di Franco Cavalli
Riprendo il titolo dell’editoriale di Le Courrier, che per lo sforzo d’obiettività sulla guerra in Ucraina si distingue dal pandemonio mediatico segnato da una profonda russofobia, atteggiamento che ha una lunga tradizione in Europa occidentale.
Chiunque non si adegua all’interpretazione dominante di quanto sta capitando viene più o meno tacciato d’essere una quinta colonna putiniana.
E questo anche da coloro che sino all’altro giorno si prostituivano ai peggiori oligarchi russi o avevano taciuto sui massacri perpetrati da Putin in Cecenia. Noi del Forum siamo sempre stati molto critici sul neo-zar moscovita: basterebbe andare a rileggere nei nostri Quaderni gli articoli del nostro corrispondente moscovita Yurii Colombo.
Come era già stato il caso in altre occasioni (bombardamenti di Belgrado, guerre in Iraq, Afghanistan, Libia, eccetera), un certo “centro-sinistra” si è messo l’elmetto ed applaude addirittura l’annuncio del micidiale riarmo tedesco, E sì che sarebbe bastato seguire l’enorme pressione esercitata dalle alte sfere padronali e revansciste germaniche sul cancelliere Scholz, e a cui questi non ha saputo resistere, per non poter evitare di avere qualche incubo notturno. Questo “centro-sinistra” sembra oggi quasi spacciare la NATO per un’organizzazione di beneficienza e non per una quasi associazione a delinquere, come dimostrato dalla storia di questi ultimi 30 anni.
Nel nostro comunicato “Contro ogni guerra: né con Putin né con la NATO” noi del ForumAlternativo (FA) abbiamo chiaramente espresso la nostra condanna per la criminale aggressione putiniana all’Ucraina. Non c’è dubbio che Putin dovrebbe essere giudicato dal Tribunale dell’Aia, come avrebbero dovuto esserlo Bush e Blair per l’altrettanto criminale invasione dell’Iraq. Detto questo, noi però non dimentichiamo la lezione del sempre glorificato, ma quasi mai capito, Gino Strada, che malediva ogni guerra e che soprattutto sottolineava come “pensare di fermare la guerra inviando armi è come voler spegnere il fuoco buttandoci sopra altra benzina”. E ci sembra anche importante capire come si sia arrivati sin qui, anche perché è solo da questa comprensione che potrà nascere una soluzione a questa crisi che non sia la terza Guerra Mondiale, da cui nessuno potrebbe uscire vincitore.
Ho letto con molto piacere l’unica intervista sin qui concessa da Noam Chomsky, che come noi condanna senza se e senza ma l’aggressione putiniana, ma che sottolinea pure le enormi responsabilità dell’Occidente e soprattutto della NATO. Dopo la caduta del Muro di Berlino, soprattutto gli Stati Uniti, sentendosi vincitori della Guerra Fredda, hanno imposto ai paesi dell’Ex Unione Sovietica il peggior capitalismo possibile, ciò che ha causato una spaventosa crisi demografica ed un impoverimento di gran parte della popolazione. A ciò si aggiungano le promesse fatte a Gorbaciov, che in compenso del ritiro delle truppe sovietiche dall’Europa Orientale, la NATO non si sarebbe spostate “di un pollice” verso est, un fatto che in mancanza di un trattato rimane però controverso.
Fa parte dei tipici doppi standard occidentali, di cui parlerò tra un attimo, da una parte magnificare Kennedy, che aveva fatto togliere i missili da Cuba minacciando la guerra nucleare, e d’altra parte invece negare alla Russia ogni preoccupazione per ritrovarsi i missili davanti a casa. Il consolidamento progressivo del sistema oligarchico-mafioso di stampo putiniano è comprensibile solo rendendosi conto della profonda frustrazione, di cui ho avuto molte testimonianze nei miei viaggi in quei paesi durante gli ultimi 30 anni, di quelle popolazioni che improvvisamente si sono trovate ad essere i paria della storia. Qualcosa di simile aveva grandemente favorito anche l’ascesa al potere di Hitler dopo la distruzione della Germania ordinata dalle potenze vincitrici della prima Guerra Mondiale. Un mio amico, noto politico ticinese, mi diceva in questi giorni: “fra i due imperialismi, alla fine ha vinto quello americano ed i russi devono accettare di aver perso e che sia quindi l’imperialismo americano a dominare il mondo”. Nessun popolo lo può accettare ed è su questo sentimento di frustrazione che Putin ha costruito la sua dittatura.
Se vogliamo che il mondo possa arrivare finalmente a bandire la guerra, dobbiamo riconoscere che gli stessi diritti devono valere per tutti. Purtroppo invece l’ipocrisia occidentale trionfa. In un magistrale articolo (Il Manifesto, 6 marzo 2022), Ilan Pappé, grande storico israeliano obbligato a vivere in esilio in Gran Bretagna, trae quattro lezioni sui doppi standard occidentali. Ve le elenco in termini sloganistici:
- Puoi invadere l’Iraq, ma non l’Ucraina.
- Abbattere un grattacielo è un crimine di guerra in Ucraina, ma non a Gaza.
- In alcuni casi i neonazisti possono essere tollerati.
- Profughi bianchi sono i benvenuti, gli altri meno.
Mi soffermo su quest’ultimo punto, che ci concerne da vicino. Non ho niente contro la decisione dell’UE e anche della Svizzera di creare condizioni particolarmente favorevoli ai profughi ucraini. Inaccettabile però è che questo non valga per chi sfugge da altre guerre e che se già non annega nel Mediterraneo o congela al confine polacco, viene inesorabilmente respinto o finisce in un bunker. Alcuni leader europei non si vergognano neanche di esternare il loro razzismo, come il primo ministro bulgaro Petkov: “i profughi ucraini non sono i profughi a cui siamo abituati. Sono Europei. Queste persone sono intelligenti e istruite…”. Ma anche da noi non si scherza. La signora Looser, direttrice della commissione federale delle migrazioni, alla domanda se così facendo non si creino profughi di serie A e di serie B, ha dichiarato (Telegiornale RSI, 4 marzo) “quelle non erano vere guerre”.
Pensando al futuro, bisogna costruire condizioni durature affinché il conflitto non possa ripetersi. Fuori la Russia dall’Ucraina, fuori l’Ucraina dalla NATO: sono le basi realistiche sulle quali la diplomazia potrebbe costruire una pace duratura.
Prima dell’invasione russa il concetto era largamente condiviso anche se non sempre rispettato. Difatti gli accordi di Minsk (2015), stilati grazie alla mediazione franco-tedesca, e a cui gli americani, dettaglio non insignificante, non avevano partecipato, non sono mai stati rispettati, soprattutto perché garantivano una certa autonomia alle “repubbliche separatiste russofone” dell’est ucraino. Da allora da quelle parti ci sono stati più di 10’000 morti. Al di là di questi accordi, ci vorranno anche delle ampie garanzie internazionali (e qui la Cina potrebbe giocare un ruolo fondamentale) contro ogni futura ingerenza russa in Ucraina, che dovrebbe godere di uno statuto di neutralità simile a quella finlandese.
I miliardi di armi riversati in questi ultimi anni dalla NATO in Ucraina non hanno fermato l’invasione russa: non saranno ulteriori rifornimenti o addirittura l’invio di truppe occidentali ad evitare una guerra totale. Vi si potrà arrivare solo arando il terreno per costruire la pace.