Il collettivo Dpd sbarca a Parigi

di Francesco Bonsaver, da Parigi

 

La voce dei corrieri licenziati al deposito di Giubiasco per aver chiesto migliori condizioni di lavoro è arrivata a Parigi, alla riunione del Cda del gruppo La Poste, proprietario di Dpd Svizzera.

«Parigi val bene una messa». L’espressione che significa “vale la pena sacrificarsi per ottenere uno scopo alto”, ben si presta ai quattro corrieri protagonisti del racconto. Ricordiamo gli antefatti.

 

Cinque membri del collettivo operaio Dpd che da un anno lottavano per migliorare le condizioni di lavoro all’interno dell’azienda, sono stati lasciati a casa dopo che alla loro impresa era stato disdetto il contratto di subappalto con Dpd.

La nuova azienda subappaltatrice, creata pochi giorni prima della disdetta alla precedente (dopo 21 anni di apprezzata collaborazione con Dpd), ha riassunto tutti i dipendenti, tranne i cinque corrieri militanti affiliati a Unia. Lavoratori, detto per inciso, che più volte erano stati premiati quali corrieri del mese per il lavoro svolto.

Per quanto arrabbiati dai licenziamenti, i cinque corrieri rivendicano con orgoglio la lotta intrapresa per paghe e condizioni di lavoro dignitose per loro, per i colleghi e il mondo del lavoro in generale.

 

Ed è con questo spirito che il 23 febbraio quattro di loro (uno era impossibilitato) raggiungono Parigi per informare di quanto accaduto i vertici del gruppo La Poste, proprietario di Dpd Svizzera. Il giorno seguente è prevista la riunione del Cda della società parapubblica francese.

 

A farsi portavoce della protesta, anche il sindacato francese della Confédération génerale du Travail (Cgt), di cui due rappresentanti siedono nel Cda de La Poste. Scesi dal treno all’imbrunire del mercoledì, corrieri e sindacalisti di Unia s’infilano nel metrò diretti a Montreuil, comune della cintura parigina dove la Cgt costruì negli anni Settanta l’immobile sui terreni messi a disposizione dalla municipalità a guida comunista ininterrotta dal 1935 (salvo una breve parentesi “verde” di una legislatura). La sola vista dell’imponente costruzione in cui trovano spazio gli uffici della trentina delle federazioni professionali che compongono la Cgt, ben riassume l’importanza storica del movimento sindacale francese.

 

A guidare la delegazione ticinese nel dedalo dei corridoi, Hervé Tellier, sindacalista della Federazione attività postali e telecomunicazioni (Fatp) che ha seguito dalla Francia l’intera vicenda Dpd Svizzera. Davanti a una decina di sindacalisti francesi, la delegazione ticinese riassume le pessime condizioni di lavoro, i leggeri miglioramenti conquistati con la lotta iniziata l’anno prima dal collettivo nazionale dei corrieri, il sistema Dpd strutturato sul meccanismo del subappalto, il conseguente muro eretto dall’azienda nei confronti di Unia e, infine, i licenziamenti dei corrieri militanti nella sede ticinese. Licenziamenti intimidatori che rischiano di cancellare quanto conquistato, visto il clima di terrore instauratosi in azienda. I sindacalisti francesi, consci delle difficoltà di costruzione sindacale nel ramo, sono particolarmente impressionati dal numero di corrieri Dpd Svizzera (circa 300 su 800) associatisi a Unia nella lotta per i diritti. Non li ha invece sorpresi il meccanismo del subappalto, prassi diffusa anche in Francia, frutto di scelte politiche precise adottate nei decenni precedenti. Negli anni Novanta, la politica ha scisso le Ptt francesi in due società diverse, La Poste e France Telecom. Nel decennio successivo, i mercati della distribuzione e telecomunicazione sono stati aperti ai privati. Con la deregolamentazione, le condizioni di lavoro sono andate peggiorando con l’avvento del sistema del subappalto.

 

Sostituite i nomi con Swisscom e La Posta e avrete l’identica dinamica sviluppatasi in Svizzera. La crescita dei profitti attraverso la riduzione dei costi del personale ha imposto il meccanismo del subappalto, coi suoi dentellati di precarietà e sfruttamento dei lavoratori.

 

Per i sindacalisti francesi non vi è dubbio, la solidarietà internazionale dei lavoratori è un’arma per contrastare il degrado e migliorare le condizioni d’impiego nei due paesi. «La Poste non può sfuggire alle sue responsabilità di quanto accaduto in Svizzera – afferma Christian Mathorel, segretario generale della Fatp presente alla riunione –. La legge impone al Cda l’obbligo di vigilare sulle sue società controllate. Quanto successo coi vostri licenziamenti è contrario agli accordi sottoscritti da La Poste con Uniglobal (associazione mantello internazionale dei sindacati, ndr). Alla riunione, richiameremo il Cda ai suoi doveri».

Lo stesso giorno, Uniglobal ha promosso una petizione per il reintegro dei corrieri.

 

L’indomani, corrieri e sindacalisti sono presenti di buonora per consegnare il volantino ai vertici aziendali del gruppo francese. Tra questi, anche Franck Haspot, delegato Cgt nel Cda de La Poste. «Avete tutta la mia solidarietà – dirà agli ex corrieri ticinesi – .Leggerò la vostra dichiarazione durante la riunione, chiedendo l’impegno del Cda a intervenire presso la direzione elvetica di Dpd per il vostro reintegro e il riconoscimento di Unia nelle trattative».

 

La determinazione dei corrieri e l’impegno dei sindacalisti, porterà a un risultato inatteso. La collaboratrice personale di Marie-Hélène Michon, vicedirettrice e responsabile delle risorse umane di Dpd, ha incontrato i membri della delegazione ticinese. «Un incontro durato un’ora e mezza, in cui abbiamo spiegato punto per punto i fatti e la richiesta di reintegro dei corrieri ingiustamente licenziati» ha spiegato Enrico Borelli di Unia al termine dell’incontro. «Non so se questo incontro servirà a farci riavere il posto – racconta Danilo Moro, uno dei corrieri licenziati – ma vederli prendere dodici pagine fitte di appunti è stato importante. Da quando è iniziata la lotta del nostro collettivo, è la prima volta che dei vertici ci hanno ascoltato. Spero che serva almeno a migliorare le condizioni dei colleghi rimasti. Ho perso il lavoro, ho una famiglia da mantenere, ma non rimpiango nulla di quanto abbiamo fatto».

 

Parigi val bene una messa, si diceva. I quattro di Giubiasco lo hanno dimostrato. In tutti i sensi.

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