Riduzione delle attività produttive e aiuti economici ai più deboli

PIAZZA APERTA - Sindacato Unia Ticino e Moesa

A voler mantenere tutto aperto, contrariamente a quanto fatto nei paesi limitrofi e in altri cantoni, siamo di nuovo ai piedi della scala.

 

La risposta delle autorità si limita ai rituali richiami alla responsabilità individuale. Di grande importanza, certo, ma che non possono sostituirsi alle responsabilità che dovrebbero dimostrare anche politica ed economia privata.

 

 

Impedire la trasmissione del virus

 

Per contenere il virus, dobbiamo ridurne la circolazione tra le persone. Per questo, al di là dei fondamentali gesti di protezione individuale, ridurre il numero delle persone che si spostano giornalmente dal loro domicilio è una misura essenziale. Logica conseguenza, le attività produttive devono essere ridotte il più possibile, pena la loro sospensione pura e semplice, come nel marzo scorso.

 

Diversi settori economici sono già in stato di lock-down tecnico, impediti di svolgere la loro attività. Un’autorità che facesse prova della stessa responsabilità richiesta alla popolazione imporrebbe lo stop completo di queste attività, sola misura realmente efficace nella lotta contro il virus, come per altro provato durante la prima ondata pandemica. In parallelo, diminuirebbero le attività produttive di tutti i settori economici, in modo da rendere tali misure efficaci e quindi queste diminuzioni più limitate nel tempo. Assumendo ovviamente i costi di tali riduzioni, alfine di evitare il collasso del sistema economico e sociale oltre che quello, pericolosamente vicino, del sistema sanitario.

 

 

Protezione della salute e sostegno economico alle fasce più fragili della popolazione

 

Questo significa prendere a carico l’integralità delle perdite salariali dei redditi più bassi, integrando le loro indennità di lavoro ridotto come fatto dal Canton Vaud, che le ha portate con decisione cantonale al 90%. Ma anche allargare il sostegno economico a tutti gli altri lavoratori e lavoratrici che ne abbiano ugualmente necessità (interinali, su chiamata, indipendenti, titolari salariati di piccole aziende, …) e prendendo a carico le perdite di fatturato direttamente riconducibili alla pandemia. Ad esempio, attraverso il Fondo di sostegno per i casi detti “di rigore”, attorno al quale dovrebbe per altro aprirsi un largo e trasparente confronto. Spese importanti, certo, ma che un paese come il nostro deve potersi permettere. Si tratta di una scelta politica. Ancora una volta, si tratta di responsabilità.

 

Stessa responsabilità che dovrebbe dimostrare anche tutto il mondo imprenditoriale, adottando dovunque e in modo sistematico le misure di protezione necessarie, cosa che ancora non succede come recentemente denunciato dal sindacato. E informando in modo trasparente i dipendenti di ogni eventuale focolaio, in modo che possano essere prese le misure necessarie quando queste si dovessero imporre. Trasparenza per creare fiducia, essenziale in ottica di protezione della salute pubblica.

 

 

Una risposta coordinata ed efficace a cavallo della frontiera

 

La macroregione di sviluppo del mercato del lavoro ticinese, comprendente quindi larghe porzioni di territorio oltre frontiera, deve reagire in modo coordinato. Ciò significa comunicare e collaborare, a partire ad esempio dal fondamentale contact tracing. Purtroppo, anche questo essenziale scambio di informazioni viene lasciato alla responsabilità individuale, a cavallo della frontiera. Frontiera che torna invece tristemente alla ribalta soltanto in occasione delle infelici esternazioni della presidenza del Consiglio di Stato, che siano ufficiali o “fuori onda”. Sempre a proposito di “responsabilità individuale”