Il terrorismo sbarca in Ticino?

di Red

 

Di fronte alle terribili notizie che giungevano da Lugano lo scorso 24 novembre, anche noi eravamo rimasti agghiacciati, con il pensiero rivolto alle vittime di quella violenta aggressione avvenuta alla Manor. 

Possibile che il terrorismo islamico fosse sbarcato ormai anche in Ticino, portando nel nostro quotidiano quel senso di sospetto e terrore a lungo rimasti confinati all’estero e negli schermi televisivi?

 

A dar retta ai nostri media, sembrava proprio di sì. La sera stessa, prima ancora che le autorità scucissero le prime informazioni nel corso di una confusa e opaca conferenza stampa, la parola “terrorismo” era già sulla bocca di tutti. Mentre la notizia impazzava sui vari portalini, i giornalisti del Quotidiano ripetevano in diretta TV che anche il Ticino ormai non era più sicuro, che il terrorismo islamico aveva portato i suoi orrori anche da noi. La mattina successiva, i quotidiani rincaravano la dose, ricordando ai lettori che il tempo in cui i Ticinesi potevano vivere in pace e senza pensieri era ormai passato, dovevamo prepararci a convivere con uno strisciante senso di terrore in ogni atto della nostra vita.

 

A meno di 24 ore dai fatti, arrivavano però i primi aggiornamenti delle autorità: la 28enne presunta terrorista era nota ai servizi della Confederazione perché nel 2017 si era innamorata di uno jihadista conosciuto sui social network e aveva provato a raggiungerlo in Siria, salvo poi farsi rispedire in Svizzera dalle autorità turche. Al rientro in patria, era apparso evidente che la giovane soffriva di seri problemi psichici, al punto che aveva dovuto essere collocata in un istituto psichiatrico. A parte quell’unico tentativo di recarsi in Siria, la diretta interessata non aveva mai fatto nulla che potesse attirare l’attenzione degli inquirenti, né prima né dopo il 2017. Più che di una terrorista legata alle reti dello jihadismo internazionale, insomma, era evidente che si trattava di una cittadina svizzera con gravi turbe psichiche.

 

A quel punto ci si sarebbe aspettati che il caso si sgonfiasse e che si lasciassero lavorare in pace gli inquirenti senza troppi allarmismi. E invece… Persino Gobbi, che è stato ben lieto di sfruttare l’opportunità per farsi passare come paladino della “law and order” di fronte alla minaccia terrorista, è risultato più pacato e moderato di certi “giornalisti” (le virgolette a questo punto sono d’obbligo) irresponsabili.

 

Dimostrando di voler mungere la notizia quanto più a lungo possibile, questi presunti “giornalisti” (in primis quelli del servizio pubblico) ci hanno ripetuto fino alla sfinimento che si era trattato “probabilmente” di un atto terroristico e che non eravamo più al sicuro, facendo ampio uso del condizionale ma sottintendendo comunque che lo jihadismo aveva ormai esportato un clima di terrore anche da noi. Anziché riconoscere che alla Manor aveva avuto luogo un aggressione con un coltello preso dagli scaffali del negozio da parte di una persona residente con disturbi mentali gravi, hanno cercato morbosamente lo scoop ad ogni costo, sfruttando cinicamente un tragico fatto di sangue solo per aumentare l’audience.

 

Come molti giornalisti e direttori delle nostre testate “rispettabili” hanno tenuto a ricordare negli scorsi mesi, lo scopo del terrorismo è di insinuare un clima di terrore, obbligando le cittadine e i cittadini di un paese pacifico a vivere nella paura dell’inaspettata violenza che in qualunque momento potrebbe abbattersi su di loro. Da noi però questo clima di terrore non l’ha importato la jihad, ma l’hanno creato ad arte tutti quei “giornalisti” che hanno preferito fare titoli altisonanti anziché rassicurare la popolazione riportando i fatti con il dovuto spirito critico.

Cari giornalisti irresponsabili, i veri terroristi siete voi.