presunti finanziamenti illeciti ottenuti dalla Lega di Salvini dalla Russia per le elezioni europee del giugno scorso è un falso scoop, tra l’altro goffamente proposto.

 

Tuttavia quella foto porta alla luce alcuni elementi che conducono a Mosca e agli ambienti più reazionari e inquietanti del paese ex-comunista. In primo luogo proprio in relazione alla vicenda dipanatasi all’hotel Metropol di Mosca tra l’emissario del segretario della Lega italiana Gianluca Savoini e oscuri faccendieri russi che avrebbe dovuto portare qualche milione di euro nelle casse del partito italiano. Nelle trascrizioni pubblicate dell’incontro e pubblicate a luglio, Savoini fa riferimento all’avvocato Andrea Mascetti, leghista di ferro sin dai tempi di Umberto Bossi e membro del Consiglio d’Amministrazione di Banca Intesa Russia che dovrebbe favorire l’operazione. Mascetti si trova spesso, negli ultimi anni, sullo stesso palco nei forum sulla Russia, organizzati in Svizzera con Antonio Fallico anche lui di Banca Intesa Russia e promotore dell’associazione “Conoscere Eurasia” grande amico di Berlusconi da tempi immemori, il presidente di Rai targato Lega Marcello Foa (sponsorizzato da una delle eminenze grigie della politica elvetica, Tito Tettamanti, che ha ospitato presso la sua villa recentemente Steve Bannon ex consigliere di Donald Trump e noto suprematista bianco) e Norman Gobbi uno dei boss della Lega ticinese. Della partita avrebbe dovuto essere parte, secondo la televisione della Svizzera italiana, che cita tra le proprie fonti anche la Lukoil-Litasco società di Chiasso del settore del commercio petrolifero che commercia oro nero per 85 milioni di tonnellate all’anno.

 

Un think-tank informale filo-Putin che ruota intorno a Lugano dove vivono Fallico, Foa e Tettamanti e dove sono di casa Gobbi e Mascetti. Sarà solo un caso ma anche il vecchio neofascista Roger Etter risiede a Lugano dove ora è vice presidente dell’Associazione “Fratria”, la quale ha ospitato proprio a Lugano una conferenza dell’ex corrispondente de L’Unità da Mosca, Giulietto Chiesa, ora divenuto un sostenitore agguerrito del Cremlino e spesso invitato dai neonazisti di Casa Pound alle loro conferenze a Roma. A giugno invece era stata la volta di Alexander Dugin, stella del nazionalboscevismo russo, ammiratore di Julius Evola e teorico del dominio Eurasiatista russo in tutta l’Europa. In epoca sovietica Dugin aveva fondato a Mosca un gruppo in onore delle SS per poi riuscire a infiltrarsi come professore all’Università Lomanosov di Mosca da cui è stato fatto dimettere dopo che in televisione, nel 2015, aveva sostenuto che fosse necessario per l’esercito russo “massacrare tutti gli ucraini e marciare su Kiev”. Questo gentiluomo non solo, per pura casualità, è amico personale di Gianluca Savoini ma è stato visto fuori dall’hotel Metropol parlare con i partecipanti all’incontro dello scorso ottobre in cui sarebbe stato tentato di far affluire rubli alla tesoreria del partito di Salvini. Dugin è anche un grande ammiratore, e non potrebbe essere forse altrimenti, di Bannon.

 

Tutto un caso il filo invisibile che si dipana sulle rive della città del Ticino e dintorni? Forse. Ma a pensar male s’indovina sempre, dice un vecchio motto. Anche perché non è tutto qui e la cerniera nera tra la Russia e la Svizzera tocca anche il Gotha dell’economia e della finanza mondiale.

 

Nel 2014 un giornalista svizzero tedesco riesce a infiltrarsi in un meeting organizzato a Vienna da Kostantin Malofeev un imprenditore russo accusato più volte di corruzione elettorale e chiamato a Mosca “il Soros del Cremlino” per il suo ruolo di promotore e finanziatore dell’estrema destra europea. La guest-star e prima donna dell’incontro è niente altri che Dugin, il quale nell’occasione svolgerà una lunga relazione sui valori dell’Europa cristiana messi in discussione “dal progressismo”. Alla riunione, ovviamente riservata a invitati sceltissimi, partecipano Marine Le Pen, il principe Sisto Enrico di Borbone-Parma, leader movimento spagnolo ultrareazionario carlista, Heinz-Christian Strache presidente dalla formazione della destra populista Partito della Liberta Austriaco (FPÖ), Volen Siderov, capo dell’organizzazione neofascista bulgara Ataka e altri rappresentati dello sciovinismo filo-russo provenienti dalla Georgia, dall’Ungheria e dalla Croazia. Ma vi partecipano soprattutto Serge de Pahlen, direttore della compagnia finanziaria svizzera Edifin, già dirigente Fiat in Russia nei tempi d’oro della casa torinese, e sua moglie la Margherita Agnelli figlia di Gianni. Cosa ci fanno due pesi massimi della finanza mondiale a una riunione fascista in Austria in cui relaziona Alexander Dugin? Serge de Pahlen è figlio di un aristocratico russo che fuggi in Francia dopo la rivoluzione d’Ottobre. Nel tempo non ha dimenticato le sue origini aristocratiche e il suo disprezzo per le idee egualitariste. Una visione del mondo condivisa dalla moglie che essendo di origine italiana, seppur residente a Losanna, fa capolino spesso a Lugano. Che la coppia altolocata possa oltre che partecipare a simili conventions della destra anche finanziarle non è possibile escluderlo.

 

Ad essere preoccupati dell’ascesa dell’infiltrazione russa sono del resto anche i servizi di sicurezza di Berna, per i quali “quasi un terzo dei diplomatici russi accreditati in Svizzera è noto o sospettato di essere membro dei servizi di intelligence russi”. Anche l’estrema destra neofascista è vista dai servizi svizzeri come sempre più aggressiva e potenzialmente aggressiva. E anche qui il legame tra business e destra russa transita per i cantoni federali.

 

Il sito anarchico russo avtonom.org ha denunciato recentemente che la società svizzera che produce abbigliamento con chiari riferimenti al nazismo - la White Rex - sarebbe proprietà del neofascista russo Denis Nikitin che in Svizzera si presenta con il nome di Peter Roth. Nikitin-Roth, afferma avtonom.org, finanzierebbe attraverso questo marchio i gruppi della destra svizzera. Come? Nel 2017, lui e Florian Gerber hanno fondato un’azienda, a Lotzwill nel bernese l’azienda Fighttex AG. Il sopracitato socio Florian Gerber è un personaggio abbastanza noto tra i neo-nazisti svizzeri, e lo stesso Peter Roth sarebbe legato al PNOS (Partei National Orientierter Schweizer), che ha una certa influenza nella regione di Berna, intorno alla città Langenthal. La Fighttex AG inoltre possiede un sito web che pubblica regolarmente inviti a “tutti gli europei di unirsi nello spirito delle tradizioni di combattimento dei loro antenati e dichiarare guerra al mondo moderno”.

 

È proprio così: nella matassa che lega fascisti russi e svizzeri, il “grande capitale” gioca un ruolo importante, se non decisivo.

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