«Semplicemente irragionevole»

di Beppe Savary-Borioli, presidente PSR/IPPNW Svizzera

 

La seguente lettera era stata inviata alla NZZ in reazione ad un pezzo d’opinione di Peter Rásonyi dal titolo eloquente («Più centrali nucleari europee fanno bene al clima», 3 gennaio), ma non è mai stata pubblicata. Evidentemente la «Alte Tante» non ama la critica e non vuole essere disturbata nel suo agire da grancassa per la lobby nucleare.

Ve la riproponiamo quindi qui sui nostri Quaderni, con un appello: di fronte alla campagna di greenwashing in atto sui media, la lotta al nucleare ha più che mai bisogno di sostegno e attivismo!

 

«Semplicemente irragionevole». Peter Rásonyi, capo della redazione esteri della NZZ a Zurigo, ha commentato con queste parole la rinuncia «senza necessità» alla costruzione di nuove centrali nucleari. Questo giudizio andrebbe applicato semmai al suo commento.

 

«Senza necessità», l’energia nucleare ha causato disagi e sofferenze indicibili fin dalla sua scoperta e dal suo utilizzo, sia in ambito militare che in quello civile ad esso strettamente legato. Dall’estrazione dell’uranio al normale funzionamento di una centrale nucleare, fino alla sua demolizione e allo stoccaggio finale delle scorie nucleari (che per ammissione di Rásonyi sarebbe «non ancora risolto proprio a lungo termine»), l’energia atomica implica grandi rischi per la salute degli uomini, degli animali e delle piante. Basti pensare al gas radon presente nelle miniere di uranio, agli incidenti dei reattori e alla questione dello stoccaggio di sostanze radioattive a vita estremamente lunga, per ora in molti luoghi situati sulla superficie terrestre. Catastrofi come quelle di Chernobyl e Fukushima sollevano la questione se le centrali nucleari – anche quelle di nuova concezione – possano mai essere «sufficientemente sicure», come vorrebbe la Commissione Europea per poterle includere nel suo nuovo (e «greenwashed») programma energetico anche se non dovessero «rientrare in un concetto di sostenibilità se definito strettamente» (e come potrebbero rientrarvi?).

 

Quale sarebbe l’impronta di carbonio delle centrali nucleari se nel calcolo fossero inclusi l’estrazione dell’uranio, la loro costruzione (cemento ed acciaio) e demolizione, lo smaltimento e lo stoccaggio finale delle scorie nucleari e tutti i trasporti correlati? Quale sarebbe la contabilità dei costi reali dell’energia nucleare se i massicci sussidi statali ad essa destinati non venissero camuffati sotto forma di contributi alla protezione del clima (si pensi alla collaborazione tra Macron e EDF in Francia)? Come può la NZZ, che di solito si mostra sempre molto critica nei confronti dell’intervento statale nell’economia, sostenere questa forma di «politica energetica»?

 

Noi, circa settecento medici della sezione svizzera dei PSR/IPPNW, i «Physicians for Social Responsibility/International Physicians for the Prevention of Nuclear War», un’associazione internazionale fondata congiuntamente da un collega americano-statunitense e uno russo-sovietico durante la guerra fredda più profonda, rifiutiamo sia l’uso militare che civile dell’energia nucleare. Questo principalmente perché i rischi associati e provati per la salute e la vita sono troppo grandi. Per noi, cercare di salvare l’umanità dal cambiamento climatico usando l’energia nucleare significa scacciare il diavolo con Belzebù. In particolare, offrire i tanto de- ed incantati cosiddetti Small Modular Nuclear Reactors (SMRs) come una «tecnologia ponte» smart e verde fino al 2050 suona come un brutto scherzo. Per poter incidere in modo significativo sul clima entro il 2050, ne dovrebbero essere costruiti a migliaia (!). Se in più tenessimo conto del tempo necessario per il loro finanziamento, la pianificazione ed approvazione fino alla loro costruzione nei restanti ventotto anni, il loro effetto positivo sul clima si commenterebbe da solo.

 

Insomma: la drastica limitazione dello spreco d’energia e l’uso esclusivo di fonti d’energia rinnovabili sono per noi l’unica via percorribile, che ci condurrà in modo sostenibile e soprattutto sicuro fuori dalla «crisi energetica».

Tratto da: