L’oro svizzero che puzza

di Nestor Buratti

 

Si sa che la Svizzera è la principale piattaforma mondiale del commercio di oro. Dalle quattro principali raffinerie svizzere, tre delle quali basate nel Mendrisiotto, transitano circa i due terzi dell’oro (fisico) commercializzato nel pianeta.

Una situazione che fa della Confederazione un paese ad alto rischio. L’oro è in effetti una materia prima problematica, da un lato per le condizioni scandalose (lavorative e ambientali) con cui viene estratto in diversi Paesi del mondo, in particolare del Sud, e dall’altro perché il metallo giallo ben si presta al riciclaggio di denaro.

 

In passato, diversi rapporti hanno messo in luce l’operato delle raffinerie svizzere in traffici poco limpidi: dall’oro del Congo in guerra raffinato all’Argor-Heraeus di Mendrisio, a quello delle miniere artigianali latino-americane che arrivava alla Pamp di Castel San Pietro o alla Metalor di Neuchâtel, fino all’oro estratto dai bambini in Burkina Faso atterrato nella raffineria più grande del pianeta, la Valcambi di Balerna. Proprio la Valcambi è finita quest’estate nel mirino di due Ong, la svizzera Swissaid e l’inglese Global Witness. Sotto accusa il fatto di rifornirsi in maniera importante da una poco trasparente raffineria di Dubai, la Kaloti. Secondo diversi esperti, Dubai è diventata la principale piazza mondiale dell’oro sporco: dall’Emirato arriva e viene commercializzato l’oro insanguinato dei conflitti africani, come quello del Sudan. Kaloti avrebbe fuso dell’oro proveniente dal Darfour per poi inviarlo in Ticino dove, alla Valcambi appunto, veniva rifuso e trasformato in purissimo oro Swiss made.

 

Uno scandalo, insomma! Valcambi ha assicurato di effettuare controlli severi sui suoi fornitori. Una risposta vuota, che non basta. Tanto che la vicenda ha fatto innervosire persino le altre raffinerie svizzere, raggruppate in seno all’Associazione svizzera dei produttori e commercianti di metalli preziosi (ASFCMP). Come riportato dai giornali del gruppo Tamedia, di recente l’associazione ha chiesto a Valcambi di rinunciare all’oro in provenienza da Kaloti. “Tutti nel settore sanno che Kaloti è il problema”, ha affermato una fonte vicina al mondo dell’oro al giornale 24heures. Di recente i FinCEN Files hanno portato nuove ombre proprio sul fornitore dell’azienda ticinese: si parla di un’indagine aperta negli USA per riciclaggio di denaro e di enormi pagamenti in contanti tra Kaloti e un gruppo libanese attivo sia nell’oro che nel business delle auto usate. Una società tutt’altro che raccomandabile.

 

In questo contesto, la Svizzera, che da anni è sotto pressione internazionale per adeguare la sua legislazione agli standard internazionali, sta cercando di adeguarsi. Nel novembre 2018 il Consiglio federale ha dichiarato in un rapporto: “La Svizzera si impegna a livello nazionale e internazionale a garantire che l’oro prodotto in violazione dei diritti dell’uomo non venga importato in Svizzera. Il commercio dell’oro in Svizzera è regolato da una delle leggi più severe al mondo. In particolare, la legge sul controllo dei metalli preziosi e la legge sul riciclaggio di denaro mirano a garantire che l’oro trattato dai raffinatori non sia di origine fraudolenta”.

 

La legge sul riciclaggio di denaro sporco? Solo la catena di approvvigionamento tra la raffineria e il consumatore vi è soggetta, afferma lo stimato professor Mark Pieth in un libro del 2019. La legge non si applica a ciò che accade a monte della raffineria – dove il riciclaggio dell’oro tende a verificarsi. “Non c’è bisogno di guardare le leggi svizzere per capire che sono come il formaggio: morbide e piene di buchi”, scrive Pieth. E la Legge sul controllo dei metalli preziosi? Anche qui ci sono grosse lacune come ribadito in maniera severa da uno specifico rapporto pubblicato a luglio dal Controllo federale delle finanze.

 

L’Iniziativa multinazionali responsabili, su cui si voterà a novembre, potrebbe cambiare la situazione. Nell’attesa, i controlli sull’origine del prezioso metalli che entra in Ticino restano lacunosi.

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