di Roberto Livi
Referendum cileno. Dopo la straordinaria vittoria elettorale del Mas e del suo candidato alla presidenza, Luis Arce, in Bolivia, il risultato del plebiscito in Cile può avere importanti riflessi in America latina, dove nei prossimi mesi avranno luogo elezioni in Brasile, Paraguay, Venezuela e, all’inizio dell’anno prossimo, in Ecuador.
Con una grande maggioranza (79%) i cileni hanno deciso di disfarsi della Costituzione dettata (nel 1980) da un gruppo di giuristi di estrema destra sotto l’ombra del generale Pinochet. E di volere una nuova Carta magna democratica, redatta da una Convenzione costituente eletta direttamente dai cittadini e paritaria, ovvero formata metà da donne e metà da uomini e con una parte dei seggi riservati ai popoli indigeni.
Si tratta di un successo storico delle lotte popolari che chiedono la fine del governo di destra e profonde riforme. Per più di un anno i movimenti sociali in Cile hanno continuato la loro lotta nonostante la dura repressione di quella che il presidente Piñera ha in più occasioni, compreso il suo intervento di ieri dopo i risultati del referendum, definito una «ondata di violenza» attuata da pandillas (bande criminali).
«Bande» composte da studenti, organizzazioni ecologiste e in difesa del territorio, dal movimento No+Afp (contro le pensioni truffa), dal popolo-nazione mapuche e da un movimento femminista che ha scosso il paese.
Per permettere che lo Stato riprendesse – almeno fino a un certo punto – il controllo sulla società, l’insieme delle forze politiche firmarono lo scorso novembre l’ «Accordo per la pace sociale e la nuova Costituzione», che prevedeva il plebiscito di ieri. L’accordo ha dato un temporaneo respiro al governo di Piñera, che ieri sera ha potuto parlare di «un successo della democrazia cilena». Ma ha costituito una concessione strappata alle élite politiche dalle lotte popolari e che ieri una grande maggioranza di cileni ha trasformato in un netto rifiuto sia della Costituzione pinochetista, sia in atto di sfiducia nel complesso delle forze politiche. L’«Accordo», infatti, fu firmato anche dall’opposizione senza esigere una commissione della verità e giustizia che condannasse le gravi violazioni dei Diritti umani commesse dai carabinieri e dalle Forze armate lanciati contro le manifestazioni: 40 cittadini assassinati, 350 con danni alla vista a causa dei lacrimogeni sparati ad altezza d’uomo, 20 mutilati, 3500 feriti, migliaia di arrestati.
Così sono rimaste praticamente ignorate e senza seguito 700 azioni giudiziarie per tortura e violenza sessuale, 8.375 cause per violazione dei diritti umani.
Il referendum ha permesso di esprimere chiaramente, e con una forte maggioranza, il rifiuto popolare di una Costituzione, imposta in modo corrotto e con la forza, che ha installato nel paese un modello economico che ha privatizzato praticamente tutto il possibile, compresa l’acqua.
E ha ridotto – mediante il concetto di sussidiarietà- lo Stato alla sua minima espressione.
In sostanza, seguendo le teorie neoliberiste dei Chicago boys, allievi di Friedman e tenuti in palmo di mano da Pinochet, la Costituzione ha permesso di installare una società estrattivista, di consumo e profondamente individualista. Un sistema economico e politico citato – soprattutto dagli Usa- per i suoi «successi». Ma dietro i 15.000 dollari per capita vantati dal governo vi sono il 53% dei lavoratori che guadagnano meno di 540 dollari al mese, ovvero sotto la soglia di povertà di una famiglia.
Inoltre la Costituzione ha generato le condizioni giuridiche che hanno instaurato nel paese una brutale disuguaglianza con l’1% della popolazione – della quale fanno parte il presidente e la sua famiglia- che possiede colossali fortune: il 26,5 delle ricchezze.
Nei prossimi mesi, fino alle elezioni in aprile nelle quali i cittadini sceglieranno i 155 membri della Convenzione costituente , continueranno i cabildos e le assemblee territoriali: istanze popolari che dovranno discutere dei grandi temi oggetto della nuova Costituzione, la drammatica disuguaglianza e le riforme sociali, soprattutto.
E come affrontare i limiti che le destre hanno stabilito con la legge che impone che gli articoli della nuova Costituzione dovranno avere l’approvazione dei due terzi dei costituenti. Dopo la straordinaria vittoria elettorale del Mas e del suo candidato alla presidenza, Luis Arce, in Bolivia, il risultato del plebiscito in Cile può avere importanti riflessi in America latina, dove nei prossimi mesi avranno luogo elezioni in Brasile, Paraguay, Venezuela e, all’inizio dell’anno prossimo, in Ecuador.
Come afferma l’analista argentino Attilio Borón «forse saremo testimoni di una svolta storica impensabile fino a poche settimane fa».
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