La sussidiarietà al tempo del coronavirus

di Marco Noi e Lorenza Giorla

 

“Lo Stato non faccia ciò che il privato può fare meglio”. Si può riassumere così l’oggetto sul quale abbiamo votato qualche settimana fa. Tale principio é poi stato accolto di stretta maggioranza da elettrici ed elettori del Cantone. 

Breve inciso sulla sussidiarietà. È bene ricordare che il collo d’imbuto della formazione infermieristica è dato dal fatto che le cliniche private offrono pochi posti di stage a confronto degli ospedali pubblici. Si sa, la formazione costa ed il prodotto finito a buon mercato è lì oltre frontiera (pagato anche dallo Stato italiano!).

 

Poche settimane dopo tale voto, assistiamo ad un corri corri generalizzato all’”assicurazione di ultima istanza”, ovvero, proprio quello Stato che certa politica ha cercato in tutti i modi fino a poco prima di mettere al margine, spostando competenze e risorse redditizie verso il privato e propugnando uno Stato più “light”. Anche se il mondo é stato messo sosttosopra, tutti ricordiamo ancora la riforma fiscale che ha tolto 150 milioni annui all’erario pubblico, con la promessa che i grandi capitali avrebbero ripagato la collettività.

 

Dove sono ora questi grandi capitali, che per loro natura sono allergici alle regole dello Stato (cioè della collettività) e preferiscono trastullarsi in esclusivi rally sui liberi mercati e riposarsi in esotici lidi? Non si era detto di credere in questa ricchezza perché sarebbe “ripiovuta” ad aiutare l’economia reale e dunque le persone che sono alla base dell’impresa economica? “Crisi da coronavirus: sui mercati globali bruciati oltre 5 mila miliardi di dollari”, recita il titolo di un portale economico. È d’obbligo chiedersi che tipo di ricchezza è quella che nel momento del bisogno, in una sorta di “stress test”, invece di reggere la tensione ed essere di sostegno, si polverizza e non riesce a sostenere l’economia reale.

 

Se non sono quei 5 mila miliardi di “ricchezza” a sostenere la collettività mondiale - Svizzera e Ticinese comprese - chi ce li metterà i soldi affinché tutti possano stare in piedi? Sarà ulteriore debito a carico delle future generazioni? E questi soldi arriveranno a tutte le persone fisiche che ne hanno bisogno, oppure seguiranno i percorsi digitali tracciati da chi sa come gestire i soldi a proprio esclusivo sussidio, come palesemente visto con i capitali iniettati con la crisi finanziaria del 2008?

 

È dunque lecito chiedersi dove sono i capitani di vascello di tali presunte ricchezze. Anche loro come i Ronaldo o i Berlusconi, si sono rintanati nelle proprie esclusive isole dorate, lasciando il popolo di tifosi ad annaspare nelle paludi? Oppure magari anche loro stanno tirando il grembiule degli Stati per farsi aiutare.

 

Forse vale la pena riflettere bene sui fondamenti (nello sport si chiamano “i fondamentali”) dai quali vogliamo ripartire a ricostruire il mondo dopo questa inimmaginabile crisi. Se vogliamo coltivare ulteriormente l’esclusività, l’utilitarismo privato, la vaporizzazione della fiscalità (che rappresenta, è bene ricordarlo, il contributo dei singoli al bene comune), sappiamo ora, a meno di farci abbagliare ulteriormente da false “terre promesse”, che dobbiamo correggere qualcosa e smetterla di dare credito a chi poi si vaporizza nell’aria.

 

 

 

Marco Noi, I Verdi del Ticino

Lorenza Giorla, ForumAlternativo