Intervista a Yvonne Willems-Cavalli

di RedQ

 

In vista della votazione sull’iniziativa popolare «Per cure infermieristiche forti», su cui saremo chiamati ad esprimerci il prossimo 28 novembre, abbiamo sentito l’opinione di Yvonne Willems-Cavalli, già responsabile dell’area infermieristica della Direzione Generale dell’Ente Ospedaliero Cantonale (EOC).

 

 

Ma è proprio vero che in Svizzera mancano così tante infermiere, come sostenuto dagli iniziativisti? Le cifre OECD sembrerebbero molto meno drammatiche di quelle che vengono citate di solito.

Sì, è proprio vero perché le cifre OECD si devono prendere con le pinze. Qualche anno fa abbiamo scoperto che le cifre OECD non usavano gli stessi criteri per tutti i paesi. Per esempio: in Austria venivano contati solo le infermiere del servizio domiciliare, in Olanda solo le infermiere diplomate. Invece l’Ufficio svizzero di statistica mandava anche le cifre delle infermiere assistenti di cura o degli operatori socio-sanitari. È quindi ovvio che sembravamo il campione mondiale per il numero del personale. Quello di cui quasi non si parla, e che è invece molto interessante, è che le ultime cifre dell’OECD hanno paragonato lo standard di vita dei vari paesi con il salario che ricevono le infermiere, e in quella classifica la Svizzera purtroppo è solo al 35esimo posto. Una vera vergogna, che spiega anche, almeno in parte, perché dopo 12 anni quasi la metà delle infermiere ha già abbandonato la professione.

 

Ma perché non vi basta il controprogetto approvato dal Parlamento alla vostra iniziativa?

Perché il controprogetto del Parlamento semplicemente dimentica due punti molto fondamentali. Il primo si riferisce alle condizioni di lavoro, che sono diventate sempre più stressanti, anche perché il turnover dei pazienti aumenta continuamente. Il secondo punto, che è forse ancora più importante, ha a che fare con il rifiuto del Parlamento di stabilire quale deve essere il numero minimo di infermiere qualificate presenti in ogni ambiente di cura. Finché non si affronteranno questi due problemi, trovandovi anche delle soluzioni, concentrarsi semplicemente come fa il controprogetto sulla formazione non risolve per niente il problema. È un po’ come portare acqua al mare… Difatti formeremo e formeremo, ma poi molte infermiere continueranno ad abbandonare la professione. Quindi il controprogetto non ci soddisfa per niente.

 

Un punto centrale delle richieste dell’Associazione Svizzera delle Infermiere (ASI) è quello della cosiddetta ratio, cioè di avere un numero sufficiente di personale infermieristico qualificato su ogni reparto. Che evidenza scientifica c’è che così facendo si migliorano i risultati? O è solo una richiesta di tipo sindacale?

Sì, questo è veramente il punto centrale come dicevo prima: quanto personale ci vuole in ogni ambiente di cura. Evidenze scientifiche ce ne sono tantissime. Già nel 2002-2003 è stato evidenziato da vari studi a livello internazionale che sia il numero che la qualità della formazione del personale incidono molto sulla sopravvivenza dei pazienti, sugli eventi avversi e sulla frequenza delle riammissioni. Questi studi non sono quasi mai stati presi in considerazione dai politici. Alla fine del 2020 è stato pubblicato uno studio del Dr. Michael Simon dell’Università di Basilea e dall’economista Prof. Michael Gerfin dell’Università di Berna che hanno sviscerato su più di 1 milione di pazienti dati del Bundesamt für Statistik, valutando la correlazione tra il numero del personale e gli eventi avversi come pure le riammissioni in ospedale e la mortalità dei pazienti. Questi ricercatori hanno potuto dimostrare che un numero adeguato di personale può a livello svizzero evitare 243 decessi all’anno e diminuire i costi di circa 357’000 milioni. Non solo: se il personale negli istituti di cura è ben qualificato si possono evitare riammissioni negli ospedali con un risparmio che può arrivare sino a 1.5 miliardi di franchi all’anno. Quindi aumentare il personale costa molto meno di quanto si potrebbe pensare, anzi, a medio termine fa addirittura risparmiare! Questi dati svizzeri confermano chiaramente i risultati di simili studi, almeno per quanto riguarda la percentuale dei decessi, eseguiti all’estero. Mi riferisco in particolare, ma non solo, ad uno studio australiano su centinaia di migliaia di pazienti pubblicato recentemente nella più importante rivista di medicina, il Lancet.

 

Ammesso quindi che i risultati migliorino, però chiaramente peggioreranno i conti, perché così facendo aumentano le spese. Cosa ne pensa?

Con la mia risposta precedente credo di aver già risposto chiaramente a questa domanda.

 

Qual è quindi la ragione principale per votare SI il prossimo 28 novembre?

Se vogliamo avere ancora fra 10-20 anni le cure infermieristiche di qualità per tutti, dai neonati agli anziani, dobbiamo assolutamente evitare che una percentuale molto importante degli infermieri abbandonino la loro professione, come sta capitando sempre più frequentemente. Solo così potremo non solo garantire la sicurezza dei pazienti, ma potremo o dovremo addirittura migliorarla. Se l’iniziativa verrà accettata sarà quindi soprattutto un grande favore che verrà fatto ai nostri pazienti: a quelli di oggi, ma soprattutto a quelli di domani.

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