I lobbisti vincono. Sempre

di Francesco Bonsaver

 

Trasparenza zero, lobby uno. Non c’è stata partita nemmeno questa volta a Palazzo sulla timida riforma del sistema di accredito dei lobbisti. Lo scorso venerdì, la maggioranza del Consiglio nazionale ha definitivamente affossato quattro anni di lavori parlamentari sull’iniziativa parlamentare dell’ex consigliere agli Stati Didier Berberat (Ps/Ne).

Quanto approdato in aula venerdì, rappresentava già lontanamente lo spirito originario dell’iniziativa Berberat, ma è stata giudicata ugualmente pericolosa quanto basta per essere rifiutata. Dei parlamentari ticinesi, hanno votato a favore Greta Gysin, Alex Farinelli e Bruno Storni. Contrari invece Rocco Cattaneo, Fabio Regazzi, Marco Romano e Piero Marchesi. Lorenzo Quadri era assente.

 

Il Parlamento rimane dunque impermeabile a qualsiasi richiesta di trasparenza, anche timida, sulla capacità delle lobby d'influenzare le opinioni e il voto di un parlamentare. Neanche un mese fa, lo stesso Consiglio nazionale aveva bocciato l'obbligo per i rappresentanti eletti di dichiarare tutte le somme ricevute in relazione ai loro legami di interesse. Secondo un conteggio di Swissinfo, i 246 parlamentari svizzeri annoverano un totale di 1688 relazioni d’interesse, di cui poco meno della metà retribuite (780). L’iniziativa parlamentare del deputato socialista Mathias Reynard bocciata, chiedeva di conoscere gli importi delle retribuzione. Per la cronaca cantonale, a votar contro furono sei eletti ticinesi (Cattaneo, Farinelli, Marchesi, Quadri, Regazzi, Romano), mentre Gysin e Storni si erano espressi a favore.

 

Non è una questione da poco sapere se il parlamentare voterà in funzione degli interessi dei suoi elettori o di chi lo finanzia. Ad esempio, conoscere quanto il gruppo Mutuel retribuisca il consigliere agli Stati Marco Chiesa per i suoi servigi, è una questione di trasparenza democratica in un Paese dove i premi cassa malattia costituiscono una delle uscite finanziarie più importanti dei cittadini.

 

Anche perché i finanziatori, probabilmente, si aspettano dei risultati dai loro investimenti. Di esempi di capacità d’influenzare i dibattiti parlamentari, la storia elvetica ne è zeppa. Restando all’attualità più stringente, l’esempio arriva dall’iniziativa Multinazionali responsabili, su cui il popolo si eprimerà il prossimo 29 novembre.

 

Di rado un’iniziativa popolare ha avuto un iter così lungo, travagliato e caratterizzato da attività di lobbismo d’importanti soggetti del mondo economico elvetico. Anche in quel caso, la lobby economica è riuscita a imporsi annullando qualsiasi tentativo di controprogetto che avrebbe portato al ritiro dell’iniziativa. Alla fine dell’iter parlamentare, è uscito un controprogetto "alibi", fondato sulla presunta capacità di autoregolarsi delle multinazionali, senza alcuna sanzione o verifica in caso di violazioni dei diritti umani o ambientali perpetrate dalle stesse. Per queste ragioni, gli iniziativisti non hanno ritirato l'iniziativa, chiamando il popolo ad esprimersi.

 

Poiché il Palazzo si mostra imperbeabile a qualsiasi concessione alla trasparenza, al cittadino non resta che affidarsi alla perseveranza degli attivisti del sito Lobbywatch (non retribuiti) per capirne qualcosa di più.

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