Emergenza sanitaria ma non per tutti e tutte!

Collettivo R-esistiamo

La reclusione migrante in tempi di pandemia.

 

Da quasi due anni il Collettivo R-esistiamo informa e lotta con e per le persone migranti costrette a sottostare a un sistema migratorio che isola, esclude, deporta, sfrutta, e a volte uccide.

 

A più riprese abbiamo provato a smascherare le situazioni degradanti delle strutture adibite a “centri d’accoglienza” presenti in Ticino. Attraverso azioni, occupazioni, presidi e manifestazioni abbiamo cercato di far chiudere i bunker/lager di Camorino e Stabio. Abbiamo raccontato e sostenuto lo sciopero della fame delle persone rinchiuse a Camorino (giugno 2019) e informato dei trattamenti riservati alle persone migranti, ovvero le violenze sia fisiche che psicologiche perpetrate ogni giorno nei loro confronti. Violenze che arrivano da più parti: dalla SEM, dagli agenti di sicurezza, dalla polizia, dai funzionari della migrazione, e, non da ultimo, da chi “sa” ma rimane indifferente e complice.

 

Nell’attuale situazione d’emergenza sanitaria è ancora più evidente che esistono persone la cui vita vale meno di altre. Anche nei virali slogan “solo insieme ce la possiamo fare” o “restiamo a casa” c’è chi non trova posto e rimane nell’invisibilità, confrontandosi con una quotidianità fatta di dispositivi di controllo ed infantilizzazione, principale caratteristica di questi non-luoghi. Dimensioni altre dove le giornate, i mesi e a volte gli anni vengono scanditi da esclusione e incertezza.

 

Nei centri cantonali e federali sopravvivono persone che secondo le attuali direttive sanitarie sono considerate a rischio (e lo erano già prima viste le condizioni!), ciò nonostante non si rispettano le misure in atto, per esempio con una risistemazione delle persone in appartamenti con spazi personali adeguati (in Ticino ci sono circa 5000 appartamenti sfitti!). Chi sopravvive in queste strutture ha come tutt* il diritto di autodeterminare la propria vita. Con o senza permessi. Con o senza stato d’emergenza.

 

 

 

Situazione nelle strade e alle frontiere

In Ticino le misure di controllo messe in atto dallo stato maggiore di condotta per affrontare quella che chiamano emergenza sanitaria sono: la presenza dell’esercito alle frontiere e in ambito sanitario, il rafforzamento dei controlli aerei sui confini con drone ed elicottero dell’esercito e la presenza massiccia di polizia nelle strade. Spesso si incontrano posti di blocco stradali dove la polizia chiede alle persone “Dove stai andando? Cosa fai?”. Nel caso si circoli con targhe ticinesi, per ora, basta utilizzare facili risposte pronte come “Sto andando a fare la spesa per me o per qualche anziano” o “sto andando al lavoro”. In questi casi non vengono chiesti particolari giustificativi o documenti di legittimazione. Mentre le auto con targhe straniere vengono fermate sistematicamente e nel caso non venga trovato alcun permesso di lavoro o di soggiorno, le persone vengono immediatamente espulse. I valichi stradali secondari sono chiusi, sono aperti solo quelli principali e la possibilità di transito è solo per frontalieri/e (con motivi di lavoro o gravi ) e per il traffico commerciale. La linea ferroviaria che collega l’Italia con la Svizzera è praticamente chiusa in entrambi i sensi.

 

 

 

Il contesto attuale

In seguito all’arrivo del virus Covid-19 il consiglio federale ha dichiarato lo Stato di emergenza, molti aspetti della vita sono obbligatoriamente cambiati, come la quotidianità, le relazioni e le abitudini. Un momento propizio per incentivare misure di controllo ancora più invadenti e aumentare ulteriormente la presenza tecnologica in ogni aspetto della vita. Attraverso la preoccupazione della salvaguardia del “bene comune” ovvero l’attuale sistema economico, è in corso, tra le cose, un processo di legittimazione del telelavoro, della scuola e degli acquisti online. Oggi più che mai pare evidente che non si “possa avere altra scelta”: chi resta fuori dal tecno-mondo, rimane esclus* da ogni aspetto della vita. La mutazione del concetto di contatto sociale è in corso e quale miglior momento per potenziare le ormai sovraccariche reti internet attraverso l’implementazione del 5G, protesi verso il 6 G.

Una pericolosa accelerazione che cerca di ridurre spazi (fisici e non) e tempi di riflessione individuali e collettivi che permetterebbero di comprendere le cause, le reazioni e le conseguenze di questa pandemia. E la possibilità stessa di determinare nel presente prospettive altre.

Ma questa non è la dimensione vitale di tutt*, non può essere una narrazione unica e allora si ripropone ancor più forte l’impellenza di pensare e attuare con e per l’altr*. Pensare a chi non ha il privilegio di una casa, un documento o di essere nato in occidente. Di chi è recluso.

In tempi di saturazione mediatica da covid-19 le notizie dei conflitti in atto nelle diverse geografie del mondo scompaiono e non si sente più parlare di guerra in Siria, delle torture in Libia, delle aggressioni alle persone alle frontiere tra Turchia e Grecia, delle morti in mare. Oppure delle lotte e le resistenze portate avanti nelle varie regioni del globo, come ad esempio in Cile o in Rojava.

Dinanzi a tutto questo vogliamo tenere gli occhi aperti e continuare a lottare per ridefinire il concetto di “solo insieme ce la faremo” e di mutuo appoggio.

 

* Nel documento che segue un aggiornamento sulla situazione all’interno dei Centri per persone migranti presenti sul territorio ticinese e sull’applicazione delle politiche migratorie in periodo di stato d’emergenza sanitaria.

 

 

 

Aggiornamenti sui vari centri di accoglienza presenti in Ticino 

 

Situazione attuale alle frontiere e attuazione delle politiche migratorie in periodo di epidemia

 

Le frontiere chiuse non permettono a “nuove” persone di poter fare una richiesta d’asilo. A Chiasso hanno cercato di continuare a svolgere le audizioni, ma si sono rivelate ridicole viste le misure legate alla distanza sociale messe in atto: persone distanti, problemi di comunicazione e traduzione, ecc. Non c’è nessuna possibilità di fare la richiesta d’asilo alle frontiere sud della Svizzera, dichiarazione rilasciata dalla responsabile dei campi federali nella regione sud occidentale Micaela Crippa mentre dice che ora “è possibile smistare le persone nei differenti spazi in quanto il campo federale di Balerna- Novazzano è praticamente vuoto perché non ci sono più richieste d’asilo”.

Le procedure d’asilo accelerate continuano senza sosta, con la scusa di non voler fare perdere tempo alle persone migranti. In realtà questo conferma che ci sono vite di serie A e vite di serie B. Sono evidenti le differenze di trattamento tra chi possiede un passaporto svizzero e chi è costretto a vivere ai margini. Infatti il fatto di non fermare le procedure di asilo espone maggiormente le persone coinvolte alla contrazione del virus (es. contatto con altre persone in relazione agli spazi). Le vite delle persone che non hanno un documento valido e non sono utili alla produzione, hanno meno valore delle persone attive nel mercato del lavoro, per questo motivo le istituzioni si permettono di NON adottare le adeguate precauzioni sanitarie.

In questo periodo di pandemia in Ticino la gestione dei campi federali e cantonali è incentrata ancora di più sulla reclusione e sull’isolamento delle persone. Questo per non intaccare le procedure d’asilo accelerate in corso. Anche se al momento le deportazioni sono ufficialmente ferme, in questa situazione la SEM può continuare imperterrita a far funzionare la macchina delle espulsioni.

 

La situazione nei centri in Ticino:

 

Bunker cantonale di Camorino (gestito dal Cantone in collaborazione con Securitas):

Il bunker è ancora aperto e ci sono 20 uomini al suo interno

Le persone sono costrette a stare tutte insieme nella casetta prefabbricata che si trova all’esterno, tutto il giorno e con un’ unica cucina

L’ accesso a internet è possibile solamente dalla casetta presente all’esterno

I pasti non vengono più forniti, vengono consegnati 10CHF a persona al giorno e sono le persone stesse a doversi arrangiare a far la spesa.

Il bagno nella casetta è chiuso, gli unici bagni disponibili sono nel bunker.

Non hanno la possibilità di avere guanti e mascherine (gli agenti di sicurezza ne sono muniti!)

Ci sono sempre 3 agenti della Securitas a sorvegliare

L’infermiera effettua delle “visite” 2 volte alla settimana, l’unico cosa che può fare è somministrare dafalgan e ansiolitici

La pulizia del bunker e della casetta esterna viene fatta 2 volte a settimana

Le persone migranti che si trovano nel bunker sono isolati, nessun contatto con l’esterno

 

Stanno svuotando le carceri per riuscire a mantenere le distanze di sicurezza a causa del covid-19, ma l’assurdità è che le persone migranti in carcere amministrativo vengono trasferite e ammassate nel bunker!

 

 

Campo cantonale di Cadro (gestito da Croce Rossa):

ci sono tre persone contagiate dal corona virus. Tutte le persone (180 ospiti?) sono state obbligate a fare un periodo di quarantena (dal 20 al 30 marzo), con divieto assoluto di uscire dal lager, possibilità di qualche ora d’aria di giorno nel piazzale o nel giardino del campo, mascherina obbligatoria per tutti/e (bambini e bambine comprese, vista l’elevata presenza). Gran parte delle 24 ore viene trascorso in quelle che il sito di progettazione www.espazium.ch definisce Celle (circa 30) in uno spazio personale insufficiente.I pasti sono preparati all’interno di una cucina da campo e non più nelle cucine e sale da pranzo comuni. Le persone più a rischio non possono uscire dalle stanze, neanche nel piazzale del centro e il cibo gli viene consegnato nelle camere. Attualmente le persone possono lasciare il centro per 2 ore al giorno e possono di nuovo cucinare ma con tutta una serie di restrizioni e regole.

 

 

Campo cantonale di Paradiso ( gestito dalla Croce Rossa): le persone, le famiglie e gli/le adolescenti non accompagnati/e non possono uscire dal palazzo e dalle proprie abitazioni. Al primo piano ci sono le famiglie, ai piani superiori le camere con i gruppi di ragazzi (3/4 per camera).

 

Campo cantonale di Arbedo (gestito da Croce Rossa): hanno smistato le persone negli altri centri e hanno chiuso la struttura.

 

Nuovo campo federale “Pasture” a Balerna-Novazzano (gestito dalla SEM): le persone sono divise per etnie e mangiano separatamente, il cibo viene consegnato da una ditta esterna. Ci sono poche persone perché non ci sono richieste d’asilo a causa delle frontiere chiuse ma anche perché sono state distribuite tra Centro “Pasture”, centro di registrazione e il nuovo centro in stazione a Chiasso.

 

 

 

Cosa esigiamo:

 

  • La chiusura immediata del bunker di Camorino, nonluogo in cui, oltre tutto quanto già detto, non è neppure lontanamente possibile applicare le regole emanate dall’Ufficio federale della salute pubblica;

 

Per tutte le persone di tutti i centri d’accoglienza:

 

  • La risistemazione rapida in appartamenti o altre situazioni d’alloggio dove ci sia sufficiente spazio personale;

 

  • Presidi sanitari costanti e assistenza medica;

 

  • Stesse possibilità di uscire e di muoversi date al resto della popolazione;

 

  • Una generale regolarizzazione di tutte le persone “ospitate” nei centri o in condizioni di “irregolarità” con l’estensione di permessi e di alloggi per tutte e tutti;

 

 

Non restiamo in silenzio a guardare solo le “nostre quattro mura”, spezziamo ogni tipo di isolamento e razzismo! E, riprendendo come abbiamo iniziato, ora più di prima rivendichiamo: LA CHIUSURA DEL BUNKER DI CAMORINO E DI TUTTE LE STRUTTURE CHE METTONO IN PERICOLO LE PERSONE RINCHIUSE E NEGANO LORO LE LIBERTÀ PERSONALI!