A proposito de "Il capitale"

Il lungo presente e i miei studenti. Corso di storia contemporanea

un libro di Paolo Favilli pubblicato da FrancoAngeli editore, 2021, 367 p.

di Damiano Bardelli

 

È difficile convogliare in poche righe tutta la ricchezza e l’originalità dell’ultima opera dello storico toscano (e ticinese d’adozione) Paolo Favilli, uscita lo scorso mese di settembre. 

Il modo migliore per adempiere a questo compito è probabilmente di cominciare con lo spiegare cosa questo libro non è, in modo da fugare sin da subito ogni possibile malinteso: A proposito de Il capitale non è un’opera d’introduzione o un manuale divulgativo su Il capitale di Marx. Anzi, non è neanche un libro su Il capitale in quanto tale, o più in generale sull’opera economica di Marx. 

 

Di cosa si tratta, allora? Il titolo contiene tutte le informazioni necessarie per farsene un’idea più precisa, ma va letto con attenzione: A proposito de Il capitale. Il lungo presente e i miei studenti. Corso di storia contemporanea si sviluppa appunto come un corso di storia – immaginario, con tanto di domande e interventi degli studenti, ma basato sulla reale esperienza d’insegnamento universitario di Favilli – nel quale le categorie analitiche de Il capitale vengono mobilitate per mettere in evidenza le caratteristiche e gli elementi di continuità del «lungo presente» nel quale viviamo, iniziato con la Rivoluzione industriale e la Rivoluzione francese. Si tratta però di un «corso di storia» originale nella sua forma, che non segue una rigida struttura divisa in lezioni ma che si sviluppa come un concerto, nel quale si susseguono diverse variazioni su un tema di riferimento (Il capitale e le sue categorie analitiche), dove ogni variazione fiorisce dall’incontro fertile tra gli strumenti dello storico e quelli della letteratura creativa, tra le fonti nel senso più tradizionale del termine e opere letterarie che spaziano dalla vittoriana Elizabeth Gaskell al sovietico Vasilij Grossman.

 

Se tutto ciò vi suona come una lettura affascinante, stimolante e al contempo impegnativa, è proprio perché di ciò si tratta. Non per niente lo stesso Favilli tiene a precisare nella sua introduzione che il libro si rivolge a «un pubblico di lettori colti non specialisti», cioè a dei lettori che non hanno delle conoscenze specialistiche di stampo accademico su Marx o la storia contemporanea, ma che dispongono di un buon bagaglio filosofico e culturale e hanno l’abitudine di confrontarsi con riflessioni astratte e complesse. Per riprendere la metafora del «corso di storia», si tratta insomma di una lettura per studenti avanzati, non certo di un testo introduttivo per novellini del primo anno, ma neanche di una ricerca accademica specialistica rivolta alla comunità scientifica o agli esperti di Marx. Al riguardo, è significativo che Favilli, già professore di Storia contemporanea e Teoria della conoscenza storica all’Università di Genova, si rivendichi anzitutto come storico (in particolare come storico della ricezione del pensiero di Marx) e come intellettuale militante, ma rifugga l’etichetta di «marxologo», di specialista sull’opera di Marx.

 

Chi dispone di un tale bagaglio ma conosce poco o nulla di Marx non si faccia spaventare: proprio in virtù della scelta di rivolgersi ad un pubblico non specialistico, Favilli fornisce al lettore le basi necessarie per seguire il suo «corso». In particolare, si prende il tempo di introdurre la storia dell’elaborazione de Il capitale, storia di un «non-finito», di un’opera per la quale Marx ha lavorato per decenni ma che è rimasta incompleta, in ragione dei suoi problemi di salute e soprattutto del suo approccio meticoloso e rigoroso, che lo incoraggiava ad approfondire i suoi soggetti di ricerca nei più minimi dettagli e a confrontarsi con gli altri autori del tempo prima di dare alle stampe la sua opera.

 

L’opera svolge un compito fondamentale nel contesto politico e intellettuale attuale, egemonizzato dal pensiero liberale e che considera il capitalismo come un fenomeno naturale e atemporale. Favilli riafferma con forza il carattere storico – e quindi potenzialmente transitorio – del capitalismo, non eseguendo un’analisi economica o sociologica del capitalismo stesso, ma sviscerando le dinamiche di fondo della nostra epoca storica con l’aiuto degli strumenti forniti da Marx ne Il capitale, mettendo in evidenza il carattere «definente» del capitalismo per il periodo storico che stiamo vivendo. Come ricorda Favilli, non è possibile prevedere la durata del capitalismo o le forme che prenderà il modo di produzione suscettibile di seguirlo. Quel che è certo, però, è che per realizzare qualcosa di migliore si dovrà necessariamente ricostruire un’antitesi al sistema attuale – antitesi che è venuta a mancare alla fine del secolo scorso, perlomeno in Occidente, con l’inizio del processo di deindustrializzazione e il crollo del socialismo reale. La speranza è che un giorno gli storici studieranno quella che noi oggi chiamiamo «epoca contemporanea» e, con un senso di pietà per gli esseri umani che l’hanno vissuta, la designeranno con il nome di «epoca capitalista».

 

Una volta arrivati in fondo al libro non si può fare a meno di chiedersi se, da un punto di vista politico, non varrebbe la pena di riassumerne e riformularne le principali idee in modo da renderle accessibili ad un pubblico più ampio di quello a cui è destinata l’opera. L’arduo compito della ricostruzione di un’antitesi al capitalismo, evocato dallo stesso Favilli, ha più che mai bisogno di pubblicazioni che favoriscano la presa di coscienza della natura storica del capitalismo e della possibilità – per non dire della necessità – di superarlo con un nuovo sistema economico. Ma nella loro forma attuale, le brillanti «variazioni sul tema» composte da Favilli potranno essere pienamente apprezzate solo da una cerchia ristretta abituata a tali esecuzioni.

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