Corriere del Ticino: licenziato un giornalista in malattia

syndicom Ticino e Moesano 

Un anno dopo i licenziamenti di neomamme e collaboratori con problemi di salute, il management dell’azienda dimostra ancora una volta la sua mancanza di responsabilità sociale e di umanità. 

 

syndicom intraprenderà tutti i passi necessari per dimostrare l’abusività del licenziamento e difendere il giornalista, «reo» di aver pubblicato una filastrocca che non era piaciuta all’editore.

 

«In questo momento di difficoltà sta emergendo ancor più forte lo spirito di squadra e l’orgoglio di ognuno di noi di sentirsi parte di una grande famiglia», scriveva lo scorso 14 marzo il direttore operativo del Corriere del Ticino Paride Pelli in un suo commento. Belle parole, amplificate il 17 aprile quando, sempre in un suo commento, «in attesa di un lento e faticoso ritorno alla normalità» si augurava «che il coronavirus non mieta vittime anche in un mondo dei media già indebolito da una crisi che va avanti da un decennio» e continuamente condite durante tutti questi mesi di pandemia da servizi, prodotti dai suoi giornalisti, inneggianti alla solidarietà e contenenti appelli a non lasciare nessuno indietro. Belle parole, ma a Muzzano i fatti parlano altrimenti.

 

 

Un comportamento antisociale che si ripete

Proprio durante il weekend di Pentecoste, festa in cui si celebra la discesa dello spirito santo e dei suoi doni (tra cui consiglio e pietà), i vertici del gruppo Corriere del Ticino hanno licenziato un giornalista ancora in malattia. Dopo 25 anni di lavoro presso l’azienda nessuna pietà, nessun consiglio da mesi di coronavirus: allo scadere esatto dei 180 giorni di protezione dal licenziamento, con una mail gli è stata comunicata la notizia che il rapporto di lavoro sarebbe stato interrotto. Non una telefonata, non un cenno, nulla: una impersonale mail ha chiuso un rapporto che durava da un lustro, consegnando il collaboratore (58 enne con due figli agli studi) alla disoccupazione, in uno dei momenti economicamente peggiori della storia moderna. «Con l’accordo dell’editore», ossia la famiglia Soldati, è scritto nella nota firmata dal direttore generale del gruppo Alessandro Colombi.

 

 

Il management decide e controlla ciò che va pubblicato

Il giornalista aveva ricevuto la notifica del licenziamento (rivelatosi poi nullo poiché dato in tempo inopportuno) dopo essersi congedato dai suoi lettori sull’ultimo numero della rivista ExtraSette, di cui era redattore responsabile, con una filastrocca in rima che non era piaciuta all’editore. E nonostante la ricostruzione dei fatti avesse fatto emergere gravi lacune nella gestione della vicenda, il management non ha mai voluto tornare sui suoi passi.

Per un giornale che si autodefinisce «quotidiano indipendente della Svizzera italiana» un altro aspetto controverso, che calpesta i princìpi cardine del giornalismo e della libertà d’informazione, è il fatto che al Corriere del Ticino non sono il direttore e la redazione del giornale che decidono quali contenuti possono essere pubblicati e quali no, bensì l’editore.

Evidentemente per questo management i collaboratori non sono altro che dei numeri, il codice deontologico è un noioso manuale e la tutela dei giornalisti una fastidiosa rottura di scatole.

 

 

syndicom, il sindacato dei media e della comunicazione, oltre a intraprendere tutti i passi necessari per dimostrare l’abusività del licenziamento, continuerà a battersi per una maggiore tutela dei giornalisti nonché per difendere i diritti sindacali e costituzionali.

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