Cure ospedaliere, i punti critici della disparità

PIAZZA APERTA - Fabio Dozio

La libera scelta dei mandati in ambito sanitario permette ai privati di puntare su pratiche redditizie, lasciando gli interventi con forti perdite all'Eoc.

 

Perché i cittadini contribuenti devono ingrassare gli azionisti delle cliniche private? La revisione della Legge federale sull’assicurazione malattie, entrata in vigore nel 2012, ha introdotto un vero e proprio cambio di paradigma per quanto riguarda il finanziamento delle cure ospedaliere. Con la riforma non vi è più distinzione fra ospedali pubblici e cliniche private, a condizione che queste ultime siano autorizzate. Tutti, indistintamente, ricevono sussidi.

 

“L’idea centrale della revisione – spiega l’Ufficio federale della sanità pubblica – è intensificare la concorrenza tra gli ospedali, grazie a una maggiore trasparenza e una maggiore libertà di scelta per gli assicurati”. In sostanza questa riforma costa al Ticino tra i 100 e i 130 milioni di franchi l’anno. Soldi, è bene ricordarlo, che appartengono ai cittadini. Si può discutere se la concorrenza in ambito sanitario sia proficua per il paziente. Molti indicatori sostengono il contrario, per esempio: ridurre i costi potrebbe peggiorare la qualità delle cure.

 

Il vero problema della Legge federale, e della relativa pianificazione ospedaliera cantonale, è che introduce una concorrenza distorta e perniciosa, perché penalizza il settore pubblico e favorisce il privato. I punti critici della disparità sono diversi. La libera scelta dei mandati in ambito ospedaliero permette ai privati di puntare su pratiche che garantiscono un buon reddito, lasciando gli interventi con forti perdite finanziarie all’ente pubblico. Il plafonamento del finanziamento pubblico crea costi supplementari all’Ente Ospedaliero Cantonale, che non può rifiutare pazienti, come invece possono fare le cliniche private. E ancora: la formazione di medici e infermieri è assunta quasi totalmente dall’Eoc, così come l’offerta di strutture sanitarie nelle regioni periferiche.

 

A queste condizioni, il risultato è ineluttabile. L’Eoc è penalizzato perché deve assumersi costi non finanziabili, mentre le cliniche private possono realizzare profitti perché scelgono le attività che rendono di più. Insomma: stessi diritti, ma non stessi doveri!

 

Come si giustifica che il finanziamento pubblico, con i soldi dei contribuenti, invece di andare a beneficio della qualità delle cure, finisca nelle tasche degli azionisti? Che ne dicono i paladini del libero mercato, sempre pronti a criticare le spese dello Stato? Facile essere imprenditori privati foraggiati con pubblico denaro. Siamo forse di fronte a “parassiti” che incassano opportunisticamente?

 

L’Associazione per la difesa del servizio pubblico ritiene che questa concorrenza sleale debba essere corretta e chiede che le forze politiche “si accordino per formulare un’iniziativa cantonale da sottomettere alle autorità federali, con la quale richiedere una modifica della LAMal che sospenda il finanziamento delle cliniche private e che assicuri una migliore copertura dei costi degli ospedali pubblici”.

 

Significative e allarmanti le dichiarazioni del direttore della Clinica Luganese, che a proposito del rilancio della Clinica Santa Chiara, appena acquisita da Moncucco, afferma: “Siamo a Locarno con la volontà di garantire un servizio di interesse pubblico come quello sanitario, ma, elemento fondamentale, senza avere la pressione di dover massimizzare il profitto”.

 

Consolante, il contribuente paga profitti, ma non massimizzati, ai privati. Con buona pace del no profit!