Consiglio federale, servo del padrone

di Red

 

Se dal punto di vista sanitario generale possiamo in gran parte condividere quanto messo in atto dal Consiglio federale per far fronte al Covid-19, ben diverso è il discorso relativo alle decisioni prese per il mondo del lavoro. 

Dall’inizio della crisi, il governo ha anteposto gli interessi economici del padronato alla difesa del bene comune. 

 

Un’attitudine vergognosa che rivela una scomoda realtà del nostro sistema politico: quando c’è in ballo l’economia, gli ambienti padronali e finanziari prendono le decisioni che contano e il Consiglio federale le esegue.

 

Anziché prendere esempio dai paesi che ci hanno preceduti nella pandemia, adottando misure radicali ma necessarie per salvaguardare la salute delle lavoratrici e dei lavoratori (e quindi, di riflesso, dell’insieme della popolazione), il governo federale ha optato per la politica dei piccoli passi. Mentre nell’Hubei, in Cina, le fabbriche e i cantieri sono stati chiusi per mesi, nei centri nevralgici della Svizzera centinaia di migliaia di salariati sono obbligati a continuare a lavorare in condizioni indegne.

 

Una situazione sconcertante per un Paese che si dice democratico come il nostro. Come hanno evidenziato le organizzazioni sindacali, sui cantieri e nelle fabbriche svizzere è impossibile lavorare in sicurezza nel rispetto delle norme igieniche e di distanza sociale emanate dall’Ufficio federale della sanità pubblica. Eppure, nessuno si sta occupando del loro rispetto sui luoghi di lavoro: si assiste ad un indegno balletto tra enti ispettivi che non hanno né la volontà né i mezzi per farle applicare. Suva, polizie cantonali, polizie comunali e uffici dell’ispettorato del lavoro si scaricano vicendevolmente le responsabilità, e a farne le spese sono le lavoratrici e i lavoratori (e rispettive famiglie) che si trovano esposti al contagio.

 

A prevalere, quindi, sono i biechi interessi del padronato, i cui rappresentanti non si rendono conto che più si tarda a sospendere l’attività lavorativa nei settori socialmente non essenziali, più i danni per l’insieme del nostro tessuto socioeconomico saranno devastanti. Oggi prevalgono Economisuisse e le altre grandi associazioni padronali che da settimane promuovono un’incessante pressione sul Consiglio federale affinché non venga imposta l’interruzione delle attività produttive non essenziali. E un domani potrebbe prevalere anche Avenir Suisse, che auspica la completa liberalizzazione del nostro mercato del lavoro, con un ulteriore allentamento dei vincoli della Legge sul lavoro e l’introduzione della settimana lavorativa di sette giorni. Se la situazione non fosse drammatica, ci sarebbe da ridere.

 

Ci troviamo in una situazione di crassa contraddizione. Mentre si moltiplicano gli appelli a restare a casa e si invitano i confederati a non scendere in Ticino per le vacanze pasquali, centinaia di migliaia di salariate e salariati sono costretti a recarsi al lavoro nel più totale disprezzo delle norme sanitarie previste in questo contesto di crisi. Una situazione vergognosa che avrà pesanti ricadute sull’insieme della popolazione, per le quali il Governo e i capitani dell’economia dovranno assumersi l’intera responsabilità.

 

Le situazioni di crisi come questa sono solite smascherare contraddizioni, debolezze, criticità. L’attuale pandemia non fa eccezione. Il re è nudo, come si suol dire: la subordinazione del Consiglio federale agli interessi del padronato e del mondo della finanza sono sotto gli occhi di tutti. Quando la tempesta sarà passata e la nostra vita sarà tornata alla normalità, non dimentichiamocene. Gli interessi delle persone comuni non sono gli stessi del padronato, anzi: il padronato si arricchisce sfruttando le persone comuni. E il Consiglio federale esegue i suoi ordini…