Solidarietà con i driver: lottiamo contro le nuove forme di precariato

PIAZZA APERTA - Partito Comunista

Dall’inizio della pandemia di Covid-19 nel 2020 il settore delle consegne a domicilio si è espanso a dismisura, diventando un nuovo settore di lavoro non regolamentato e non sindacalizzato. 

 

I contratti stipulati prevedevano una forma di retribuzione a cottimo fortemente svantaggiosa per il dipendente, poiché si ritrovava a dover dare disponibilità per intere giornate senza retribuzione per l’attesa ma solo per la consegna. Ne risultava che per orari di lavoro corrispondenti al 100% di occupazione la paga era decisamente inferiore non solo a quella auspicata per una vita dignitosa, ma addirittura era insufficiente per permettersi di vivere. Difatti, il lavoro presso queste aziende veniva indicati come attività accessoria e non principale.

 

Con l’introduzione del salario minimo, l’azienda di consegna Divoora non ha più potuto permettersi di attuare il modello di salario a cottimo, dovendo passare quindi ad un salario orario. Se inizialmente la situazione sembrava in miglioramento, in quanto l’azienda aveva proposto un contratto con un salario al di sopra dei 20.- all’ora, qualche settimana fa, con sole 24 ore di preavviso, il contratto è stato mutato in una forma di retribuzione di salario orario al minuto, la cui retribuzione avviene solamente durante il tempo della consegna, quindi senza garanzie minime di un salario e nemmeno di una quantità minima di lavoro, ma dovendo comunque ritagliarsi giornate intere per restare a disposizione. Non è raro poi che i corrieri vengano chiamati fuori dall’orario di lavoro, rompendo del tutto quella flebile divisione fra tempo libero e tempo lavorativo.

 

Altre aziende che attuano dei contratti di lavoro simili sono Smood e Fasivery; in quest’ultima addirittura i corrieri erano in competizione fra di loro per “accaparrarsi” la consegna il più in fretta possibile.

 

Questi settori lavorativi in espansione sono la nuova frontiera del mercato del lavoro precario, della gig economy e del ritorno ad un capitalismo ottocentesco.

 

Sono vari i problemi riscontrati in queste forme di lavoro: si indicato i dipendenti come “lavoratori indipendenti” per sgravarsi da alcune responsabilità quali fornire un veicolo per le consegne, una cassa per il resto (che il corriere deve garantire di tasca sua), una copertura in caso di multe per le soste dovute alle consegne, di rimborso dei parcheggi e di un’adeguato rimborso dei costi della benzina. Questa forma di contratto, furbescamente adottata da queste aziende, deresponsabilizza le stesse dai loro doveri verso il dipendente, facendo passare per “collaboratori” i lavoratori che in realtà sono in posizioni subalterne e con nessuno spazio decisionale.

 

La Gioventù Comunista aveva già iniziato una campagna sul precariato giovanile nel 2018, incontrando vari sindacati e trattando la tematica. Questa necessaria campagna deve ora prendere degli sbocchi concreti e la lotta al precariato deve diventare uno dei perni di lavoro del Partito Comunista, se del caso congiuntamente alla Gioventù Comunista, attraverso un’analisi della situazione.

 

Il Partito Comunista, quindi, sostenendo l’organizzazione delle corriere e dei corrieri delle aziende di consegna di cibo e solidarizzando con la loro lotta sindacale, afferma la necessità, oltre ad aderire alla petizione on-line promossa dal sindacato UNIA intitolato «Smood, ascolta il tuo personale!», di:

 

1. un salario dignitoso e che tenga conto dei momenti di attesa durante l’orario di lavoro;

2. un rimborso adeguato e proporzionale all’utilizzo del veicolo privato utilizzato per lavoro;

3. un rispetto delle pause e degli orari di lavoro;

4. garantire il riconoscimento dei giorni di malattia e delle vacanze;

5. avviare delle trattative con i sindacati per l’elaborazione di un CCL;

6. Iniziare un lavoro di analisi critica, in collaborazione e in continuità con quello già svolto dalla Gioventù Comunista, sulla gig economy e sulle nuove forme di precariato.