Trump sacrifica la popolazione americana alla sua rielezione

di Marina Catucci, corrispondente da New York

 

Alla Casa Bianca, la pandemia di coronavirus è percepita come un odioso incidente di percorso che si è andato ad intromettere sul cammino verso la rielezione che a Donald Trump appariva come una strada in discesa.

Con l’economia che andava a gonfie vele e un Partito Democratico apparentemente incapace di esprimere un leader in grado di unificare la base, le possibilità di vittoria del presidente uscente sembravano in crescita.

 

Con lo sguardo fisso sulle elezioni di novembre, fino a quando è stato possibile Trump ha reagito all’emergenza provando a negare anche le evidenze più lampanti. Ancora il 9 marzo continuava a minimizzare, mentre i mercati già erano in caduta libera, tanto che Wall Street, per arginare i danni, aveva temporaneamente interrotto le negoziazioni dopo il crollo dei prezzi del petrolio causato dai timori per il coronavirus.

 

Quel giorno i commenti di Trump su Twitter sembravano arrivare da una realtà parallela: The Donald continuava a ripetere che i “Fake News Media” e il loro partner, il Partito Democratico, stavano facendo tutto il possibile “per infiammare la situazione montando l’emergenza per il Coronavirus ben oltre ciò che i fatti avrebbero giustificato”. Fino a metà marzo, durante i comizi che continuava imperterrito a tenere, ribadiva che in media ogni anno muoiono tra i 27.000 e i 70.000 americani per l’influenza comune, e che quel virus altro non era che un tipo di influenza e che se ne sarebbe andato da sé.

 

 

 

Trump, il minimizzatore

 

Mentre Trump si ostinava a minimizzare chiamando il virus “corona-flu”, corona-influenza, i governatori dei singoli stati stavano via via abbandonando questo approccio e si moltiplicavano gli appuntamenti cancellati e i consigli di evitare assembramenti, l’uso dei mezzi pubblici, i contatti diretti, fino a dichiarare, inevitabilmente, il lockdown.

 

Travolto da questo vortice di eventi che sfuggivano al suo controllo, Trump è divenuto man mano più aggressivo ed il suo comportamento sempre più erratico. In questo nuovo mondo del tutto inaspettato, il suo principale oppositore non è stato e non è Joe Biden, che nel frattempo ha de facto vinto le primarie del Partito Democratico; la figura che è emersa come una nemesi è stata quella del governatore di New York, Andrew Cuomo.

 

I rapporti di Trump con lo Stato dove è nato e cresciuto non sono mai stati idilliaci, nemmeno passabili. Quando a fine ottobre aveva annunciato su Twitter che lasciava definitivamente New York per fare della Florida la sua residenza fiscale permanente, in quanto i politici del suo Stato natale lo bistrattavano, sia il sindaco della metropoli Bill De Blasio che Cuomo avevano risposto su Twitter invitandolo a non farsi male mentre chiudeva la porta andandosene (De Blasio) e ricordandogli che tanto le tasse in quello Stato non le aveva mai pagate (Cuomo). Questa pandemia ha ulteriormente esasperato i rapporti.

 

 

 

Cuomo, la rockstar

 

In poco tempo le conferenze stampa mattutine di Cuomo sono diventate un appuntamento seguito dai cittadini di tutti gli Stati d’America. Con interventi chiari e diretti ai cittadini, trasparenza, e abilità di tenere testa a Trump e, allo stesso tempo, riuscire a collaborare con il governo per ottenere sostegno per il suo Stato, Cuomo è emerso come il leader a cui gli Usa guardano per avere una direttiva.

 

Le sue conferenze stampa sono divise in “fatti” e “opinioni”, alternando dati ed empatia, prima di prendere le domande dei giornalisti. Il momento delle opinioni è quello in cui Cuomo parla di sé, della sua famiglia, del suo rapporto con la vita, la madre e in cui stabilisce un rapporto di fiducia con i cittadini che seguono così le sue direttive. “Non posso incatenare in casa 10 milioni di persone – ha detto Cuomo – ma posso convincerli a non uscire”. Con questa filosofia è diventato un eroe nazionale e si è guadagnato la copertina del Rolling Stones.

 

Nonostante politicamente Cuomo sia un centrista moderato, dall’inizio della pandemia ha preso alcune misure che potrebbero essere definite “di sinistra”, come produrre e distribuire gratuitamente il disinfettante per le mani, obbligare le assicurazioni a pagare per i test e le cure per il COVID-19, addossare allo Stato queste spese per i cittadini non assicurati, indipendentemente dal loro status legale con l’immigrazione. Tutti gli ospedali dello Stato ora lavorano in rete come se fosse un unico sistema sanitario, i mezzi di trasporto di superficie sono gratuiti, le mascherine vengono distribuite gratuitamente nei parchi.

 

 

 

Fauci e la voce degli esperti

 

Nello stato di New York continuano a diminuire i pazienti in ospedale, mentre cala anche il numero di ricoveri, lo stesso sta accadendo in molti Stati democratici colpiti dalla pandemia. I dati sono invece in controtendenza negli Stati rurali e spesso repubblicani che, nonostante le cifre in rialzo, stanno riaprendo indiscriminatamente, nonostante il parere contrario degli esperti di salute pubblica, i quali affermano che il Paese manca della capacità di test necessaria per tracciare e limitare la diffusione del coronavirus.

 

Gli esperti continuano a ripetere che in mancanza di un sistema di test a tappeto, senza un vaccino né terapie per contrastare il virus, smettere con le misure di lockdown comporta troppi rischi.

 

Il rapporto di Trump con gli esperti, però, non è fra i migliori. Anthony Fauci, il più grande esperto Usa di malattie infettive e membro della task force del coronavirus della Casa Bianca, ha smentito le teorie care a The Donald sul fatto che il coronavirus sia stato creato dall’uomo o rilasciato accidentalmente da un laboratorio cinese. Nell’ambito di una lunga intervista con il National Geographic, ha affermato che le ricerche disponibili indicano che il virus si è evoluto naturalmente, smentendo così il presidente: “Se si guarda all’evoluzione del virus nei pipistrelli, e ciò che è là fuori ora, porta a pensare che questo [virus] non avrebbe potuto essere manipolato artificialmente o deliberatamente, ma è il modo in cui le mutazioni si sono evolute naturalmente. Un certo numero di biologi evoluzionisti molto qualificati ha affermato che tutto ciò che riguarda l’evoluzione graduale nel tempo indica fortemente che il virus si è evoluto in natura e poi ha fatto un salto di specie”.

 

Il Segretario di Stato Mike Pompeo aveva rilanciato l’ipotesi avanzata da Trump secondo il quale la Cina sapeva del coronavirus dall’inizio di dicembre, e che questa pandemia sia comunque da addebitare alla Cina, ma le dichiarazioni di Fauci hanno spento o almeno attutito questa voce. Pompeo fa parte del piccolo gruppo di alti funzionari che si ritiene stiano spingendo le agenzie di spionaggio americane a trovare prove a sostegno della teoria della colpevolezza del laboratorio governativo di Wuhan.

 

In questa intricata vicenda, ciò che appare chiaro è che Trump si gioca la rielezione alla Casa Bianca sulla gestione della pandemia, e che sta cavalcando il sentimento cospirazionista nella speranza di trovare un interlocutore disposto a collaborare fornendo prove credibili.

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