Covid-19 e la città del futuro

PIAZZA APERTA - Flavio Pico

 

Riascoltando il libro “Le città invisibili” di Italo Calvino; il Narratore, mi sono chiesto quali potessero essere le città di provenienza di questo virus.

 

Mi sono soffermato alla città di Olivia descritta da Italo Calvino come “una città ricca di prodotti e guadagni con palazzi di filigrana con cuscini frangiati ai davanzali delle bifore ….”, ma, come continua Calvino, “questa città è avvolta da una nuvola di fuliggine e d’unto che si attacca alle pareti delle case…”.

 

O forse questo virus proviene dalla città di Leonia, “città che rifà sé stessa ogni mattina, sui marciapiedi avviluppati in tersi sacchi di plastica resti della Leonia di ieri aspettano il carro dello spazzaturaio…”, “più che dalle cose che ogni giorno vengono fabbricate, vendute, comprate, l’opulenza di Leonia si misura dalle cose che ogni giorno vengono buttate vie per far posto alle nuove…”.

 

E la città del dopo Covid-19, quale potrà essere? Ciò che spero è in una città che finalmente dia priorità alla salute del cittadino e questa non venga più barattata con una logica del guadagno facile e immediato, spero in una città che dia priorità alla dignità dell’uomo che possa finalmente lavorare per vivere e non vivere per lavorare, spero in una città nella quale si capisca che il benessere del nostro pianeta è il vero punto di partenza per la nostra vita di essere umani. Spero in una città dove l’economia smetta di dettare l’ordine del giorno alla politica, ma che sia quest’ultima a dettare legge all’economia.

 

Il mio auspicio è di una città che abbia la forza e la capacità di trovare una nuova definizione di sviluppo. Non mi si dica che questa città è già presente fra di noi e si chiama Utopia, perché a questo gioco non possiamo più essere accondiscendenti.