Il sistema Dpd

di Enrico Borelli 1

 

Come un colosso della logistica sfrutta senza pudore i lavoratori.

Le PTT (Poste Telefoni e Telegrafi) erano un’azienda pubblica di proprietà della Confederazione Svizzera. Un vero e proprio gioiellino del servizio pubblico elvetico.

Nel corso del 1996 il Governo svizzero propose la separazione delle PTT in due aziende, le Telecom PTT (ora Swisscom) e La Posta. Per giustificare la sua decisione il Governo sosteneva che la liberalizzazione avrebbe permesso di aumentare l’efficienza e che la Posta avrebbe così potuto meglio affrontare la concorrenza esercitata dalle imprese di trasporto e dai corrieri attivi in Svizzera e a livello internazionale. La decisione venne avvallata dal Parlamento.

 

Il Partito socialista e l’Unione sindacale svizzera accettarono la proposta e non lanciarono il referendum, un grave ed imperdonabile errore di cui oggi si pagano le conseguenze. Così facendo si sono create le premesse per indebolire fortemente il servizio pubblico.

 

Bisogna partire da qui, dall’infausta decisione del Consiglio federale di liberalizzare il mercato postale per contestualizzare la vertenza Dpd, una delle più importanti aziende presenti in Svizzera nel settore della logistica e principale concorrente della Posta svizzera.

 

 

Garanzia di precarietà e sfruttamento

Una liberalizzazione che ha purtroppo favorito la precarizzazione delle condizioni di impiego in un settore oggi in fortissima espansione nel quale i lavoratori vengono sacrificati sull’altare degli enormi profitti registrati dalle imprese e dove lo sfruttamento dei lavoratori rinvia a situazioni ottocentesche. Un settore che assume oggi una valenza sempre più strategica e che deve indurre le organizzazioni sindacali a riorientare le loro azioni e le loro strategie. Anche in relazione alla crescita esponenziale del commercio online che sta modificando radicalmente le logiche del commercio al dettaglio e alla necessità del Sindacato di costruire dei legami tra l’intervento sindacale nel settore del commercio e quello nella logistica.

 

 

Il sistema Dpd

Dpd Svizzera è una società che appartiene ai contribuenti francesi. La filiale svizzera di Dpd è infatti controllata dalla Holding tedesca GeoPost International che a sua volta appartiene a Le Groupe La Poste che è al 100% di proprietà dello Stato francese. Una società statale francese che in Svizzera precarizza un intero ramo professionale a spese di dipendenti per lo più migranti, molti dei quali di cittadinanza francese.

Il Sindacato Unia ha avviato lo scorso anno una campagna per affermare i diritti e la dignità dei salariati che quotidianamente DPD calpesta. Abbiamo purtroppo intercettato una situazione pazzesca in quello che si configura come un vero e proprio sistema Dpd concepito per massimizzare i profitti.

 

 

Zero dipendenti

Incominciamo col dire che nessuno degli autisti che guidano i furgoni Dpd sono dipendenti della Dpd stessa. Infatti Dpd ha un rapporto contrattuale con circa 80 subappaltatori che impiegano poco meno di 1’000 autisti. I subappaltatori, di regola anche essi migranti, occupano solitamente meno di 20 autisti che consegnano a ritmi a dir poco frenetici pacchi in tutte le regioni della Svizzera. Gli autisti sono alla guida di furgoni con l’insegna di Dpd, indossano la divisa Dpd, sono guidati nel loro percorso dall’algoritmo che gestisce Dpd e lavorano di fatto solo per Dpd. Anche la clientela e la sua acquisizione sono gestiti unicamente da Dpd. Questo sistema di subappalto permette a Dpd di scaricare ogni responsabilità sui subappaltatori e sugli autisti e di risparmiare circa un terzo dei costi rispetto al suo concorrente principale, la Posta Svizzera.

 

 

Proibito fermarsi

Le condizioni di impiego degli autisti, coloro che durante la pandemia ed il regime di confinamento non si sono fermati nemmeno per un istante e che hanno consegnato nelle nostre abitazioni ogni genere di prodotto, che hanno pertanto svolto un’attività essenziale per il funzionamento della nostra società, sono a dir poco drammatiche. Ritmi di lavoro forsennati, giornate lavorative che superano le 12-13 ore, assenza di pause, salari indecorosi che non permettono di arrivare alla fine del mese, assenza di qualsiasi diritto sindacale (malgrado GeoPost abbia siglato un accordo sul riconoscimento dei diritti sindacali con l’organizzazione Uni Global), repressione e intimidazioni nei confronti dei lavoratori che vogliono organizzarsi collettivamente, mancata retribuzione delle ore straordinarie, infrazioni delle norme relative alla sicurezza sul lavoro, deduzioni salariali illegali, gravi abusi in materia di assicurazioni sociali, per non fare che alcuni esempi.

 

 

Il sindacato come risposta

Da circa un anno Unia ha avviato una campagna sindacale a stretto contatto con i lavoratori. Muovendo da una regolare e costante presenza nei diversi depositi Dpd presenti In Svizzera il sindacato ha potuto costruire un rapporto di fiducia con centinaia di lavoratori. Sono stati promossi colloqui approfonditi con centinaia di lavoratori, è stato costituito il comitato nazionale respect@dpd formato dai militanti e dai rappresentanti sindacali dei diversi depositi, nella maggioranza dei depositi siamo riusciti a costituire dei collettivi operai che si riuniscono a scadenze regolari per discutere le strategie e gli obiettivi dell’intervento sindacale, oltre 150 lavoratori hanno aderito e si sono organizzati nel Sindacato. Con il sostegno degli autisti abbiamo definito 13 rivendicazioni sindacali che abbiamo presentato all’azienda chiedendo l’apertura di negoziazioni e l’avvio di una trattativa per elaborare un contratto collettivo di lavoro. Tra queste citiamo: un salario minimo di 4250 franchi mensili, l’introduzione della tredicesima mensilità, un orario di lavoro 42.5 settimanali, la registrazione e retribuzione di tutte le ore di lavoro, l’introduzione del principio della responsabilità solidale che vincoli Dpd alle sue responsabilità in caso di inadempienze contrattuali dei subappaltatori, il rigoroso rispetto dei diritti sindacali. Malgrado oltre 300 colleghi abbiano sottoscritto le rivendicazioni e conferito al Sindacato e al comitato nazionale respect@dpd il mandato per avviare la trattativa, i dirigenti dell’azienda hanno rifiutato di avviare la discussione mostrando una grave insensibilità nei confronti degli abusi perpetrati ai danni dei lavoratori. Nel corso di questi mesi, grazie al sostegno e al coraggio dei dipendenti sono state organizzate azioni collettive di protesta in diversi depositi di Dpd.

 

 

Una protesta, tante voci

Parallelamente sono state concretizzate tutta una serie di altre iniziative per aumentare la pressione nei confronti dell’azienda e per denunciare pubblicamente le ignobili condizioni di impiego e la concorrenza sleale promossa da Dpd che contribuisce a deteriorare ulteriormente le condizioni quadro di tutto il settore della logistica. Ci siamo mossi sul piano internazionale e ci siamo recati a Parigi dove grazie al sostegno e alla solidarietà delle organizzazioni sindacali francesi abbiamo manifestato e denunciato questa situazione davanti alla sede centrale del gruppo. È stata costituita grazie ad Uni Global una rete internazionale di appoggio e la stessa Uni Global ha avviato le discussioni con GeoPost. Sono stati presentati atti parlamentari sia a livello federale che europeo dove 24 parlamentari di 7 paesi dell’Unione europea hanno sottoscritto una lettera aperta. In Svizzera un centinaio di personalità attive a livello accademico e culturale hanno trasmesso una lettera aperta al Ceo di Dpd sostenendo le rivendicazioni degli operai. Abbiamo denunciato gli abusi alla PostCom – l’autorità di vigilanza del mercato postale – come agli ispettorati del lavoro dei Cantoni nei quali sono presenti i depositi.

Occorre purtroppo sottolineare l’assoluta inadeguatezza delle autorità di controllo del mercato postale come purtroppo delle autorità ispettive in particolare nella parte germanofona della Svizzera, il che ha permesso all’azienda di sviluppare un sistema fatto di dumping salariale e reiterati abusi contrattuali e legali.

Siamo intervenuti nei confronti dei principali clienti di Dpd segnalando la situazione e denunciando il fatto che si rendono complici di un sistema che va urgentemente sradicato dal nostro tessuto. Anche i media hanno dato risalto alla campagna sindacale. Sono apparsi decine e decine di articoli sui principali quotidiani del Paese e la televisione pubblica ha realizzato dei reportage sul sistema Dpd.

 

 

Un muro valicabile

La campagna avviata dal sindacato e dai lavoratori malgrado «il muro» eretto da Dpd che sino ad oggi rifiuta di avviare negoziazioni per modificare le condizioni quadro che reggono le condizioni di impiego ha comunque permesso di migliorare le condizioni di lavoro in una serie di depositi. La campagna ha evidenziato che anche in un settore che rappresenta probabilmente l’ultima frontiera della precarizzazione, dove i più elementari diritti vengono sistematicamente calpestati, dove flessibilità estrema e dumping la fanno da padrone, è possibile far crescere il seme della solidarietà e avviare un processo collettivo per migliorare le condizioni di vita e di lavoro. Un lavoro cui va riconosciuto finalmente il suo valore e la sua dignità! La strada da percorrere si presenta ancora lunga e irta di ostacoli e nei prossimi mesi bisognerà moltiplicare gli sforzi e dare ulteriore slancio e vigore alla campagna per obbligare Dpd ad avviare una vera trattativa e porre fine a questi abusi sistemici. Non possono essere sottaciute le criticità e le difficoltà di una campagna sindacale offensiva in un settore come quello della logistica. Pensiamo in particolare alla precarietà lavorativa ed esistenziale di molti lavoratori, all’elevato turn over dettato dalla legittimo desiderio degli autisti di trovare un impiego meglio retribuito, maggiormente sicuro e tutelato, alla ricattabilità di molti lavoratori migranti in possesso di statuti precari (pensiamo ai molti frontalieri francesi o italiani che in Svizzera in caso di licenziamento non possono usufruire degli ammortizzatori sociali), alla sistematica repressione esercitata nei confronti dei lavoratori da un’impresa permeata da una profonda cultura anti sindacale, al basso tasso di sindacalizzazione presente nella logistica, l’assenza in Svizzera di reali tutele per i delegati sindacali, e la presenza di un esercito di riserva alimentato dalla crisi e dalla disoccupazione.

 

L’intervento del sindacato offre tuttavia interessanti spunti di riflessione. Una campagna che è stata accompagnata da un rigoroso lavoro analitico reso possibile dalle preziose testimonianze dei lavoratori e che è stata articolata a più livelli ed i cui assi principali sono: una costante presenza sui luoghi di lavoro, il ruolo centrale e decisivo svolto dai militanti più attivi, la costituzione del collettivo nazionale respect@dpd e dei collettivi regionali animati dai lavoratori estremamente motivati e sensibili alla causa, lo sviluppo di sinergie a livello internazionale con organizzazioni sindacali solidali, il coinvolgimento dell’opinione pubblica, il contatto con i maggiori clienti commerciali di Dpd, le documentate denunce presentate all’Autorità, lo sviluppo di una rete di personalità solidali, gli interventi sul piano politico e istituzionale.

 

La campagna di Unia ha evidenziato che se un’organizzazione sindacale è dotata di una «bussola» che ne guidi il «cammino», e non si lascia condizionare dalle pressioni esercitate dal padronato e pone i lavoratori e le loro aspettative al centro della propria azione, anche in un contesto estremamente difficile come quello attuale si possono promuovere delle campagne offensive. Per farlo è necessario costruire un rapporto di forza favorevole ai salariati. Il sindacato deve essere presente al fronte dove va in scena lo spietato conflitto capitale-lavoro del XXI secolo, deve darsi quale compito prioritario l’organizzazione collettiva dei lavoratori, deve valorizzare con forza il ruolo dei suoi militanti e attivisti integrandoli a pieno titolo nella definizione delle strategie sindacali, e può e deve battersi con coraggio, senza se e senza ma, contro le derive di un sistema sempre più brutale ed iniquo. Questa è la strada da seguire, questa la via e l’esempio che ci hanno indicato i lavoratori della Dpd.

 

 

 

 

1 Questo articolo è una versione rimaneggiata di un testo che uscirà su Global Labour Column.

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