Che il Coronavirus ci insegni qualcosa?

Marco Noi I Verdi del Ticino

 

 

Il dibattito pubblico e politico dell’ultimo anno e mezzo è stato indubbiamente caratterizzato dall’emergenza climatica come “movimento dal basso”. 

 

Le manifestazioni giovanili sostenute da fasce trasversali della cittadinanza le hanno dato un forte impulso. Ciò ha provocando lo spostamento dell’attenzione mediatica con inevitabili cambiamenti nelle rappresentanze politiche-partitiche a favore di chi storicamente si è sempre fatto interprete dei principi ecologici. Mentre coloro che da tempo rappresentano e sostengono il primato di economia e finanza a crescita illimitata, si trovano in difficoltà e stanno cercando in ogni modo di riposizionarsi sul “mercato politico”.

 

C’è allora chi è andato a riscoprire lontani antenati ecologisti, chi dice di possedere metodo e raziocinio per trovare soluzioni liberali e chi vuole erigere muri a protezione della cittadella assalita da presunti barbari o infedeli. I più, sono però accomunati dalla credenza che chi rappresenta l’ecologia sia un isterico che vuole imporre ideologicamente comportamenti standardizzati ed ecotasse. Niente di nuovo sotto il sole. Pensando a come erano stati dileggiati i pionieri del movimento ecologista - che già con la biologa Rachel Carson nel 1962 e gli estensori del rapporto su “I limiti della crescita” nel 1972 erano stati marginalizzati per aver osato denunciare pubblicamente i pericoli ed i rischi dei modelli economici e industriali a crescita illimitata ancora imperanti - i tentativi di discreditare gli ecologisti contemporanei non sorprendono affatto.

 

L’aspetto paradossalmente grottesco è che proprio chi fino a poco tempo fa stigmatizzava il presunto “illiberismo” ecologista, si trova ora a causa di un piccolo virus a dover sostenere misure privative di quella libertà della quale si riempiva la bocca fino a qualche giorno prima e nel contempo si trova a dover invocare misure di aiuto statale a quell’economia capitalistica tanto osannata per evitarle il “cigno nero”. L’emergenza Coronavirus, anche se probabilmente non l’ultima del genere, sarà una fluttuazione di qualche mese. L’emergenza climatica se non affrontata con le debite contromisure, sarà un’onda lunga che può durare secoli e secoli con sconvolgimenti ora inimmaginabili.

 

Che piaccia o meno al nostro pensiero illusoriamente e ingenuamente liberale, dovremo farci venire altre idee per integrare i vincoli della natura che ancora cerchiamo di eludere e nel contempo integrare le legittime libertà altrui che ancora regolarmente misconosciamo. Chissà se questa esperienza insegnerà che non sono gli ecologisti ad essere illiberali e “tassativi”, bensì i limiti stessi della natura. Chissà se ci insegnerà che non è la natura a dover essere modellata in funzione dell’economia, bensì il contrario.

 

Come diceva il Manzoni: “Ai posteri l’ardua sentenza”.