Il rischio di dimenticare i più deboli

di Lorenza Giorla e Alessandro Robertini*

 

Il particolare momento che stiamo vivendo, oltre che a generare un profondo sentimento di incertezza in tutti noi, sta purtroppo accentuando situazioni che già prima della pandemia erano al limite della dignità e che ora rischiano di precipitare in un vortice di totale indifferenza ancora peggiore.

Lasciarsi prendere la mano dai numerosi moti di solidarietà che stanno facendo tendenza sulle reti sociali e nei media, potrebbe darci l'impressione di essere cullati nella bambagia, ma che ne sarà di chi già in precedenza era escluso dal cosiddetto mondo "reale" e già faticava a tirare la fine del mese o peggio ancora stava e sta tuttora aspettando, nei campi di raccolta profughi nel Mediterraneo, che la politica si dia una mossa e trovi soluzioni adeguate?

 

Per rimanere nel nostro piccolo diverse centinaia di persone facevano capo alle mense di Tavolino magico ad un franco a pasto, mense che ora per ovvie ragioni di sicurezza sanitaria son state chiuse. Persone adesso obbligate a far capo ai normali canali di approvvigionamento a costi decisamente superiori e non indifferenti per chi già arrancava e fa capo all'assistenza sociale. Molte famiglie al termine di questa crisi si troveranno al limite della capacità di sopravvivenza a seguito della crisi economica.

 

Non è questo il momento di dimenticare chi si trova o verrà a trovarsi nell'indigenza e che per motivi contingenti potrebbe venir lasciato in disparte, presi dalla frenesia che ci chiama a grandi sacrifici personali e ci mette in una situazione di grande incertezza sociale ed economica nel medio e lungo termine.

 

La solidarietà, trasformatasi per i più in una leggera tendenza "social" per prendersi qualche attimo di distrazione, potrebbe banalizzare i problemi, e il rischio di dimenticare le fasce sociali più deboli è dietro l'angolo. Lo dimostra il fatto che i fiumi di parole spesi quotidianamente sulla pandemia poco ne parlano o addirittura non ne parlano affatto. Persone che prima della crisi potevano perlomeno far capo ad un ambiente sociale, bar e punti di aggregazione vari, che ora non esiste più, confinati in appartamento, quando ce l'hanno. Il rischio di disagio anche psichico è molto maggiore. In questi casi una società non attiva non aiuta di certo. Chiediamo pertanto alla politica di attivarsi per non perdere di vista gli anelli più deboli della società. Nessuno va lasciato indietro, ora più che mai!

 

 

 

Lorenza Giorla

Alessandro Robertini

ForumAlternativo Bellinzona