L’esercizio alibi dei casi di rigore

di ForumAlternativo

 

Nel confronto con i paesi confinanti, il Consiglio federale si è rivelato il più avaro nel sostenere le salariate e i salariati, così come le piccole e medie imprese, di fronte alla crisi dovuta alla pandemia. E sarà così anche nell’immediato futuro, perché ben poco cambierà con i casi di rigore, propagandati come soluzione di sostegno concreto. 

Facciamo due calcoli. Al Ticino, stando alle discussioni attuali, dovrebbero arrivare 100 milioni per i casi di rigore. Si stima che le imprese che dovrebbero beneficiarne siano 5mila. In media aritmetica, ciò significa 20mila franchi per impresa. Di principio, i casi di rigore dovrebbero coprire parte delle perdite accumulate durante tutta la pandemia. Per molte attività, ciò significa i due mesi di chiusura della primavera e quelli successivi della seconda ondata. Per altri, come nel mondo della cultura, chi vive di eventi o le agenzie viaggio, ciò equivale addirittura a quasi un anno di blocco totale delle attività.

 

Ora, non bisogna essere dei contabili diplomati per capire che questi fondi non basteranno mai per tutte le casistiche che avrebbero legittimamente diritto a questi fondi – vale la pena di ricordare che si tratta di attività a cui è stato impedito di lavorare, per preservare a giusta causa la salute di tutte e tutti. Perché la lista è lunga, e va ben oltre le 5mila imprese stimate dal Cantone. Va poi sottolineato che la maggior parte del sostegno sarà fornito in forma di debito (fideiussioni 25%), mentre ben poco sarà a fondo perso (al massimo un 10%). I casi di rigore creeranno quindi nuovi debiti che andranno ad aggiungersi a quelli già accumulati in primavera per poter saldare le fatture di affitti o fornitori. Debiti che peseranno come un macigno nei lunghi mesi di stagnazione economica che ci aspettano, con le banche pronte a raccoglierne i cocci.

 

In sintesi, la torta è troppo piccola e le fettine che spetteranno a tutti gli aventi diritto saranno minuscole.

 

La colpa è della pasticceria che ha preparato la torta, quel Consiglio Federale che ha messo sul piatto 2,5 miliardi e aggiuntivi 750 milioni non ancora definitivi. Pochi, molto pochi rispetto ai paesi confinanti. Andate a vedere quello che ha messo sul piatto Frau Merkel e vi farete un’idea di cosa voglia dire chiusura e sostegno.

 

Anche a livello federale, i calcoli sono presto fatti. Si parla di 3,25 miliardi che secondo le ultime stime dovrebbero andare a beneficio di circa 100mila imprese. In media, stiamo parlando di circa 32mila franchi a impresa. E bisogna sottolineare che si tratta di una media, un concetto alquanto illusorio: se siamo in due e io mangio due polli, in media ne avremo mangiato uno a testa… Insomma, allo stadio attuale i casi di rigore sono un’illusione di prestigio, un miraggio di aiuti che non arriveranno mai e che genereranno nuovi debiti – e il tutto mentre è già in corso la macelleria sociale, destinata ad aggravarsi.

 

Il vero responsabile di questo scempio è il pasticcere Ueli Maurer, coadiuvato dal ministro dell’economia Guy Parmelin. Sono loro che hanno in mano i cordoni della borsa e che si rifiutano di allargarla. Sono i due esponenti Udc, il partito del neoliberismo e del dogma del meno Stato, nonché figlioletti politici di Blocher – quel gran signore che ha chiesto retroattivamente 2,7 milioni di franchi di pensione allo Stato proprio nell’anno della pandemia, durante il quale il suo patrimonio familiare è cresciuto di ben 4 miliardi di franchi lievitando così a 15 miliardi.

 

Quando ci si arrabbierà perché lo Stato svizzero ha lasciato andare sul lastrico migliaia di piccole realtà imprenditoriali e di singoli lavoratori indipendenti, maglie fondamentali del nostro tessuto economico, ci si ricordi di chi sono gli autori di questo massacro sociale: i capitani neoliberisti a cui piace sventolare la bandiera rossocrociata mentre il paese sprofonda.