Revisionismo storico in salsa UE

di Damiano Bardelli

 

Lo scorso 19 settembre, il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione che equipara nazifascismo e comunismo. 

Il titolo scelto dagli europarlamentari – “Importanza della memoria europea per il futuro dell’Europa” – non potrebbe essere più orwelliano: anziché valorizzare la memoria del nostro passato recente, la risoluzione costituisce un gravissimo atto di revisionismo storico.

 

Fortemente voluto dalla destra nazional-populista dell’Europa orientale ed entusiasticamente approvato dai liberali e conservatori occidentali, il documento la dice lunga sullo stato di salute dell’Unione europea.

 

In sostanza, la risoluzione addossa tutte le responsabilità della seconda guerra mondiale alla Germania nazista e all’Unione sovietica, riconducendo l’origine del conflitto al patto Molotov-Ribbentrop (agosto 1939), e traccia un inopportuno parallelo tra nazifascismo e comunismo, facendone due facce della stessa totalitaria medaglia. Gli indicibili orrori del nazifascismo, raramente evocati, vengono relativizzati e banalizzati a fronte di interminabili liste di colpe del comunismo. Come se non bastasse, il testo confonde a più riprese comunismo ed esperienza sovietica (in particolare il tragico periodo stalinista), trattandoli abusivamente come due sinonimi interscambiabili.

 

Poco importa, quindi, che le democrazie liberali occidentali abbiano passato gli anni precedenti al conflitto cercando un’intesa con il nazifascismo in ottica anticomunista - dall’abbandono della Repubblica spagnola nelle mani di Franco all’accordo di Monaco siglato tra Francia, Gran Bretagna, Italia e Germania nel settembre 1938. Poco importa che questi tentativi d’isolare l’Unione sovietica abbiano spianato la strada alle velleità imperiali di Hitler, precipitando il conflitto. Poco importa che la guerra sia stata cominciata dalla Germania nazista e che l’Unione sovietica sia stata aggredita dall’esercito tedesco. Poco importa che l’Unione sovietica e i vari movimenti partigiani che si rifacevano al comunismo abbiano contribuito in modo decisivo all’annientamento del nazifascismo, pagando un prezzo altissimo (fra i 20 e i 27 milioni di morti per la sola URSS).

 

Poco importa, poi, che il nazifascismo - una forma di nazionalismo autoritario esasperatamente razzista, basato sul dominio assoluto di una civiltà sulle altre - sia nato in aperta contrapposizione al comunismo - ideale d’emancipazione dell’umanità fondato sul principio dell’universalità della dignità umana. E poco importa che ad alimentare, rinforzare e legittimare il nazifascismo nel primo dopoguerra siano stati ampi settori delle classi dirigenti occidentali, terrificate alla prospettiva di un nuovo ottobre rosso.

 

Pur di scongiurare il ritorno del socialismo e del comunismo, che alcuni si illudevano fossero morti e sepolti sotto le macerie del Muro di Berlino e dell’Unione sovietica, si è disposti a riscrivere la storia a proprio piacimento, anche a costo di omissioni, manipolazioni e falsificazioni. Esattamente come fecero le monarchie europee con il processo della Restaurazione, nel tentativo di soffocare gli ideali di libertà e democrazia germogliati con la Rivoluzione francese. E su questo punto, la faccenda è doppiamente ironica: con questa risoluzione, i liberal-conservatori europei imitano chi cercò invano di mettere a tacere le loro idee e si alleano con la destra nazional-populista in una crociata anticomunista - proprio come fecero i loro progenitori nel primo dopoguerra, spianando la strada agli orrori della seconda guerra mondiale.

 

Tutto ciò ovviamente non scagiona la sinistra da un’analisi critica dello stalinismo e degli errori commessi dal socialismo reale. Il socialismo del XXI secolo non potrà permettersi di ripetere i crimini passati: dobbiamo studiare in modo oggettivo tutti i capitoli della nostra storia, anche quelli più bui. Il revisionismo o - peggio - il negazionismo non possono trovare spazio in un’ideale politico come quello marxista, basato sul primato della razionalità e radicato nella filosofia dei Lumi. Non resta che sperare che risoluzioni come questa aprano gli occhi alla sinistra europeista, inclusa quella di casa nostra che sogna ancora un’adesione della Svizzera all’Unione europea. Il tempo delle illusioni è finito.

 

L’UE, dopo aver ampiamente dimostrato la sua natura antisociale e antidemocratica, si è ora avviata anche sul cammino del revisionismo storico in chiave reazionaria

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