Cassis non mi rappresenta

PIAZZA APERTA - Bruno Brughera

 

Forse sono una voce fuori dal coro, forse non incarno l’ideale del Ticinese fiero di aver ritrovato un consigliere federale che fosse “svizzero italiano”. 

Già, perché noi Ticinesi della Svizzera italiana ce ne ricordiamo solo quando fa comodo: da noi imperversa il “prima i nostri” e quindi normalmente esistiamo solo come Ticinesi, dimenticandosi delle realtà delle valli del Grigioni italiano…

 

Dall’euforia collettiva dell’elezione di Cassis, oggi gli umori per il “nostro” consigliere federale sembrerebbero mutati. Non so cosa si aspettassero i Ticinesi, quale fosse il loro immaginario. Io cerco di non avere aspettative verso l’altro, soprattutto quando l’altro in questione ha dato chiari segnali oggettivi di non fare gli interessi dei cittadini. L’annosa diatriba e problematica sulle casse malattia, gli spropositati costi che pesano come macigni sulle casse degli assicurati, sono l’esempio più lampante!

 

La carriera politica dell’ex medico cantonale è sempre stata costellata da intrecci e connivenze con i settori economici e cassa malattia. Tant’è che era presidente di varie associazioni nazionali del settore sanitario e sociale, come CURAVIVA Svizzera (Associazione mantello degli istituti sociali e di cura), Curafutura (associazione di quattro assicuratori malattia), Radix (fondazione per la salute) ed EQUAM (fondazione per la valutazione della qualità nella medicina ambulatoriale) e altre di minore importanza. Difficile decifrare questi politici di milizia quando collezionano un numero incredibile di mandati nei vari consigli di amministrazione. Difficile credere nella loro onestà intellettuale quando vengono remunerati – non con gettoni simbolici – da parte di questi poteri forti! L’ambiguità dell’operato del consigliere federale l’abbiamo potuta constatare anche sul fronte degli affari esteri e sui suoi opinabili interventi ed esternazioni.

 

Ma ora i Ticinesi, solitamente fieri del loro rappresentante, cominciano ad avere dubbi. Lo si evince dai numerosi post sui social. Il Ticino è in prima linea sul fronte della pandemia in Svizzera, è il cantone più colpito e che sta facendo da laboratorio per tutta la Confederazione. Obbligato a procedere con decisioni importanti sembrerebbe troppo veloce, troppo avanti per la pacata e morigerata politica federale. Il Consiglio di Stato ticinese viene addirittura richiamato e criticato da più parti, sia dai vertici dell’amministrazione federale, sia da rappresentanti economici, sia da altri cantoni. Un fuoco incrociato che sembra non considerare la gravità ed eccezionalità della situazione. Ma in tutto ciò, dov’è il consigliere Cassis? Sappiamo che noi svizzeri amiamo quella politica sottaciuta dei piccoli passi, ma la situazione, il popolo, necessitano di guide, di punti di riferimento forti e chiari.

 

Da un consigliere federale che dice di rappresentare tutti e in modo particolare la minoranza italofona, ci si aspetta che sia sul pezzo, che sia più attivo e presente. Capace di mediare e di traslare la differenza culturale in modo che i germanofoni comprendano certe reazioni ed esigenze. Ma il punto forse non è solo culturale, è lo stato di necessità che impone nuove regole e direttive e che vanno spiegate facendo squadra partendo proprio dal rappresentante di più alto grado.

 

Ecco perché sento di dire che Cassis non mi rappresenta! Non rappresenta nemmeno il suo cantone d’origine, non rappresenta la Svizzera italiana in questo momento storico!