Libertà per Öcalan e solidarietà con il popolo curdo!

Notizie di un viaggio movimentato

di Beppe Savary-Borioli

 

Su invito del Congresso delle Comunità Democratiche del Kurdistan in Europa e tramite il Comitato Ticinese per la Ricostruzione di Kobanê, ho potuto partecipare ad un azione volta a chiedere la libertà per il presidente Abdullah Öcalan ed esprimere la solidarietà con il popolo curdo.

Un viaggio ad alto contenuto simbolico ha così portato dalla Grecia all’Italia un gruppo di attivisti, sostenitrici e sostenitori della causa curda provenienti da vari paesi, dall’America Latina all’Europa, uniti a giornalisti ed attivisti curdi, con arrivo nel porto di Napoli il 12 di novembre, ricalcando il viaggio che lo storico leader curdo fece nel lontano 1998.

 

Lo scopo principale di quest’azione era di ricordare al mondo intero l’odissea vissuta da Öcalan a partire dal 10 ottobre 1998 quando, braccato dai servizi segreti di Stati Uniti, Israele e Turchia, si trovò costretto a riparare in vari paesi dove però su ordine dell’allora segretaria di Stato americana, Madeleine Albright, gli fu sempre negato l’asilo politico. Il 15 febbraio 1999 la polizia keniota consegnò il leader curdo al governo turco su ordine della CIA. Da quel momento egli è tenuto prigioniero sull’isola prigione di Imrali, in totale isolamento, in un regime che non rispetta minimamente i diritti umani né le varie convenzioni che dovrebbero regolare le condizione di chi si trova incarcerato. «Tengono incarcerato il corpo di Öcalan, ma non riescono a rinchiudere la sua mente e le sue idee» ci dicono gli hevalno, le compagne ed i compagni curdi. Il suo paradigma di una confederazione democratica, socialista, ecologista e solidale, che vuole la parità dei generi come dei vari popoli, rappresenta un modello per una società del futuro nel Medio Oriente ma anche nel resto del mondo, e si trova già realizzato nel Rojava.

 

La soluzione della «questione curda» passa obbligatoriamente dalla liberazione di Öcalan, come insegna la storia dell’Africa del Sud, dove il regime di apartheid finì dopo la liberazione di Nelson Mandela (e la vittoria delle truppe cubane inviate da Fidel Castro in Angola nella battaglia di Kuito Kuanavale contro l’esercito boero del Sudafrica). Potrebbe sembrare un’impresa quasi impossibile, quella di chiedere la liberazione di Apo, come scandisce il suo nome chi lo ama, ma il Che ci insegna che per essere realisti bisogna chiedere l’impossibile. Se l’opinione pubblica soprattutto in Europa riuscisse ad aumentare la pressione sui governi, oggi ricattati da Erdogan con traffici di profughi, di soldi e di armi, un cambiamento sarebbe possibile. Se poi la situazione economica e politica drammatica in Turchia dovesse portare ad una vittoria elettorale dell’opposizione, si potrebbero aprire degli scenari nuovi anche sul fronte curdo.

 

Oltre alla rivendicazione di liberare immediatamente il presidente del Kurdistan democratico, questa manifestazione è stata anche l’occasione per richiedere che il PKK venga tolto dalla lista delle organizzazioni terroristiche, e soprattutto per chiedere la fine dell’aggressione turca al Rojava, regione che ha già pagato un caro prezzo – solo tra le file delle e dei combattenti dell’YPJ e dell’YPG i caduti sono stati oltre 11’000 – per la sua eroica resistenza e vittoria contro l’ISIS. Malgrado la sua superiorità numerica e tecnologica, il Golia turco – secondo più grande esercito della NATO, dotato di sofisticate armi americane, europee e russe, rinforzato da mercenari islamisti – non è ancora riuscito a sconfiggere il Davide curdo. Ma negli ultimi mesi hanno cominciato a moltiplicarsi le segnalazioni dell’utilizzo di armi chimiche da parte dell’esercito turco. Denunciamo – cercheremo di fornire delle prove inconfutabili del loro impiego – e condanniamo fermamente quest’ulteriore atto criminale del regime di Erdogan contro il popolo curdo. Alle strette nel suo stesso paese, il nuovo Sultan, come gli piace vedersi, con una fuga in avanti prepara un nuovo attacco contro il Rojava, confederazione democratica e socialista sotto la guida curda, con parità di genere e delle diverse comunità religiose e popoli, nella speranza di annientarlo e nel contempo di far dimenticare ai suoi seguaci le loro difficoltà economiche e farle annegare nell’ebbrezza di una sperata vittoria militare turca. Scongiuriamo questi piani, difendiamo il Rojava!

 

Questi erano i temi delle varie discussioni sia in Grecia che in Italia tra le delegazioni di partiti e organismi civili locali ed i nostri inviati, in particolare in occasione di due importanti panel ad Atene e a Napoli. Il programma è stato completato da cortei e concerti greco- e italo-curdi. «Bella ciao» cantata in curdo e in italiano ha così fatto vibrare Napoli, città che ha conferita la cittadinanza onoraria a Öcalan. Il nuovo sindaco PD, Manfredi, ha tenuto a ricevere una nostra delegazione per informarsi in prima persona sulle nostre rivendicazioni.

 

Va segnalato che il viaggio in nave da Lavrio a Napoli ha dovuto essere momentaneamente interrotto a causa di un incendio per il quale abbiamo validi motivi di credere che non sia stato provocato da un semplice «guasto tecnico». La polizia greca – e a quanto pare anche i servizi segreti greci – stanno tuttora indagando sull’origine dell’importante fuoco che con il suo fumo ha invaso tutta la nave e reso necessario di ripiegare su un’altra navetta per poter arrivare come da programma nel porto della metropoli partenopea dove ci attendeva un folto gruppo di compagni curdi ed italiani.

 

Tutto sommato per me è stata un’esperienza molto arricchente, che oltre a farmi vivere in prima fila la solidarietà con il popolo curdo passando una settimana molto intensa in compagnia di rappresentanti curdi e attivisti pro-curdi, mi ha persino obbligato a mobilitare di nuovo le mie pratiche, che credevo archiviate, di medicina d’urgenza e di catastrofe, sollecitate dall’incendio e dal grave incidente (a lieto fine) del nostro partecipante più anziano. Inoltre mi ha permesso di trovarmi con dei colleghi Greci bravissimi, simpatici e collegiali, che in condizioni molto difficili s’impegnano giorno e notte a dare il loro meglio per i pazienti, dei quali fece parte anche il nostro Aureli, 84enne catalano e strenuo difensore dei diritti dei popoli.

 

Evviva il popolo curdo! Libertà per il suo presidente Abdullah Öcalan! Giù le mani turche dal Rojava!

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