Acqua: speculazione suicida

di Luca Celada, corrispondente da Los Angeles

 

Dietro ad una politica sempre più vuotamente “performativa” si giocano le vere partite del nostro tempo. Mutamento climatico, automazione, piattaforme e sorveglianza, finanziarizzazione ad oltranza. 

L’impressione è che la politica, con la sua regressione populista, sia sempre più scollata e passiva rispetto a quegli aspetti che promettono di influire sul serio sulle nostre vite e società, tutti legati alle evoluzioni del tardo capitalismo che coopta forme tecnologiche per plasmare un nuovo mondo del lavoro – o del precariato universale.

 

Ne è recente esempio il caso dell’acqua dirottata da risorsa non rinnovabile, essenziale alla vita, a strumento di speculazione finanziaria. Da quest’anno infatti l’acqua è ufficialmente quotata in borsa con la sigla “NQH2O”. Il prezzo della linfa vitale e non rinnovabile del pianeta viene quotato sull’indice Nasdaq: Matthew Diserio, presidente della Water Asset Management, un fondo di investimenti specializzato, la definisce “un’opportunità da un trilione di dollari.”

 

Le commodity scarse e fortemente richieste – vedi l’oro o il petrolio, ad esempio – sono notoriamente strumenti ideali per la speculazione e la finanziarizzazione dell’acqua promette di essere un caso paradigmatico. Il prezzo quotato in borsa si basa su quello per l’irrigazione in cinque distretti agricoli californiani. Ma non si riferisce solo a quello effettivo, pagato dagli agricoltori. Invece “si tratta del primo derivato finanziario legato all’acqua”, come si legge sul sito della Veles Water, una delle aziende promotrici del listing. Mediante gli algoritmi di mercato, l’acqua destinata a bagnare i campi per produrre nutrimento (in uno stato in cui il 25% della popolazione tra l’altro vive sotto la soglia della sicurezza alimentare) verrà quotata e resa bene economico astratto. I titoli che rappresentano il costo dell’acqua, consolidati in pacchetti di investimento – i “derivati” appunto – verranno immessi nel commercio globale della finanza, veduti e rivenduti, accorpati a portfolio di fondi di investimento e hedge fund alla pari di altri “strumenti finanziari” (come quelli basati sui mutui spazzatura che nel 2007 rischiarono di far collassare l’intero impianto economico).

 

 

 

Speculazione e arbitraggio

 

E come avviene esattamente la transustanziazione dell’acqua in “strumento finanziario”? I derivati sono sofismi finanziari che derivano il proprio “valore” non da quello effettivo di un prodotto, un bene o del lavoro, ma da quello astratto che assegna loro la domanda e l’offerta. Sempre più rimossa dalla sua funzione vitale, l’acqua – o meglio, il prezzo astratto dell’acqua – invece che nei canali agricoli, viaggerà nei bit del casinò della finanza globale: l’etere in cui gli speculatori scommettono sulle commodity in due principali modalità: la speculazione e “l’arbitraggio”.

 

Per “speculazione” si intende, tecnicamente, una scommessa monetaria fatta in base all’aspettativa che il valore di un bene cambi nel tempo, nel “futuro”. E come sa ogni appassionato de “Una poltrona per due”, il giro di affari dei futures implica l’acquisto di una commodity ad un prezzo prefissato nella speranza di guadagnare sulle fluttuazioni future del mercato. Così dovrebbe funzionare anche quello dell’acqua che Diserio (della WAM) definisce entusiasta come “il maggior mercato emergente al mondo”: io compro una fornitura di acqua da ricevere fra sei mesi a $300/l’ettolitro. Se poi interviene una forte siccità che farà scarseggiare le riserve e levitare i prezzi, potrò guadagnare rivendendo l’acqua ad un prezzo doppio.

 

Per arbitraggio si intende invece l’operazione che realizza guadagni acquistando un bene in una località e rivendendolo altrove con profitto. Si può realizzare ad esempio acquistando terreni agricoli che danno diritto ad acquistare l’acqua per irrigarli. Si spiega così l’improvviso rinnovato interesse di alcune banche ad acquistare campi coltivabili, specie nell’arido sudovest, col solo scopo di controllare le quote idriche e rivenderle al maggior offerente. La Water Asset Management, ad esempio, basata in grattacieli di Manhattan e San Francisco, si specializza nell’acquisizione di terreni ed annessi diritti di irrigazione in stati aridi come il Colorado e l’Arizona. Una volta assicurati, l’acqua non verrà usata per coltivare i campi bensì rivenduta al miglior offerente con lucroso guadagno.

 

 

Acqua in dollari

 

La “monetizzazione” dell’acqua gioca inoltre sulla scarsità della risorsa resa più grave dal mutamento climatico a dagli squilibri che questo genera nella domanda e nell’offerta. Il disperato bisogno d’acqua da parte delle città sempre più affollate ha ad esempio fatto impennare i prezzi fino al punto in cui gli speculatori possono realizzare guadagni maggiori rivendendo “l’acqua agricola” alle aziende delle acque urbane piuttosto che destinandole alle coltivazioni. Già negli anni 90 piccoli enti come la Imperial Water District, che fino ad allora ripartivano l’irrigazione agli agricoltori locali, hanno assunto un potere enorme come broker corteggiato dalle città.

 

Ora, con la quotazione direttamente via un sofisticato indice telematico, si apre la prospettiva della speculazione velocizzata dei day trade, le operazioni di compravendita fulminee fra computer delle banche. Riciclata in titoli derivati, “l’acqua californiana” sarà destinata a rimbalzare nel casinò della finanza globale sotto forma pacchetti azionari e fondi di investimento mentre le coltivazioni potrebbero paradossalmente venire lasciate ad avvizzire nei campi. Come in ogni casinò, gli elementi fondamentali della speculazione sono l’imprevedibilità e il rischio. Nell’incertezza, le scommesse vincenti possono produrre favolose ricchezze del tutto avulse dalla creazione di valore reale e ci si può benissimo arricchire anche scommettendo sul fallimento di un raccolto. L’importante, come in ogni gioco d’azzardo, è che ci sia un rischio capace di creare vincitori e perdenti (e – quasi sempre – una banca che non perde mai). Nel “paniere” californiano che vacilla perennemente sull’orlo della catastrofe ambientale, il prezzo dell’acqua è determinato dalla disponibilità su cui a loro volta influiscono le condizioni ambientali. Dal punto di vista del mercato, più c’è incertezza e maggiori sono le opportunità di guadagno. Secondo le brochure patinate offerte agli investitori, la compravendita dei titoli basati sul costo dell’acqua si avvarrà “dei più sofisticati algoritmi per la predizione delle condizioni ambientali e climatiche”.

 

È l’uovo di Colombo: se per ‘uovo’ intendete un pianeta in balia di una incipiente apocalisse causata dalla crescita insostenibile ed un clima squilibrato, e per ‘Colombo’, gli speculatori che nella catastrofe ambientale ravvisano un’ottima opzione di investimento. “La nostra azienda si specializza nella creazione di strumenti finanziari customizzati”, dichiara il sito della Veles, “la cui esclusiva formula di quotazione porta trasparenza e liquidità al mercato globale dell’acqua”. Sotto forma di titoli di borsa e derivati, invece che negli acquedotti i flussi d’acqua confluiranno nei laghi sotterranei di denaro nell’arcipelago occulto del denaro offshore non rintracciabile, lontano dal fisco e dal bene pubblico.

 

Se mai servisse un esempio d’in compatibilità fra capitalismo e sopravvivenza, e dell’infinito hybris dei finanzieri, certo sarebbe questa folle speculazione in una arida regione dove negli ultimi cento anni si sono insediate, senza riguardo per le risorse naturali, 60 milioni di persone. Una colonizzazione arbitraria, senza logica geografica, avvenuta in luoghi dove oltretutto esiste un’ampia documentazione antropologica di civiltà indigene la cui scomparsa viene attribuita proprio a cause climatiche e insostenibilità delle risorse naturali – come le civiltà indiane Anasazi.

 

Ora, sullo sfondo di livelli marittimi in rialzo e incendi boschivi sempre più catastrofici – di un clima sempre più imprevedibile – il mercato mette le mani sul bene più prezioso. Chissà che i posteri non debbano un giorno rilevare le tracce di una civiltà che messa di fronte alla prospettiva di estinzione, invece di cercare soluzioni, decise di specularvi sopra.

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