Bellinzona: di uomini Denim e pifferai magici

Marco Noi, Verdi 

Uno dei cavalli di battaglia – forse il più cavalcato – per sdoganare la creazione della nuova Bellinzona era quello dell’accresciuto potenziale finanziario per gli investimenti che l’aggregazione, si diceva, doveva portare in dote: “5 milioni! 5 milioni! Non sono noccioline!”.

 

Riecheggiano ancora le parole di Branda e Bersani, i quali, peregrinando di comune in comune, esaltavano il potenziale di maggior investimento derivante dall’aggregazione. Non a caso questa euforia diede il via ad un corri corri dei Legislativi aggregandi per inserire in zona Cesarini vari progetti tra i propri investimenti da consegnare alla nuova magnificente Bellinzona.

 

Di comuni ne sono poi rimasti 13 e proprio 4 tra quelli con più risorse finanziarie e territoriali si chiamarono fuori dall’aggregazione. Ciò non modificò tuttavia le ambizioni del nuovo Comune, che con il suo Municipio e pienamente sostenuto dai rispettivi partiti, ha continuato imperterrito a coltivare la retorica della città rampante, che si vuole moderna, smart e dall’alto potenziale economico. Questa impostazione diede il via ad una indiscriminata e permissiva politica immobiliare privata ed a innumerevoli progetti edilizi pubblici (Parco urbano, stazione, sottostrutture stradali, stadio, oratorio, semi-svincolo, officine,…), tuttavia concentrati perlopiù nei quartieri centrali. Quando interrogato sui vari punti critici come lo sfitto galoppante, la sostenibilità dei costi e delle ricadute sociali, sui servizi e sull’ambiente o ancora le relazioni con i quartieri periferici, il Municipio ha sempre palesato, non senza una certa sicumera, un self-control e una sicurezza nei propri mezzi, da ricordare l’uomo Denim della famosa pubblicità, quello che non deve chiedere mai.

 

Tuttavia i segnali di una gestione e di un controllo che non reggevano il passo della grandiosità municipale non sono mancati. Oltre al già noto sorpasso sugli spogliatoi del Parco urbano e a quelli recenti su Policentro, Oratorio e stadio, si possono ricordare anche i lavori pianificati in fretta e furia all’Asilo della Gerretta, dove gli operai dovettero lavorare sotto il solleone anche durante le vacanze estive dell’edilizia, come pure quelli all’Asilo Nord, in cui i lavori terminarono due giorni prima della ripresa dell’anno scolastico, costringendo le insegnanti a preparare le loro aule al sabato e alla domenica prima della ripresa! Imperizie che abbiamo potuto constatare anche quando il Municipio ha sottoposto al Consiglio comunale (nemmeno in clausola d’urgenza!) la richiesta di un credito per dei lavori di sottostruttura al Vicolo Santa Marta, quando questi erano di fatto già iniziati. Se ci aggiungiamo poi i buchi finanziari per i Castelli e per il Teatro Sociale, come la pubblicazione del progetto edilizio del terzo binario con valori di elettrosmog abbondantemente sopra i valori di legge, o ancora il clamoroso voltafaccia sulle Officine, possiamo farci un’idea di quanto le cose siano state sotto controllo.

 

In Consiglio comunale, gli unici a non aver mai preso per oro colato tutto lo sfarzo e le certezze propagate dal Municipio sono stati i Verdi, così come le colleghe dell’Mps e Luigi Calanca, il quale – smarcandosi a titolo personale dal suo gruppo Lega-Udc-Noce (non a caso ha poi fondato una lista civica) – ha più volte denunciato l’incoerenza e il poco rigore finanziario del Municipio.

 

La convinzione è sempre quella che il Municipio si stia comportando come il pifferaio magico, il quale si fa bello con le sue incantevoli soluzioni ma poi ti presenta ancora un conto salato che non pensavi di dover pagare. Con quale faccia e pudore politico il Municipio – alla luce di ciò che è emerso e a maggior ragione della crisi Covid-19 – chieda di rinnovare fiducia ed unità e tirare dritto, dopo aver dimostrato di non possedere il polso necessario né per tastare ciò che accade né per condurre in maniera affidabile le dinamiche aggregative, è veramente inspiegabile.