Sempre più buia la notte in città

di FA Lugano

 

Lugano non smette di stupire. Purtroppo raramente in senso positivo. L’unico centro urbano delle maggiori dieci città elvetiche governato dalla destra si sposterà ancor più a destra con l’entrata in Municipio dell’esponente Udc, Tiziano Galeazzi, andato a sostituire il sindaco Marco Borradori, scomparso quest’estate.

 

Una curiosa coincidenza vuole che a un mese dalla sua entrata in carica, il neo-municipale comparirà presto ad un’udienza preliminare davanti al Gip a seguito del rinvio a giudizio promosso dalla Procura di Bergamo quale accusato di riciclaggio. La cliente del Galeazzi, moglie di un condannato in primo grado per associazione a delinquere e per la bancarotta di una serie di imprese edili che aprivano e chiudevano molto rapidamente, è accusata di aver ripulito i denari di quelle aziende nel sistema opaco della finanza mondiale, aiutata dal neomunicipale. Quei soldi, svariati milioni, approdarono infine alla banca luganese Julius Baer, chiamata cripticamente dal Galeazzi «il magazzino di mele» nelle telefonate intercettate dagli inquirenti italiani.

 

Si noti che il marito della cliente del Galeazzi era già stato arrestato due volte, prima che il neomunicipale luganese iniziasse a occuparsi delle loro «mele». «Dietro questi soldi c’è un’ombra pesante, quella della ‘ndrangheta e delle sue famiglie» aveva detto all’epoca in conferenza stampa il questore di Brescia Vincenzo Ciarambino. Segnali allarmanti bellamente ignorati dal Galeazzi, probabilmente più interessato alla provvigione incassata col duro lavoro della lavanderia mondiale. «Siamo tutti consapevoli che chiunque a Lugano lavori nel campo finanziario, sia soggetto a inchieste in Italia. Non lo riteniamo un problema» ha chiosato il neosindaco di Lugano Michele Foletti ai microfoni Rsi, conferendo un bel attestato delinquenziale a tutte le persone attive nel ramo.

 

D’altronde, questa è Lugangeles, nello spirito dei leghisti-democentristi. L’unica città in Svizzera dove cinque municipali su sette siano mai stati interrogati contemporaneamente dalla Procura. La visita in Procura era dovuta nell’inchiesta sulla demolizione notturna dell’ex centro sociale autogestito il Molino del 29 maggio. La famosa inchiesta, che probabilmente non sarebbe mai partita senza la tempestiva denuncia dei Verdi, dovrebbe essere finalmente in dirittura d’arrivo. Siam pronti a scommettere che dal cilindro della Procura uscirà il buon vecchio capro espiatorio. Un poliziotto è certamente più adatto al ruolo che non un politico. La critica dello Stato di polizia al comando invece della politica sarà in qualche modo liquidata. Di colpevoli ideali, se ne intravvedono almeno un paio. Uno dei papabili, vista la vicinanza col pensionamento, è il vice comandante della Comunale luganese Franco Macchi. Parte però favorito il capo delle operazioni speciali della Cantonale Lorenzo Hutter, al comando quella triste notte. Ma forse, avendo solo 55 anni, sarà meno incline a immolarsi per i politici gettando alle ortiche una carriera intercantonale. In ogni caso, entrambi i due vice potrebbero ricoprire il ruolo di agnelli sacrificali. I loro comandanti invece, Cocchi e Torrente, si erano dati misteriosamente latitanti quella notte.

 

In attesa di esser smentiti dall’esito dell’inchiesta, osiamo pronosticare la grazia ai politici. In primis, la municipale Karin Valenzano Rossi, a cui va il titolo di regina del triplo carpiato, esibita con l’iniziale «ci assumiamo la responsabilità della demolizione» seguito dal passaggio «ci avevano detto solo il tetto». Se la caverà addossando la responsabilità al poliziotto di turno? Figurarsi poi se la magistratura abbia avuto l’indipendenza di approfondire il ruolo del capo Dipartimento Istituzioni, quel Norman Gobbi certamente all’oscuro di quanto i suoi subalterni stessero programmando.

 

Così va il mondo, sulle rive del Ceresio e del fiume Ticino. Eppure, un fatto di rilevanza politica comunale importante sul tema è accaduto, passando quasi inosservato. Il fallimento politico dell’iniziativa Udc luganese volta ad escludere la presenza di un centro sociale autogestito in città, non raggiungendo nemmeno le tremila sottoscrizioni. A Lugano è dunque possibile immaginare spazi autogestiti, laboratori di critica politica a un sistema capitalista incentrato sullo sfruttamento dell’uomo e dell’ambiente. Luoghi differenti che arricchiscono una città sempre orientata sulla piatta omologazione dominante. Un’iniezione di fiducia che rafforza la nostra convinzione che a Lugano vi sia ancora possibilità di cambiamento. Una speranza che arriva dalla popolazione, non certo dalla classe politica corrosa dagli inciuci, spesso e volentieri benedetta dai leader socialdemocratici luganesi. Dal mega polo speculativo alla privatizzazione della piscina di Carona, il duetto liberalsocialista Badaracco-Barzaghi non manca mai di deliziare la popolazione con le perle dei benefici del partenariato pubblico-privato, propinando l’odiosa espressione «win-win» tipica da imbonitore seriale tesa solo a mascherare la realtà: la socializzazione collettiva dei costi, la privatizzazione dei profitti.

 

Un punto va forse chiarito. L’ambizione del ForumAlternativo è unire l’urgenza sociale e quella ambientale in un solo fronte, affinché sia abbia la forza politica per opporsi e costruire alternative di società. Anche a livello locale. Ma vi sono dei valori inderogabili. Non basta dirsi di sinistra per farsi eleggere dall’elettorato cittadino progressista e nei successivi otto anni ignorarli bellamente attuando una politica diversa nei fatti. Perché gli abitanti di Lugano meritano ben altro. Ad esempio, contro la delirante decisione di privatizzare la piscina di Carona privando di un bene pubblico la collettività, ci opporremo costruendo alleanze nei territori e nei movimenti. Parola di sinistra ambientalista.

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