La grande Lugano

di Bruno Brughera

 

Dal 1972, data della prima aggregazione, ad oggi, con l’ultima fusione -2013- dei rimanenti comuni della sponda sinistra del Cassarate, molto è cambiato nel modo di gestire il territorio e della cosa pubblica.

Non vogliamo ripercorre la storia di ogni paese in quanto ognuno ha le sue peculiarità, motivazioni e interessi. Ciò che accomuna i paesi di allora alla realtà odierna, è l’anonimo termine di quartiere, che ha appiattito e omologato a livello amministrativo, tutte le realtà periferiche della città. Non vogliamo nemmeno disquisire sull’utilità o meno di questi processi voluti fortemente dal cantone.

 

Se per alcune comunità, il passo di “fusionarsi” era un atto dovuto, pensiamo soprattutto all’esercizio del ‘72 dove la città andò di fatto a sostenere dei paesini che non avrebbero potuto offrire ai propri cittadini un futuro dignitoso al passo coi tempi, le ultime fasi di aggregazione danno adito a qualche perplessità e rancore, tant’è che negli ultimi anni abbiamo assistito alla nascita di gruppi spontanei di cittadini in contrasto con le autorità!

 

Questi gruppi si sono costituiti a causa di un corto circuito creatosi tra  l’amministrazione/esecutivo e parte delle comunità. Alcuni residenti si trovano in disaccordo con scelte assai discutibili prese dall’autorità preposta.

 

Queste fusioni, calate dal cantone e assecondate da alcuni esecutivi, hanno di fatto cercato di ottimizzare i costi dell’amministrazione, senza tener conto delle necessità proprie della collettività.

 

Lascia pure perplessi il fatto che comuni quali Paradiso, Massagno e Canobbio, non siano stati obbligati a diventare quartieri della città seppure siano i più urbani e legati al centro. Non si comprende perché questa naturale continuità non sia stata sollecitata fortemente dal dipartimento del territorio. Eppure, Sonvico fu obbligato proprio per una continuità territoriale...

 

Molte persone sono amareggiate anche perché, con queste aggregazioni, hanno la sensazione di aver perso la propria identità culturale e si sentono abbandonate. Lugano non ha mai avuto una visione d’insieme culturale, identitaria e sociale. Per le giunte municipali che si sono susseguite, a prevalere sono sempre stati interessi economici, affaristici e di affinità politiche. Prendiamo ad esempio l’aggregazione dei comuni della sponda sinistra fino alle sorgenti del Cassarate. Operazione voluta per diminuire il gap che la pone tra le aree più cementificate della Confederazione, proclamando che è la città svizzera con la maggior percentuale di spazi verdi, ricoprendo quasi il 70% del suo territorio.

 

La realtà è ben diversa, in relazione all’area urbana, Lugano è fanalino di coda fra le 15 maggiori città svizzere, con solo 7.1% di aree verdi (fonte: Ufficio federale di statistica)! Lo sanno benissimo, soprattutto i giovani, quanti spazi usufruibili manchino per passare del tempo all’aria aperta in città! Parchi (pochi) con funzione iconografiche dove il calpestare i prati è vietato, accessi al lago o fiumi pressoché inesistenti. Si sente la mancanza di un piano direttivo che possa fungere da guida ai dovuti e impellenti piani regolatori da aggiornare e armonizzare.

 

Uniti per Brè nasce proprio per contrastare un’operazione immobiliare privata assurda, voluta e stimolata dal municipio!

A Carona, altra realtà combattiva, - per Carona - ci si oppone a proposte farlocche e in special modo alla svendita di un bene comune quale la piscina e l’area di svago circostante.

A Cadro, dopo anni di totale immobilismo, un bene come la fattoria Reali, rischia di crollare e sebbene sia stato proposto un credito elevatissimo per la messa in sicurezza e preservazione di pregevoli stucchi poco o nulla è ancora stato fatto.

 

In generale, molte promesse e pochi fatti. Idee e proposte fotocopiate, senza capacità d’innovare e di vedere quali siano le priorità.

 

Non parliamo delle commissioni di quartiere che andrebbero abolite o almeno riformate! Vero specchietto per allodole, sono una presa in giro per molti cittadini che hanno creduto alle promesse da marinaio dei vari municipali che a turno si sono presentati per far credere che ci fosse un filo diretto tra comunità e città. Infatti, l’esecutivo, si è quasi sempre concentrato nella gestione affaristica del centro città o del piano - vedi Cornaredo e PSE. Grandi poli e progetti che monopolizzano la cosa pubblica a scapito dei paesi che compongono il territorio comunale sulle fasce pedemontane. Migliorie, qualche progetto scolastico e tanta propaganda. Periferie sistematicamente dimenticate, trasporti pubblici che potevano essere un collante per la mobilità dei residenti lasciati ancora funzionare con criteri che non armonizzano e non si aprono a sinergie strutturali onde permettere una tariffa unica veramente accattivante per l’uso dei mezzi pubblici. Quartieri sempre più utilizzati come aree dormitorio e prive di vita comunitaria in cui sopravvivono solo poche realtà associative e ricreative. Gli eventi e gli interessi per la grande Lugano sono solo riconducibili al centro città ed è per questo che molti si sentono traditi! Un tradimento subdolo e calcolato già ai tempi delle campagne per convincere della bontà di queste asettiche fusioni che sono “belle” solo nei proclami scritte su carte patinate di cui la città si vanta.

 

Questi malumori e realtà costituite stanno crescendo e la speranza è che possano mettersi in rete per creare una forza influente verso i politici e la politica cittadina in modo che la giunta autoreferenziale scenda di qualche gradino dalla torre dorata e con umiltà cominci ad ascoltare veramente i cittadini.

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