Il secolo asiatico? - Parag Khanna

Recensione di RedQ

 

È oramai diventato quasi una moda dire che il futuro non sarà più nei paesi dell’Atlantico, ma bensì in quelli del Pacifico e che il punto centrale dello sviluppo storico si sta spostando verso l’Estremo Oriente. 

 

 

 Questo libro è interessante perché discute a fondo il tema partendo da una prospettiva asiatica e non da quella americana o europea, in quanto quest’ultime hanno quasi sempre un sottotono di rincrescimento verso il tempo che fu.

 

 

Parag Khanna, nato in India nel 1977, è un politologo molto conosciuto e che ha già pubblicato una serie di libri importanti. Qui viene presentato in traduzione italiana un libro che l’autore ha pubblicato in inglese all’inizio del 2019 e che sta avendo un grosso successo.

 

La tesi fondamentale è che come il diciannovesimo secolo è stato di marca europea ed il ventesimo di marca americana, il ventunesimo sarà il secolo asiatico. Secondo l’autore però non ci sarà un centro unico (contrariamente a chi sostiene che sarà la Cina) ma si tratterà di un sistema multipolare che andrà dall’Arabia Saudita al Giappone, dalla Russia all’Australia, estendendosi ben oltre il cosiddetto Estremo Oriente.

 

Sin dall’inizio l’autore fa una constatazione fondamentale quando dice “quando nel 2100 ripenseremo all’anno in cui è stata posta la pietra angolare di un nuovo ordine mondiale a trazione asiatica, sarà il 2017: nel maggio di quell’anno difatti ben 68 paesi, che comprendono i due terzi della popolazione e la metà del PIL mondiale, si sono riuniti a Pechino per il primo vertice della Belt and Road Initiative (BRI)”, quella che noi comunemente chiamiamo la Nuova Via della Seta. L’autore si lascia andare addirittura a dipingere in modo forse un po’ esagerato l’importanza di questa iniziativa quando dice “la BRI è il progetto diplomatico più significativo del ventunesimo secolo, l’equivalente di ciò che la creazione delle Nazione Unite, della Banca Mondiale e del Piano Marshall hanno rappresentato per il ventesimo secolo “.

 

L’autore ricorda però che, contrariamente a quello che si pensa sempre in Occidente, l’Oriente ha avuto un’importanza storica fondamentale anche nel passato. Senza risalire fino ai primi Imperi Cinesi (che già commerciavano con Roma), egli ricorda però che fino alla metà del 1800 la Cina, l’India e il Giappone generavano un prodotto interno lordo superiore a quello di Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Germania e Italia messi assieme. Solo con la politica imperiale e coloniale legata alla rivoluzione industriale, l’Occidente è riuscito a soggiogare gran parte dell’Asia.

 

Ora però, come ben descrive Parag Khanna, i quasi venti anni che sono intercorsi tra l’11 settembre e l’elezione di Trump saranno ricordati come lo spartiacque che, con tutti i fallimenti delle guerre americane e con la crisi finanziaria del 2007-2008, ha definitivamente segnato il declino dell’occidente.

 

Il libro ha molte parti estremamente interessanti, soprattutto quelle che descrivono il sincretismo di diverse religioni e filosofie dei paesi dell’Estremo Oriente, con l’unica eccezione dell’interpretazione aggressiva di alcune frange islamiche. Nel libro viene sottolineato molto spesso che la paura occidentale dell’arrivo “dei musi gialli” è semplicemente un atteggiamento xenofobo, che non corrisponde ai dati della storia, siccome i cinesi, anche ai tempi più gloriosi dei loro imperi, non hanno mai mostrato delle aggressività di tipo imperialistico, ma hanno sempre cercato di avere un ruolo importante nel mondo grazie ai commerci e agli affari. Questo viene sottolineato con una serie di aneddoti, tra cui ne ricordo solo uno: per iniziativa degli imperatori cinesi la lingua franca durante il periodo della Via della Seta non fu il cinese, ma bensì il persiano.

 

Il libro si legge abbastanza facilmente, quasi fosse un reportage giornalistico: talora però esagera con una moltitudine di cifre e di dati, che non sempre sembrano necessari. L’autore ha poi, da un punto di vista dell’impostazione, un atteggiamento tipicamente tecnocratico ed è ben lungi dall’esaminare le strutture sociali dei vari paesi ed il ruolo che nello sviluppo storico hanno le lotte fra le varie classi. Così arriva per esempio ad una considerazione come questa: “Alcuni aspetti dell’occidentalizzazione globale rimarranno centrali, in particolare la lingua inglese, il capitalismo, il perseguimento dell’eccellenza scientifica e dell’innovazione tecnologica. Altri aspetti, invece, svaniranno, come il fascino per la democrazia all’americana e l’iperconsumismo”. Mentre pensiamo che si possa essere invece d’accordo con un’altra delle sue affermazioni di fondo e cioè: “La domanda non è quale ordine prevarrà, ma in che modo l’Asia plasmerà un nuovo ordine globale di cui faremo tutti parte”. Per quanto riguarda la multipolarità del prossimo ordine asiatico, sono abbastanza d’accordo, anche se penso che pure sul lungo periodo l’influenza cinese sarà probabilmente superiore a quella prospettata da Parag Khanna.

 

Ad ogni modo un libro consigliabile a chi vuole avere dati concreti a disposizione per discutere sul nostro futuro.

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