di Federico Rampini
Donne, neri, ispanici, indiani, gay: il "manuale Cencelli" del presidente Usa soddisfa le richieste del "politically correct", ma avvia la nuova amministrazione su una strada centrista e caratterizzata da persone parte dell'establishment.
Joe Biden ha incassato al Senato le prime conferme della sua squadra, le caselle si riempiono una dopo l’altra. Il nuovo esecutivo ha due volti: quello appariscente e quello più discreto. Alla superficie è un trionfo della “diversità”: etnica, sessuale, generazionale. Una foto di gruppo coloratissima, che si differenzia nettamente dal governo di Donald Trump. Dietro le apparenze che soddisfano tutte le regole della sinistra politically correct, la squadra Biden è segnata dal predominio dei moderati, centristi, appartenenti all’establishment, all’élite tradizionale. Soprattutto nei posti di comando più delicati per la politica estera, la sicurezza nazionale, l’economia.
Il manuale Cencelli
Biden ha scelto la prima donna alla guida del Tesoro, il primo afroamericano al dicastero della Difesa, il primo ispanico al superministero delle polizie e dell’immigrazione, la prima “nativa-americana” (indiana d’America) a gestire le risorse forestali e riserve naturali. Ha usato la sua versione del “manuale Cencelli”, come veniva chiamato nella Prima Repubblica italiana il dosaggio delle cariche pubbliche fra i partiti di governo o le correnti di partito. Ma le apparenze ingannano. Dietro il politically correct spunta l’establishment, per ora il vero vincitore. Malgrado alcune nomine a effetto e la netta diversificazione sia femminile sia etnica, si tratta di un esecutivo moderato. La scusa ufficiale è che il Senato a maggioranza repubblicana non ratificherebbe nomine di personaggi troppo radicali. La verità è che questo corrisponde al "vero" Biden. I malumori a sinistra ci sono. L’ala più radicale del partito prima ha provato a contestare il Cencelli di Biden: prevede ancora troppi maschi bianchi anziani, non sono mai abbastanza le donne, i neri, le altre minoranze. Ma su quel terreno Biden ha finito per zittire molte critiche perché il tasso d’innovazione della sua squadra è davvero elevato: Janet Yellen farà storia al Tesoro, e insieme a lei altre donne occuperanno le cariche economiche più importanti; un’altra donna, e afroamericana, Susan Rice, avrà le redini di tutte le politiche domestiche di questa Amministrazione; anche Lloyd Austin segnerà un primato alla guida del Pentagono; idem per Xavier Becerra alla Homeland Security e Deb Haaland della tribù Pueblo of Laguna al ministero dell’Interno; senza dimenticare Pete Buttigieg, sposato con un uomo, ai Trasporti.
L'agenda politica identitaria
Ma a furia di perseguire un’agenda politica “identitaria”, l’ala sinistra è finita nella trappola di Biden. Il quale ha manovrato il suo Cencelli in modo da avere tutti gli alibi, e una foto di gruppo ineccepibile, salvo che su un punto: la linea politica. Non c’è l’ombra in questo esecutivo di seguaci di Bernie Sanders o Elizabeth Warren, di #MeToo o di BlackLivesMatter. Ci sono ambientalisti, a cominciare da John Kerry che sarà il super-ambasciatore degli Stati Uniti per la lotta al cambiamento climatico, ma più establishment di Kerry si muore: ex-segretario di Stato, ex-candidato alla Casa Bianca (sfidò George W. Bush nel 2004, perdendo), sposato con la miliardaria erede dell’impero Heinz. Anche nomi meno noti, ma cruciali per l’influenza che avranno alla Casa Bianca – il chief of staff Ron Klain, il segretario di Stato Anthony Blinken – sono puri prodotti dell’establishment democratico. Tutti rigorosamente moderati, centristi, talvolta obamiani o clintoniani, più spesso compagni di strada di Biden da molti anni. Così come moderata e centrista è Kamala Harris, la vicepresidente. Donna di colore, sì, ma un falco dell’ordine pubblico quando fu ministro di Giustizia della California.
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