Infermiere incavolate: «Ora basta!»

di RedQ

 

Che ci manchino molte infermerie, lo sappiamo da molti anni. Si calcola che entro il 2030 ne mancheranno almeno 30’000. Ma già ora sopravviviamo rubandole ai paesi confinanti: in Ticino, nell’Arco lemanico ed in buona parte della Svizzera tedesca le infermiere straniere, in gran parte frontaliere, rappresentano il 40% o più del personale curante.

Se durante le due recenti ondate pandemiche questi paesi avessero – come ne avevano il diritto in una situazione di crisi – precettato i loro medici e soprattutto le loro infermiere, avremmo avuto il collasso del nostro sistema sanitario ed i morti da Covid sarebbero stati probabilmente molti di più di quanti già non siano stati.

 

È già da molto tempo che conosciamo anche esattamente le cause che provocano la scarsità di personale curante. Se è vero che formiamo troppe poche infermiere, la ragione principale di questa situazione disastrosa è però da ricercare nel fatto che dopo 12-13 anni quasi la metà delle infermiere ha già abbandonato il mestiere a causa di salari troppo bassi, ma soprattutto per l’enorme stress lavorativo, fortemente peggiorato negli ultimi 10 anni dall’introduzione dell’ultima revisione della LAMal del finanziamento ospedaliero, basato sui DRGs, che come abbiamo più volte spiegato in queste pagine provoca un peggioramento continuo delle condizioni di lavoro del personale curante.

 

Da anni le associazioni di categoria, in particolare l’ASI (Associazione Svizzera delle Infermiere) denunciano l’insostenibilità di questa situazione. Qualche anno fa, grazie all’iniziativa Joder, il parlamento fu ad un passo dall’accettare un insieme di misure (investimento nella formazione, miglioramento delle condizioni di lavoro, riconoscimento dell’autonomia infermieristica, eccetera) che per la prima volta avrebbero permesso di affrontare in modo serio la tematica. All’ultimo momento l’allora Consigliere Nazionale – nonché portavoce dei cassamalatari – Ignazio Cassis aveva però tentato di sfruttare la situazione per aumentare ancora il controllo delle casse malati sul sistema sanitario. La manovra fallì miseramente, ma ciò provocò anche il rifiuto dell’iniziativa Joder.

 

Di fronte a queste miserevoli manovre della politica, l’ASI decise di prendere in mano la situazione e lanciò l’iniziativa «Per cure infermieristiche forti», che in pochissimi mesi raccolse più di 130’000 firme. L’iniziativa popolare riprende i punti fondamentali della proposta Joder, anche se dovendo essere un’iniziativa costituzionale (purtroppo a livello nazionale non c’è la possibilità dell’iniziativa legislativa formulata) ha dovuto necessariamente essere concepita in termini generali.

 

Negli ultimi 18 mesi le due camere del parlamento si sono occupate dell’iniziativa. Chi pensava che questa sarebbe stata accolta a braccia aperte, dopo che durante la pandemia le infermiere erano state ripetutamente applaudite a scena aperta, si sbagliava di grosso. Non solo i due rami del Parlamento hanno respinto l’iniziativa – spesso anche con il voto di chi l’aveva firmata (non è vero Marco Chiesa?) – ma ha accettato un controprogetto largamente insufficiente. Il Parlamento difatti non ha voluto entrare in materia né sulla necessità di contratti collettivi obbligatori né tantomeno su come migliorare le condizioni di lavoro. In particolare, le infermiere, in base ad esperienze fatte in diversi paesi, richiedevano la fissazione di un numero minimo di personale curante qualificato che dovrebbe essere presente su ogni reparto. Diversi studi interazionali dimostrano che applicando questa regola del «numero minimo di infermiere» si diminuisce di molto il tasso di complicazioni ed addirittura di mortalità ospedaliera. Ma i nostri parlamentari non hanno voluto sentir ragione, limitandosi a stanziare alcune centinaia di milioni per aumentare il numero di allievi nelle scuole infermieristiche. Ma anche questa misura è abbastanza aleatoria, perché dipende dalla buona volontà dei cantoni, che dovrebbero investire tanto quanto farebbe la Confederazione. E sappiamo dove ci ha portato una regola simile nel caso dei sussidi per i premi di casa malati.

 

Di fronte a questo nulla di fatto, il comitato promotore ha deciso di non ritirare l’iniziativa: il Consiglio Federale, che forse vuole giocare sul tempo evitando troppe discussioni, ha già stabilito che la votazione popolare avrà luogo il prossimo 28 novembre. Il mondo infermieristico è giustamente e profondamente arrabbiato. In una votazione consultiva quasi il 90% della base dell’ASI si è pronunciata per il non ritiro dell’iniziativa. Al CHUV di Losanna c’è stato uno sciopero, altri si preparano in diversi ospedali della Svizzera. L’ultimo 12 maggio, giornata internazionale delle infermiere, è stato caratterizzato da una mobilizzazione molto militante, con varie manifestazioni, in parte spontanee, in parte guidate non solo dall’ASI, ma anche da nuove organizzazioni sindacali molto combattive.

 

Come ForumAlternativo – e soprattutto in questi Quaderni – siamo sempre stati molto presenti per quanto riguarda i problemi del settore delle cure infermieristiche. Già sin d’ora stiamo quindi costruendo una piattaforma per dare un sostegno importante a questa fondamentale iniziativa popolare.

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