Covid-19: presto un vaccino?

di RedQ

 

La ricerca per trovare un vaccino efficace contro il Covid-19 avanza a passo spedito grazie agli sforzi di ricercatori sparsi in tutto il globo. Tra questi c’è anche il virologo ticinese Martino Bardelli, ricercatore presso il Jenner Institute dell’Università di Oxford, uno dei centri dove lo studio è in fase più avanzata.

Ingegnere diplomato presso il Politecnico federale di Losanna (EPFL) e il King’s College di Londra, Bardelli ha risposto alle nostre domande e ci ha rivelato qualche sorpresa: i segnali sono attualmente incoraggianti e la commercializzazione del vaccino su vasta scala potrebbe essere più vicina di quanto si pensi.

 

 

 

Partiamo dalle basi: come funzionano i vaccini e qual è la loro funzione? Perché è fondamentale avere un vaccino contro il Covid-19?

 

I vaccini hanno la funzione di allenare il nostro sistema immunitario a riconoscere agenti patogeni e prevenire o limitare gli sviluppi di malattie infettive gravi. Storicamente, i vaccini sono ottenuti da microbi inattivati, in pratica “morti”, o attenuati, cioè resi innocui. Più recentemente, grazie alla tecnologia del DNA ricombinante, sono stati sviluppati nuovi tipi di vaccini che usano solamente parte dell’agente patogeno, come una proteina del suo involucro o un pezzo del suo DNA, e che sono ancora più sicuri. Quando il nostro corpo viene a contatto con un vaccino sviluppa una risposta immunitaria, del tutto naturale, che ha come conseguenza la creazione di una memoria immunitaria che permetterà al nostro corpo di combattere l’agente patogeno in futuro. Un vaccino contro il Covid-19 permetterebbe di:

1) eliminare o ridurre i sintomi della malattia tra chi è esposto al virus;

2) ridurre la fase in cui si è contagiosi se si contrae la malattia;

3) limitare sensibilmente il diffondersi della malattia, proteggendo così l’insieme della popolazione e soprattutto le fasce più a rischio.

 

 

 

Come è organizzata la ricerca del Jenner Institute per il vaccino contro il Covid-19?

 

La ricerca al Jenner Institute è partita già in gennaio, non appena la sequenza del virus è stata pubblicata, sotto la direzione della Prof. Sarah Gilbert e della Prof. Teresa Lambe. Dal concetto iniziale del vaccino si è passati in poco tempo alla fase dei test pre-clinici, prima in vitro e poi in modelli animali, per assicurarsi che il vaccino avesse le proprietà desiderate. In questo momento è in corso la prima fase della sperimentazione clinica, su un migliaio di volontari in buona salute di età tra i 18 e i 55 anni, che ha come obiettivo primario di verificare che il nuovo vaccino sia sicuro e ben tollerato. Se questa fase avrà successo, la fase successiva prevede di vaccinare 5000 volontari, anche in età più avanzata (la fascia della popolazione più a rischio), per valutare l’efficacia del vaccino.

 

 

 

Quali sono le tempistiche previste? Entro quando potrebbe essere commercializzato il vaccino?

 

Se tutto dovesse andare come previsto, la speranza è di ottenere i risultati sull’efficacia del vaccino entro l’autunno. Discussioni sono anche in corso per testare il vaccino sul continente africano, in particolare con i colleghi del Kenya Medical Research Institute (KEMRI), con cui il Jenner Institute ha un’importante collaborazione. Se il vaccino si rivelasse efficace, inizierà a quel punto la fase di produzione di massa e di distribuzione, che probabilmente durerà diversi mesi, e si concentrerebbe inizialmente sulla protezione dei più vulnerabili. Non sono ancora noti tutti i dettagli di questa fase ma accordi commerciali tra l’Università di Oxford e alcuni grandi produttori di vaccini, come il Serum Institute of India o AstraZeneca, sono stati rivelati nelle ultime settimane. Questo permetterà la produzione e distribuzione di massa del nuovo vaccino in tempi e costi ragionevoli. Se il vaccino, invece, non dovesse dare i risultati sperati, i ricercatori del Jenner Institute utilizzeranno i dati raccolti per capire cosa non ha funzionato e torneranno in laboratorio a prepararne una nuova versione.

 

 

 

Populisti come Trump sostengono la teoria complottista secondo cui il SARS-CoV-2 sarebbe stato creato in laboratorio. La comunità scientifica come spiega invece le origini del virus e la sua diffusione?

 

La comunità scientifica è concorde nel ritenere che il virus venga dagli animali, anche se le analisi genetiche del virus non hanno identificato con certezza quale animale sia la fonte del passaggio del virus agli umani e quando e dove questo sia successo. I pipistrelli sono portatori di molti tipi di coronavirus, e quindi sono tra i principali candidati. È probabile però che il virus dai pipistrelli sia passato agli umani via almeno un animale intermediario, ma al momento non ci sono prove conclusive che implichino un animale specifico. Le pubblicazioni nelle riviste scientifiche più autorevoli supportano la fonte naturale e animale del virus (1), e gli scienziati di fama mondiale che negli ultimi anni hanno lavorato a stretto contatto con il laboratorio di Wuhan da dove alcuni pretendono sia stato rilasciato per errore il virus si sono espressi chiaramente in difesa dei colleghi cinesi (2). Ad oggi, nessuna prova è stata trovata a favore della teoria difesa da Trump, che rimane quindi un atto di propaganda politica.

 

 

 

La comunità internazionale e i singoli Stati stanno investendo somme importanti nella ricerca al vaccino, ma non si è atteso troppo? Negli ultimi anni si è investito abbastanza nella ricerca sulle malattie infettive sconosciute, tenendo conto che da inizio secolo le epidemie di questo tipo si sono moltiplicate (SARS, MERS,…)?

 

Purtroppo la dimensione globale di questa pandemia ci ricorda quanto siamo vulnerabili e che si potrebbe e dovrebbe fare di più per essere pronti a combattere malattie sconosciute. La crescente globalizzazione e urbanizzazione del nostro pianeta, assieme al riscaldamento globale e alla distruzione degli ecosistemi, crea una situazione ideale per il diffondersi di nuove malattie infettive, in particolare di quelle che “saltano” dagli animali all’uomo, come nel caso dei coronavirus. Il fatto che da inizio secolo questo tipo di epidemie si siano moltiplicate suggerisce che purtroppo dovremo probabilmente abituarci a convivere con questo tipo di eventi. Investire nella ricerca, ma anche nelle infrastrutture mediche e sociali e nella formazione di personale sanitario, permetterà di limitare i danni causati da queste malattie e di essere pronti a rispondere con misure rapide ed efficaci. Purtroppo per alcuni risulta difficile concepire di investire e finanziare la ricerca contro possibili rischi futuri, ma solo una visione lungimirante ci permetterà di evitare crisi come questa in futuro, ed investire nella ricerca deve rimanere una priorità.

 

 

 

Da ricercatore che lavora per fermare la pandemia di Covid-19 e abitante del Regno Unito, come valuta le misure prese in materia dal governo conservatore del premier Boris Johnson?

 

La strategia del governo britannico trovo sia stata abbastanza confusa. Malgrado le avvisaglie provenienti dal resto d’Europa di quello che sarebbe potuto succedere, il governo ha deciso di temporeggiare, trovandosi poi in gravi difficoltà una volta che l’ondata di Covid-19 ha colpito. A quel punto si è cercato di correre ai ripari, ma i limiti del sistema e la cronica mancanza di fondi del servizio di sanità nazionale, l’NHS, frutto delle politiche degli ultimi decenni, hanno reso la situazione difficile nelle zone più colpite. Da settimana scorsa sembra finalmente che la situazione sia più sotto controllo, con i test che vanno a buon ritmo e il materiale protettivo disponibile per tutti. La strategia per uscire dalla crisi, vagamente presentata dal premier Boris Johnson domenica [10 maggio, ndr], risulta per ora però decisamente confusa.

 

 

 

 

1 K. G. Andersen et al., “The Proximal Origin of SARS-CoV-2”, Nature Medicine 26, 17 marzo 2020, DOI: https://doi.org/10.1038/s41591-020-0820-9.

 

2 C. Calisher et al., “Statement in Support of the Scientists, Public Health Professionals, and Medical Professionals of China Combatting COVID-19”, The Lancet 395, 19 febbraio 2020, DOI: https://doi.org/10.1016/ S0140-6736(20)30418-9.

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