Sensibilizzare, organizzare, mobilitare

Intervista a Marc Botenga di Damiano Bardelli

 

Alzi la mano chi ha già sentito parlare del Partito del Lavoro del Belgio (PTB/PVDA)! Visto che la politica belga è poco seguita dai nostri media e dalla grande stampa internazionale, è probabile che questo nome non vi dica molto. 

Le nostre lettrici e i nostri lettori di lunga data, però, si ricorderanno senz’altro di questo partito fieramente marxista del quale vi abbiamo già parlato in passato.

 

Fondato nel 1979 e relegato per oltre trent’anni al ruolo di formazione extraparlamentare marginale, nell’ultimo decennio il PTB si è affermato come una delle principali forze di opposizione del Belgio, in particolare grazie ad un impressionante lavoro di radicamento sul territorio e nei luoghi di lavoro, oltre che ad una strategia di comunicazione moderna ed efficace. Oggi, il PTB conta oltre 20’000 membri (a titolo di confronto e con le dovute proporzioni, i Verdi Svizzeri ne hanno un terzo in meno), numerosi eletti nei parlamenti comunali e regionali, 12 deputati – di cui 4 operai – al parlamento federale (su 150 seggi) e un eurodeputato (sui 21 della delegazione belga).

 

Per capire meglio le ragioni di questo successo, ci siamo rivolti a Marc Botenga, deputato europeo del PTB dal 2019. Classe 1980, figlio d’insegnanti di lingue, giurista poliglotta e senza peli sulla lingua, Botenga offre dei ricchi spunti di riflessione per il futuro della sinistra – spunti dai quali il ForumAlternativo ha molto da imparare.

 

 

Da quando il PTB ha tenuto il suo “congresso del rinnovamento” nel 2008, avete trasformato quella che era una piccola formazione extraparlamentare marginale in una delle principali forze d’opposizione del Belgio. Quali novità avete introdotto nell’ultimo decennio? Quali sono i temi che vi stanno più a cuore?

 

Il cambiamento principale concerne soprattutto il nostro approccio in materia di comunicazione e di organizzazione. Nel 2008, abbiamo concretizzato il desiderio di restare un partito marxista, fermo sui suoi principi, ma anche di diventare un partito flessibile, capace di adattarsi ad un mondo in rapida mutazione. Il PTB è un partito della classe lavoratrice presa nel suo senso più ampio, un partito del XXI secolo che cerca costantemente di sensibilizzare, organizzare e mobilitare nel miglior modo possibile. Oggi siamo considerati come un partito che avanza delle proposte e delle soluzioni concrete, sia sociali che ecologiche.

 

Il PTB, infatti, punta i riflettori sui problemi sociali della popolazione e li include nella sua agenda politica: i salari, la salvaguardia dei posti di lavoro, le pensioni, le fatture, una tassa dei milionari e una transizione ecologica sociale. Lavorando in questo modo, otteniamo anche delle vittorie: nell’ottobre 2019, per esempio, siamo riusciti ad ottenere in parlamento l’approvazione di un emendamento per la creazione di un Fondo d’urgenza per le cure mediche, dando uno sbocco concreto alle rivendicazioni del personale sanitario che manifestava da mesi. Un risultato reso possibile anche dalla pressione delle piazze. Siamo in grado di presentare delle proposte concrete proprio perché conosciamo le preoccupazioni dei lavoratori: i temi di cui ci occupiamo sono quelli della realtà quotidiana delle persone comuni. E le persone apprezzano questa autenticità del PTB, sanno che non ci limitiamo a blaterare su quello che succede nelle fabbriche e nei quartieri, ma che noi stessi viviamo la stessa realtà quotidiana. E questo è una conseguenza diretta dei nostri principi, dal momento che i nostri eletti vivono con un salario medio da lavoratore.

 

Un altro aspetto che spiega la nostra crescita è appunto la nostra comunicazione, che attira spesso l’attenzione di altri partiti o movimenti. Siamo passati da una comunicazione per lo più cartacea ad una comunicazione principalmente digitale. Sebbene i mezzi a nostra disposizione siano di gran lunga inferiori rispetto a quelli di altri partiti, abbiamo saputo trarre il massimo dalla combinazione di solidi contenuti con una comunicazione moderna e una forte presenza sul territorio.

 

 

Uno dei marchi di fabbrica del PTB è il progetto “Médecine pour le peuple”, attivo da oltre quarant’anni, a cui è collegata anche l’ONG “Médecine pour le tiers-monde”. Di cosa si tratta?

 

Fondato nel 1971, “Médecine pour le peuple” (MPLP) è anzitutto una rete di undici centri medici situati principalmente in regioni o città operaie. MPLP offre delle cure di prima linea, con medici generalisti, infermiere e infermieri, dietisti, ma anche con assistenti sociali, personale d’accoglienza e amministrativo, ecc. Ma MPLP è anche un’organizzazione che si batte per il diritto alla salute, in una società in buona salute. Il lavoro medico è associato a delle azioni di mobilitazione per l’accesso alle cure mediche o l’abbassamento del prezzo dei medicamenti. Tutte lotte necessarie, come messo in evidenza anche da questa pandemia di fronte alla quale i nostri sistemi sanitari si sono rivelati estremamente impreparati, in particolare per quel che concerne le cure di prima linea che sono state trascurate per molti, troppi anni.

 

MPLP applica una strategia di empowerment che ha per obiettivo di organizzare le persone nelle lotte collettive locali per delle migliori condizioni di vita e di lavoro. Il legame tra politica e sanità è diretto. Si pensi a quelli che l’OMS chiama i “determinanti sociali della salute”: la nostra salute dipende dalle nostre condizioni di vita e di lavoro. La salute non dipende solo dall’accesso alle cure mediche, ma anche dall’abitare in un alloggio decente, da un ambiente sano, da un lavoro di qualità. A livello locale, ci siamo battuti per esempio contro una fabbrica che era all’origine di un forte inquinamento da piombo, e siamo stati molto attivi contro la costruzione di una nuova autostrada che avrebbe generato molte più polveri sottili, con tutte le conseguenze del caso sul sistema cardiorespiratorio. Adesso, ci stiamo occupando evidentemente della campagna per togliere dalle mani di “Big Pharma” il vaccino contro il Covid-19.

 

“Médecine pour le tiers monde”, invece, ha nel frattempo cambiato nome e si chiama ormai “Viva Salud”. È una ONG belga convinta che ogni individuo e ogni comunità abbia diritto ad una buona salute. Ecco perché Viva Salud sostiene diversi movimenti sociali, nei diversi paesi del Sud del mondo – dalla Palestina alle Filippine – nella loro lotta per il diritto alla salute.

 

 

In un periodo di forte disillusione verso la politica, il PTB è stato in grado di decuplicare i suoi aderenti in poco più di un decennio. Come spiegate questa crescita? Da quali classi sociali è composta la vostra base militante?

 

Siamo totalmente diversi dai partiti tradizionali. E non lo nascondiamo. Niente parole, ma atti concreti, sul terreno; implicare le persone anche fuori dei periodi elettorali: questo è il nostro DNA. Abbiamo dei gruppi di base sui luoghi di lavoro – attività principale del nostro partito – ma anche nei quartieri. Difendiamo una stessa linea politica, con delle proposte attuali e ambiziose e delle azioni concrete. Tutto questo ha una conseguenza importante sul profilo del nostro partito.

 

Il rinnovamento ha giocato un ruolo importante nella nostra crescita. Prima, piazzavamo la barra molto in alto per quel che concerne i criteri d’adesione al partito. Oggi, abbiamo diversi livelli d’adesione, incluso un gruppo di persone vicino al partito che ci versano 20 euro all’anno su internet e non sono interamente organizzate. L’introduzione, nel 2008, di questa misura è stata un grande passo avanti per tutto il partito. Prima si doveva essere un marxista cosciente per entrare nel partito, ora abbiamo una fascia molto più ampia di simpatizzanti che si politicizza agendo al nostro fianco.

 

In Belgio, l’industria manifatturiera resta il cuore della produzione di valore aggiunto, i servizi si strutturano spesso attorno ad essa. Ma ci sono anche dei lavoratori nel settore della salute, dell’educazione, della cultura,… La classe operaia è sempre più diversa e con origini differenti, con diverse tipologie di status, di carriera, di contratto,… Vogliamo che il nostro partito rifletta queste diverse categorie. E l’unico modo per farlo è di lavorare al fianco dei lavoratori per portare l’attenzione sulle loro preoccupazioni e per realizzare le loro rivendicazioni. E non bisogna dimenticare che quando si costruisce un’organizzazione si deve anche fare in modo di integrare le diverse generazioni. È un esercizio non facile, che richiede di implicare le nuove generazioni a tutti i livelli del partito.

 

 

Affinché un partito possa crescere e incidere nella vita politica, è necessario che sia organizzato in modo efficace e che sia in grado di entusiasmare la sua base. Com’è organizzato il PTB? Come fate a coinvolgere la vostra base militante? Oltre all’attività politica proponete anche dei momenti di formazione e di svago?

 

Certo, la formazione, le attività sociali e le azioni locali sono tutte fondamentali. Il cuore pulsante del nostro partito sono i gruppi di base. Sviluppano in modo creativo il lavoro del partito nelle loro imprese, nei quartieri o su temi come la cultura o la solidarietà internazionale. Così facendo, contribuiscono anche al reclutamento di nuovi membri. Anche con la crisi della pandemia non ci siamo mai fermati. MPLP ha giocato un ruolo d’avanguardia nella lotta al Coronavirus, in particolare nelle case di riposo.

 

Quest’inverno, abbiamo lanciato la campagna #UnHiverSolidaire (“un inverno solidale”). Abbiamo raccolto dei computer portatili per i giovani che non ne hanno uno a casa, in un momento in cui questo è diventato essenziale a causa dell’insegnamento a distanza. Ma abbiamo anche distribuito giocattoli per bambini, preparato centinaia di litri di zuppa per il personale sanitario, organizzato delle raccolte di cibo in collaborazione con le organizzazioni locali di lotta contro la povertà. I nostri membri hanno scritto lettere alle persone anziane nelle case di riposo, preparato delle torte per il personale della nettezza urbana e del commercio al dettaglio. Infine, abbiamo organizzato una rete di volontari per aiutare gli scolari a fare i loro compiti. Così facendo, sviluppiamo non solo in concreto la solidarietà, sul terreno, ma agiamo anche in modo strutturale sulle disuguaglianze. Con questa campagna, rivendichiamo per esempio che il governo affronti in modo strutturale le disuguaglianze della nostra società. In Belgio, un paese europeo ricco, oggi più di 200’000 persone devono far ricorso ai banchi alimentari. Mentre nello stesso tempo i 100 Europei più ricchi hanno fatto ulteriori guadagni con la crisi sanitaria, aumentando la loro fortuna di 120 miliardi di euro. Le soluzioni per risolvere questi problemi non mancano: per questo, oltre alla solidarietà, organizziamo anche la lotta per una tassa dei milionari e un salario minimo di 14 euro all’ora.

 

 

In questi ultimi anni, l’Unione Europea ha confermato a più riprese di essere un’istituzione funzionale al grande capitale europeo e allineata con la NATO. Come si posiziona il PTB rispetto all’UE, e che prospettiva avete portato al Parlamento europeo?

 

Abbiamo una visione europea. Delle questioni concrete, dal cambiamento climatico all’accoglienza dei rifugiati, richiedono un approccio europeo. La lotta di classe, oggi, richiede anch’essa una dimensione europea. I piloti di Ryanair avrebbero potuto vincere il loro diritto ad una rappresentanza sindacale senza una minaccia di sciopero europea? Quale sarebbe oggi lo statuto dei dockers senza il loro movimento europeo? Quello che vale per la lotta di classe vale anche in conseguenza per la costruzione di una società totalmente diversa. Una rottura con il capitalismo richiede una prospettiva perlomeno europea. Il socialismo in un paese solo si farebbe distruggere.

 

Ma non bisogna confondere l’Europa con l’Unione europea. Questa Unione europea è stata disegnata dalle grandi multinazionali europee. Ciò appare in modo perfettamente chiaro se si pensa anche solo al ruolo giocato dalla Tavola rotonda degli industriali europei negli anni 1980. È chiaro che non sarà con un emendamento al Parlamento europeo che cambieremo le cose. Ma con la squadra del PTB cerchiamo di utilizzare la nostra presenza al Parlamento europeo per mobilitare attorno alle lotte europee e mettere in relazione le lotte di diversi paesi. Contro la distruzione della salute pubblica a causa delle politiche di austerità, abbiamo organizzato degli scambi tra personale sanitario e attivisti della sanità di una decina di paesi, appena prima della crisi Covid-19. Di fronte ad un attacco di scala europea sulle pensioni, abbiamo promosso delle lotte comuni, sostenendo i movimenti in Francia, in Spagna, portando la nostra esperienza di lotta in Belgio, e imparando al contempo dall’esperienza vittoriosa dei sindacati croati. E in giugno abbiamo lanciato una petizione europea per fare del vaccino contro il Covid-19 un bene comune (“No Profit on Pandemic”).

 

Questa strategia europea necessita di un’intensificazione delle collaborazione tra i partiti della sinistra autentica, dei sindacati, dei movimenti a livello europeo o regionale. Le multinazionali hanno cristallizzato la loro unità europea attraverso le istituzioni esistenti. Noi dobbiamo costruire la nostra. Dal momento che un movimento è radicato in diversi paesi, i dirigenti politici ed economici tremano. Si può considerare la questione europea come una partita di calcio. Di fronte a noi, ci sono undici giocatori che seguono la tattica del loro allenatore. Se scendiamo in campo senza metterci d’accordo sulla tattica da seguire, ci facciamo battere 5 a 0. Ma se prima sviluppiamo una strategia negli spogliatoi, e scendiamo in campo con l’intenzione di giocare come squadra, il nostro avversario non potrà resisterci. Questa è l’Europa delle lotte di cui abbiamo bisogno.

 

 

Avete dei consigli per chi, come noi, vi considera come un esempio da seguire?

 

Nelle risposte precedenti, ho cercato di descrivere il nostro DNA. Ma è chiaro che ogni partito deve cercare e trovare la sua via, cercando il modo di sensibilizzare, organizzare e mobilitare al meglio in funzione del proprio contesto. Trovando il modo di incarnare nel quotidiano questa alternativa radicale ai partiti tradizionali alla quale aspirano i lavoratori. E diciamolo senza nasconderci: se la sinistra non si oppone chiaramente al grande capitale, l’estrema destra continuerà a proporre ai lavoratori degli altri nemici per imporre le sue ricette reazionarie.

 

In ogni caso, l’entusiasmo è fondamentale nella lotta. La sinistra lo dimentica troppo spesso: non basta parlare al cervello, bisogna anche parlare al cuore delle persone. Per farlo, i partiti di destra costruiscono delle narrazioni propagandistiche a partire da casi concreti: ad esempio, prendono un caso (vero o falso) di persone che ricevono ingiustamente le indennità di disoccupazione, e su quello costruiscono tutta una narrazione secondo cui la sicurezza sociale è troppo generosa, i disoccupati o gli immigrati sono degli approfittatori, ecc. Con lo scopo di proteggere il grande capitale – che non rimettono mai in discussione – costruiscono queste narrazioni che spingono le persone a detestare i loro vicini. Non serve a molto combattere questa propaganda solamente con delle statistiche sulle disuguaglianze. Non toccheremo mai i cuori delle persone con dei numeri. Abbiamo bisogno di una nostra narrazione entusiasmante. Prendiamo il caso di un lavoratore che non arriva alla fine del mese, mentre il suo datore di lavoro incassa profitti da record. E mostriamo in seguito che questo lavoratore non è solo, che nell’UE più di un lavoratore su dieci è nella sua situazione a causa delle politiche concrete dei nostri governi. Dobbiamo legare le storie emotive che le persone sperimentano sulla propria pelle con il livello più propriamente politico e astratto. E dobbiamo anche offrire loro un’alternativa di società, una prospettiva: non si vincono i cuori e le menti senza un progetto di società socialista.

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