Bellinzona. Osservazioni sul PAC

di Enrico Geiler

 

Le autorità di Bellinzona hanno svelato il Programma d’azione comunale (PAC) che delinea le linee guida per la pianificazione futura della città. 

Il documento, presentato in occasione di una serata informativa piuttosto specialistica che non ha suscitato l’entusiasmo del pubblico presente, è basato sulle proposte di tre gruppi di urbanisti e paesaggisti (di cui uno d’oltralpe e uno straniero) che sono state esposte a Palazzo civico nelle scorse settimane.

 

Gli specialisti hanno posto l’accento sulla mobilità dolce e la rinaturazione della città e del fiume Ticino. Oltre all’assenza di esempi concreti, bisogna però segnalare che le vere novità sono poche, fatto che lascia trasparire qualche carenza nella conoscenza del nostro territorio.

 

Il PAC propone una visione per i prossimi vent’anni della città di Bellinzona e i suoi quattordici quartieri. Diversi aspetti sono assolutamente condivisibili, in particolare quando si parla di mobilità dolce e di rinaturazione di città e fiume Ticino, di migliorare la qualità di vita, di sviluppare start-up e posti di lavoro qualificati, ecc. Il programma non prevede però delle modifiche sostanziali per il piano viario della città: l’organizzazione attorno all’asse stradale che attraversa la zona urbana di Bellinzona da nord a sud è mantenuta. La maggior parte delle seppur lodevoli proposte sono quindi solo degli aggiustamenti cosmetici o opere di arredo urbano e giardinaggio che non vanno a toccare uno dei problemi principali della struttura della città.

 

Il territorio urbano di Bellinzona è caratterizzato dalla vecchia murata cinquecentesca che divide il la città in due parti oggi collegate dall’unico trafficatissimo asse Castione–viale Portone–Camorino e crea un collo di bottiglia. Anche il nuovo semi-svincolo di via Tatti non risolverà questo problema. Eppure le soluzioni possibili per risolvere questa situazione non mancano, per esempio creando già oggi un asse alternativo lungo via Mirasole– via Cattori–via dei Gaggini–via Tatti come proposto a suo tempo dal compianto Tita Carloni. In alternativa si potrebbe ipotizzare un secondo accesso all’autostrada lungo via Giuseppe Lepori.

 

A Bellinzona lo spazio è limitato, da cui la necessità di sovrapporre le infrastrutture. Si tratta dunque di creare due livelli: un livello inferiore per il traffico veicolare e un livello superiore per la mobilità dolce, come fatto ad esempio con la passerella del bagno pubblico. Perché non prendere in considerazione una tale infrastruttura per collegare Piazzale Mesolcina con Piazza del Sole e il futuro autosilo in via Tatti con il centro città?

 

Coprire l’autostrada, poi, permetterebbe di creare spazio utile per varie infrastrutture, tra cui una pista ciclabile e zone verdi. Ci starebbe anche una nuova strada tangenziale per il traffico locale da Castione a Sementina con varie “porte di accesso alla città”. Nel PAC il concetto delle porte di accesso è contemplato, però limitatamente al traffico dolce. Inoltre continuando con i costosi interventi parziali come i ripari fonici, alla fine avremo speso quanto costerebbe eseguire subito la copertura totale dell’autostrada.

 

La suddetta tangenziale, proseguendo in galleria oltre Gudo fino alla rotonda dell’aeroporto, potrebbe costituire in modo semplice e poco costoso l’agognato allacciamento A2-A13. A Bellinzona il traffico per Locarno sarebbe separato dal traffico di transito e da quello per Lugano già a partire dal centro della città scaricando piazza Grande di Giubiasco. Purtroppo nel piano programmatico manca completamente anche questa visione inter-regionale.

 

Il PAC include un accenno ai fabbisogni futuri della città, ma sorvola su temi scottanti come lo sfitto e l’attuale sovra-edificazione, i volumi di traffico, l’ubicazione di possibili edificazioni in altezza. E ignora completamente la questione degli orti pubblici. Mancano pure delle proposte per la collina di Castel Grande, che potrebbe essere utilizzata per creare ampi spazi espositivi sotterranei, così come non sono contemplate la possibilità di creare una funicolare di accesso al castello di Montebello a partire dal viale della Stazione e la necessità di imporre già oggi dei vincoli nel Piano regolatore (PR) per questa e altre infrastrutture pubbliche. Nei progetti sono poco evidenziati inoltre gli accessi ai castelli e non si trova nessun accenno a un sentiero di accesso al castello di Montebello a partire dalla Cervia e relativa stazione FFS.

 

Le sfide che attendono la città di Bellinzona sono molteplici: anziché concentrate tutto nei centri commerciali periferici andando a creare enormi volumi di traffico privato, occorre mantenere o riportare nei quartieri il negozio di generi di base e altri servizi come l’ufficio postale, uno studio medico, un ristorante e altri punti di aggregazione e socializzazione. E non bisogna dimenticare che per rendere la città più a misura di pedone bisogna lavorare anche nei quartieri, a partire da Piazza Grande di Giubiasco, nella quale si potrebbero introdurre sottopassaggi e/o percorsi sopraelevati.

 

Per concludere, il PAC è sicuramente uno strumento lodevole, utile e necessario. Tuttavia da semplici utenti abbiamo l’impressione che soprattutto gli specialisti provenienti da fuori Cantone, non conoscendo a fondo la nostra città e il suo funzionamento, si siano limitati a rilevare la situazione esistente e applicare i moderni principi di pianificazione urbana (centri di sviluppo, tanto verde “cosmetico”, corsie per il traffico dolce, trasporto pubblico, fibra ottica, ecc.). Esclusa l’importante rivitalizzazione del fiume Ticino, promossa anche dal sindaco Mario Branda (LaRegione 13.10.2020), sono state ignorate molte delle sagge proposte di 50 anni orsono di Tita Carloni, che pure erano state esposte recentemente al Castelgrande. Dietro ai grandi proclami e alla patina di novità dei progetti presentati, a mio avviso, c’è parecchio immobilismo. Rimane tuttavia la speranza che il PAC venga adattato man mano alle reali necessità contingenti della Città e della sua popolazione.

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