di Franco Cavalli, presidente Medicuba Europa e vicepresidente Medicuba Svizzera
Notizie di viaggio a Cuba. Quasi come nessun’altra città al mondo, l’Avana di solito ribolle di vita: caffè e ristoranti strapieni, strade affollate dove i Cubani cercano di venderti le cose più improbabili, negozietti e bancarelle dappertutto, ...
... una moltitudine di giovani e meno giovani che affollano, spesso ballando e cantando, sino alle ore piccole, il lungomare, il leggendario Malecon. L’Habana Vieja poi, gioiello coloniale unico – anche se il suo rifacimento non è ancora concluso – invita anche i più pigri a trascorrere delle ore passeggiando nelle sue viuzze, ammirando piazzette e palazzi straordinari.
Dopo il mio primo viaggio nel 1986, sono andato a Cuba almeno una trentina di volte. Questa volta, quando sono arrivato il 7 novembre, ho trovato un’Avana che non conoscevo. Gran parte degli alberghi e dei ristoranti erano chiusi, i negozi erano solo parzialmente aperti, le persone (neanche una senza la mascherina!) sembravano tutte aver fretta di rientrare a casa. Della musica, le cui note di solito riempiono la città giorno e notte, non c’era neanche l’ombra. Ad impressionare poi erano le lunghe file d’attesa davanti ai negozi alimentari, file che non avevo più visto dagli anni novanta del secolo scorso, il cosiddetto “periodo especial” che aveva fatto seguito alla scomparsa dell’Unione Sovietica (evento che aveva portato al crollo del PIL cubano di quasi il 50%, riducendo l’isola – che prima del 1990 sembrava quasi il paese di Bengodi – letteralmente alla fame).
L’attuale crisi è in parte dovuta alla pandemia, ma soprattutto al folle indurimento del blocco economico con cui Trump cerca di affamare l’isola caraibica approfittando del Covid-19. Proprio nei giorni in cui mi trovavo all’Avana, Western Union confermava che per ordine presidenziale non avrebbe più eseguito trasferimenti di denaro verso Cuba. Scomparso il turismo, l’entrata principale per l’economia locale in tempi normali, è venuta così a mancare anche un’altra fonte importante di reddito, cioè quanto gli emigrati cubani negli Stati Uniti inviano di solito regolarmente alle loro famiglie. Anche se il governo cubano non ne vuol sentire parlare, il paese rischia sempre di più di trovarsi in una situazione molto simile a quella del “periodo especial”. L’unica vera differenza è che per intanto non è ancora ritornata la fame e, grazie ai trasporti provenienti dalla Russia e dall’Iran, le fila d’attesa alle pompe di benzina sono quasi normali.
Qualche lettore si domanderà a questo punto cosa io sia mai andato fare all’Avana, per di più in un momento dove l’aeroporto della capitale era ancora chiuso e per poterci arrivare (con un permesso speciale) ho dovuto volare in un charter tedesco a Varadero. Da alcune settimane questa e altre località turistiche sono difatti nuovamente aperte ai turisti, i quali però non possono uscire da un perimetro molto ristretto per questioni sanitarie.
Ci sono andato perché le autorità cubane hanno chiesto a MediCuba Europa un aiuto sostanziale per sviluppare i loro vaccini anti-Covid, dopo che durante la prima ondata in primavera la nostra associazione, che raggruppa sezioni in 14 paesi del continente, aveva apportato al paese aiuti per più di 600’000 euro, in gran parte utilizzati per comperare apparecchi per assicurare la respirazione meccanica ai pazienti ricoverati nelle cure intense. Allo scoppio della pandemia, diverse industrie con cui Cuba aveva già dei contratti per acquistare questi ventilatori avevano approfittato dell’esplosione del costo degli apparecchi, improvvisamente richiesti ai quattro angoli del globo, per rescindere i contratti esistenti con l’isola caraibica, incoraggiati anche dalle spinte degli USA.
Le ragioni del viaggio questa volta erano dettate dalla richiesta per degli apparecchi di laboratorio con cui misurare nei volontari dei test clinici per il vaccino anti-Covid 19 il comportamento di una serie di cellule, tra cui i globuli bianchi, che sono deputati a combattere il virus. E sì, perché tra gli oltre 40 vaccini che si stanno sperimentando un po’ dappertutto nel mondo, c’è anche il filone cubano. Ed il comitato esecutivo di MediCuba Europa, prima di prendere una decisione definitiva, mi aveva chiesto di andare sul posto a verificare i dati.
Ho quindi passato diverso tempo all’Istituto Finlay, uno dei 32 istituti che compongono il polo di ricerca dell’Avana, oggi rinominato BioCubaFarma, dove lavorano oltre 20’000 persone. Questo istituto ha una lunga tradizione nel campo dei vaccini: è stato per esempio il primo a produrne uno contro i meningococchi, cioè i batteri che provocano la meningite.
Come ho già avuto occasione di discutere in modo più dettagliato in altri media, la base scientifica per questi vaccini è estremamente solida: Cuba ne ha già due nella fase di valutazione clinica ed un paio d’altri ancora in fase di laboratorio. Saranno però i risultati dei test sui volontari a determinare se è e quanto è efficace il vaccino. Mentre Soberana 2 è stata iniettata ai primi probandi proprio nei giorni in cui io mi trovavo sull’isola, all’incirca 200 volontari avevano già ricevuto Soberana 1. Per intanto non si era verificato nessuno effetto collaterale di rilievo. Questo vaccino si trova ora nella fase 2, quando se ne verifica cioè l’efficacia in laboratorio, e si spera di poter iniziare la fase 3 verso la fine dell’anno: questa comprenderà molte migliaia di volontari, di cui la metà riceverà il vaccino, l’altra no. Gli specialisti del Finlay sperano di avere i primi risultati verso la fine di marzo e di poter quindi poi cominciare con la vaccinazione della popolazione all’inizio dell’estate.
Ci sono almeno 4 o 5 piattaforme diverse con cui produrre possibili vaccini contro questo nuovo Coronavirus. Alcune producono dei farmaci, come per esempio quello molto pubblicizzato ultimamente dalla Pfizer, che devono essere immagazzinati a temperature estremamente basse. La piattaforma cubana potrebbe invece permettere di avere un prodotto che dovrebbe rimanere stabile ed utilizzabile anche ad alcuni gradi al di sopra dello 0. È quindi probabile che alla lunga ad essere favoriti saranno soprattutto quei vaccini che avranno meno effetti collaterali e saranno di più facile utilizzazione.
Di questo e di tante altre cose ne ho parlato a lungo con il Dr. Moya, Direttore dell’ufficio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) all’Avana. Egli ha sottolineato come, in base anche a discussioni avvenute con tutta una serie di specialisti, l’OMS sia molto interessata a questo vaccino cubano, che potrebbe essere utile soprattutto per i paesi poveri del Sud. Egli mi ha poi espresso la sua profonda ammirazione per come Cuba stia riuscendo a controllare la pandemia. Anche io ne sono rimasto esterrefatto. Basti pensare che con meno di 150 morti, Cuba ha 100 volte meno decessi del Belgio pur avendo una popolazione molto simile e all’incirca 50 volte meno decessi che noi in Svizzera, con le dovute proporzioni.
Certo il fatto di essere un’isola ha aiutato, ma ciò non basta a spiegare queste enormi differenze. Sono ben altri i fattori più importanti. Dapprima la prevenzione: all’Avana non ho visto una singola persona in strada senza la mascherina, ad ogni piè sospinto ti si disinfettano le mani e ti si prende la temperatura, e l’informazione alla popolazione è capillare. Ogni persona risultata positiva al tampone (se ne fanno da 9 a 10’000 al giorno) viene immediatamente ricoverata per almeno 10 giorni e rilasciata solo dopo che il test si è definitivamente negativizzato e la persona non ha nessun sintomo. Durante la prima ondata, coloro che dovevano fare la quarantena venivano raccolti in centri della protezione civile o in altre istituzioni comunitarie. Ora questo avviene solo per chi vive in condizioni molto disagiate (molte persone in un monolocale), mentre tutti gli altri rimangono a domicilio ma vengono visitati giornalmente da un medico, da uno studente in medicina o da un’infermiera domiciliare. Le persone in quarantena ricevono inoltre una serie di trattamenti preventivi che dovrebbero aumentare la resistenza del sistema immunitario, anche se su questo aspetto non esistono dimostrazioni scientifiche definitive. Tutto il personale sanitario viene trattato quotidianamente con uno spray nasale a base di interferone, una sostanza antivirale.
Il principio a Cuba è “la vita umana non ha prezzo”, per cui nonostante la difficile situazione economica lo Stato non risparmia nulla nella lotta contro il Covid. Questa è una lezione che molti nostri politici dovrebbero imparare, invece di cedere immediatamente alle richieste dei circoli economici dominanti. Ma non mi faccio nessuna illusione che ciò capiterà.
Sono arrivato a Varadero il 7 novembre, giorno in cui era ormai sicuro che Joe Biden sarebbe diventato presidente degli Stati Uniti. Sapevo che avrei portato fortuna ai cubani: 12 anni fa ero arrivato all’Avana proprio il giorno in cui Obama veniva nominato per la prima volta. I cubani sanno benissimo che Joe Biden non è molto di sinistra: stanno vivendo però ancora adesso sulla loro pelle cosa significa aver avuto un presidente come Trump. Inoltre da diverse fonti mi è stato garantito che all’interno dell’amministrazione Obama, Biden fosse già allora uno dei più aperti ad una collaborazione con Cuba, soprattutto nel campo della sanità e della ricerca. Ecco perché ho sentito molti dirmi: “Joe, per favore, dacci una mano!"
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