Dall’emozione alle scelte politiche

Perché opporsi al CECM   PIAZZA APERTA - Bruno Brughera*

CECM sta per Centro Educativo Chiuso per Minorenni. Per i più, politici e cittadini interessati, appare come un progetto opportuno. 

 

Nell’imminenza di una discussione in Gran Consiglio, il fatto di edificare un centro educativo sovvenzionato dal Cantone (3,5 milioni di franchi oltre ad 1 milione l’anno per la gestione) non pare rendersi oggetto di particolari opposizioni.

 

Qualcuno avrà qualcosa da obiettare per i costi, qualcun altro, forse, per l’ubicazione (Arbedo -Castione), ma in sostanza, la questione parrebbe risolta, dopo un iter durato 12 anni, quelli trascorsi dall’emozione per il tristemente celebre “caso Tamagni”: vicenda che provocò la morte violenta di un giovane picchiato durante un Carnevale, e che spinse i giovani liberali a cercare una soluzione per determinate problematiche legate a derive e violenze giovanili.

 

Dal tragico evento che nel 2008 a Locarno portò alla morte di Damiano Tamagni, molte cose sono cambiate, ma non il disagio giovanile e le cause che caratterizzano le azioni e i comportamenti di alcuni giovani.

 

Ma le emozioni, umanamente legittime e condivisibili, non possono bastare né essere il fondamento per indicare la strada di un progetto che prevede l’edificazione di un centro di presa a carico di simili percorsi personali, senza che tale progetto abbia una visione e mostri una sufficiente conoscenza della realtà giovanile a 360 gradi.

 

Certo, per dar vita al progetto ora in esame si è fatto ricorso ad uno studio, ormai superato, commissionato anni fa alla Supsi, che tiene sostanzialmente conto delle sole opinioni in proposito di direttori di centri educativi minorili.

 

Ma allora cosa c’è che non quadra? Come ha scritto il pedagogista Massimo Bottinelli sul CdT lo scorso 23 novembre il messaggio che verrà votato in Gran Consiglio prevede “la creazione di una legge sulle misure restrittive della libertà dei minori nei centri educativi: proposta finalizzata a legalizzare delle misure diseducative, restrittive, carcerarie nei confronti dei minori? Altra perplessità: il messaggio dice che le sanzioni disciplinari e le misure restrittive potranno essere ordinate dai direttori dei centri educativi (CEM): un aspetto di loro competenza?” Sono le medesime perplessità che esprime anche il Coordinamento cantonale contro il centro chiuso! Chi conosce un po’ la situazione delle prese a carico di giovani in estrema difficoltà, sa come si tratti di entrare in un mondo ed un contesto di grande delicatezza e complessità.

 

Il presupposto secondo cui occorre sostanzialmente integrare i giovani perché siano “omologati”, cozza con principi pedagogici ed educativi che affrontano situazioni in cui il minore è portatore di problematiche esistenziali e sociali dovute ad un background famigliare complicato, pesante, a volte inimmaginabile.

 

Il delicato compito di entrare nel merito di situazioni famigliari in cui sono presenti molestie o violenze, per esempio, tocca naturalmente molto da vicino anche il vissuto di bambini e adolescenti che in quel contesto nascono, crescono, cercano di sopravvivere o da cui provano in ogni modo a fuggire.

 

Spesso è la scuola a fare le prime segnalazioni. Purtroppo, però, non sempre ne consegue una vera presa a carico, sebbene vi siano strutture d’accoglienza, che andrebbero decisamente potenziate. Così, questi giovani cosiddetti “difficili”, che bisognerebbe piuttosto definire “in difficoltà”, si ritrovano emarginati e finiscono, i più, nel limbo della magistratura minorile.

 

Certo ci sono leggi da rispettare e magistrati dei minori chiamati a farle rispettare, ma poi, quando si passa alle sanzioni, alle condanne, siamo così sicuri che il Cantone abbia veramente bisogno di tornare all’apertura di un carcere, di riesumare un riformatorio, dove il concetto fondante, pur addolcito dal termine “educativo”, sarà in prevalenza coercitivo? Predisporre, com’è nel progetto, camere con letti con cinghie di contenzione è educativo? Nemmeno per la psichiatria adulta sono più tollerate, le vogliamo per dei giovani? Una struttura che si prefigge di “raddrizzare” coloro che sono portatori di disagio e malessere, come pensa di dimettere i ragazzi che usciranno da queste ennesima esperienza negativa?

 

Ma le forti perplessità, che si trasformano in chiara opposizione al progetto, toccano anche un altro aspetto importante che il messaggio porta con sé dal punto di vista della “politica sociale” dello Stato: la gestione dei contenuti educativi e pedagogici del progettato CECM verrebbe infatti affidata ad una fondazione privata molto vicina a Comunione e Liberazione e dunque fortemente connotata nei propri orientamenti: la Fondazione Vanoni di Lugano, attiva in tutto il Cantone con centri aperti, e che si occupa annualmente di quasi 500 bambini e ragazzi.

 

Nel rispetto per il lavoro e l’attività della Fondazione Vanoni, ci si pone qui una semplice questione: davvero il Cantone, lo Stato (laico) ritiene legittimo privatizzare e delegare tutta la gestione del “disagio giovanile”, tanto più ad un’istituzione così fortemente profilata? Non dovrebbe essere piuttosto direttamente il Cantone a farsi motore e gestore, attraverso il DSS e il DECS, di una politica giovanile non delegata ai privati, ma assunta direttamente dai propri servizi ed i propri professionisti secondo principi e modelli pedagogici ed educativi costantemente aggiornati? Dalle emozioni che hanno percorso e percosso l’intero Cantone nel 2008 poteva e doveva sortire un dibattito capace di produrre una visione più ampia e consapevole dei mezzi di cui lo Stato già dispone. Nel confronto con simili esperienze in diversi Cantoni svizzeri tedeschi e francesi, che hanno rinunciato a progetti “coercitivi” come quello in votazione in Gran Consiglio prossimamente, sarebbe forse potuto sortire un disegno più aperto di “presa a carico” di una realtà fatta di vite vissute sul filo del rasoio, di giovani cresciuti nel nostro Cantone, nella nostra realtà.

 

Il Comitato contrario al progetto di un Centro Educativo Chiuso per Minorenni, si batte affinché, dando prova di buon senso, l’Autorità Politica si cali davvero nella complessa problematica ascoltando tutti gli attori in gioco e non solo quei pochi direttori e presidenti di fondazioni che hanno il solo interesse di dar vita ad un nuovo ed estremo contenitore di cemento armato dove poter confinare disagio e malessere giovanili.

 

 

 

*Bruno Brughera

Membro del Coordinamento

Contro il Centro Educativo Chiuso per Minorenni