FFS: servizio pubblico sul binario morto?

di Fabio Dozio

 

Se non fosse vero, potrebbe sembrare una barzelletta. La nuova stazione ferroviaria di Mendrisio, costruita nel 1874, è stata completamente riattata lo scorso anno, con un investimento di 5 milioni di franchi. Alla presentazione dell’opera, in dicembre, si è scoperto che l’edificio è privo di bagni, di gabinetti, di toilettes. 

Un posticino utile per offrire ai viaggiatori la possibilità di espletare alcuni bisogni primari. Grande imbarazzo e scuse pubbliche da parte delle FFS. Ormai può capitare anche questo alle nostre Ferrovie che sì, diciamolo, non sono più quelle di una volta.

 

 

Una società anonima per le ferrovie

La data fatidica è il 1998, quando il Consiglio federale e il Parlamento decidono di trasformare la regia federale in società anonima. Le FFS sono ancora nelle mani della Confederazione, ma vanno gestite come un’azienda privata, possibilmente facendo utili. Quindi, meno costi e meno qualità. «La riforma delle ferrovie – scriveva il Consiglio federale – deve introdurre elementi di concorrenza nel sistema ferroviario». Questa tendenza, che prevede la gestione di un servizio pubblico per eccellenza con i criteri dell’economia di mercato, non si arresta neanche davanti alla pandemia. Con un paese mezzo immobilizzato, il 2020 ha causato perdite per 617 milioni di franchi alle FFS. È sicuramente un periodo difficile per l’azienda, che registra una diminuzione del traffico viaggiatori: meno 24,3% lo scorso novembre rispetto all’anno prima. Per contenere le perdite, il Consiglio federale ha deciso in dicembre di chiedere alle FFS di risparmiare 80 milioni di franchi ogni anno, a partire dal 2024. Così, entro il 2030, il bilancio dovrebbe migliorare di circa 500 milioni di franchi. Altre misure previste: una riduzione dei prezzi delle tracce, vale a dire del compenso per l’utilizzazione della rete ferroviaria, e la previsione di ritardare la fase di ampliamento 2035 dell’infrastruttura ferroviaria.

 

«Chiedere alle FFS di risparmiare è un pessimo segnale per garantire il servizio pubblico e per le condizioni di lavoro», ha dichiarato la consigliera agli Stati di Ginevra, la verde Lisa Mazzone. Non è necessario essere economisti per immaginare che 80 milioni di risparmi si ripercuoteranno su voci di spesa importanti: manutenzione? Nuovo materiale? Condizioni di lavoro? Qualità del servizio? O aumento dei prezzi? E rinunciare agli investimenti, o rimandarli, vuol dire indebolire l’offerta del trasporto pubblico e indirettamente favorire quello privato. Meno treni e più auto e addio misure ecologiche a favore dell’ambiente.

 

 

Lacune e disservizi

Le ombre sulle FFS non si limitano alle conseguenze della pandemia. Nel corso degli ultimi anni si sono accumulate le lacune. Tre anni fa la notizia strabiliante che mancavano mille macchinisti. Un’azienda che non è stata in grado di considerare i pensionamenti.

 

Per Hans-Ruedi Schürch, del SEV, il Sindacato dei trasporti, la mancanza di personale è voluta. «Il fatto che un gran numero di macchinisti ora vadano in pensione, le FFS non lo sanno da oggi, ma almeno dal 2005 – ha dichiarato – Meyer, CEO delle FFS, non ha mai nascosto che le FFS preferiscano lavorare leggermente in sotto organico piuttosto che con un macchinista di troppo. Il risultato? I conducenti devono fare straordinari per anni e saltare le vacanze».

 

Nell’estate del 2020, presentando il nuovo orario ferroviario, le Ferrovie hanno dichiarato candidamente che mancavano più di duecento macchinisti e perciò sono stati cancellati circa duecento treni dei 9 mila in servizio. Dura la reazione dell’Ufficio federale dei trasporti (UFT), che ha detto che una simile linea di condotta non è tollerabile. «La Confederazione non paga per i bus sostitutivi» ha dichiarato Peter Flügistaller, direttore dell’UFT.

 

Mancano anche un centinaio di assistenti alla clientela sui treni. Il servizio, evidentemente, ne risente e le condizioni di lavoro degli assistenti peggiorano. Il progetto «Accompagnamento della clientela 2020-21» ha comportato l’abbandono del doppio accompagnamento dei treni a lunga percorrenza. «È innegabile – sostiene Ralph Kessler sul giornale del SEV – che le sollecitazioni fisiche e psichiche del personale del treno siano continuamente aumentate dal dicembre 2018, con evidenti conseguenze anche sui giorni di assenza».

 

 

Privatizzazioni nefaste

Altra misura recente che preoccupa il sindacato dei ferrovieri è l’intenzione delle FFS di cedere parzialmente a ditte esterne la costruzione e la trasformazione degli impianti di sicurezza. «Se vogliamo mantenere la qualità e la sicurezza che oggi offrono le FFS – ha dichiarato il sindacalista Urs Huber – occorre rafforzare il proprio personale e non incrementare le competenze delle aziende esterne».

 

La scorsa estate, FFS Immobili ha annunciato che intende concentrare i servizi di pulizia con il proprio personale unicamente nelle stazioni più frequentate e privatizzare la pulizia delle piccole stazioni. La misura colpirebbe da 130 a 150 collaboratori temporanei. Contro questo progetto il SEV ha lanciato una petizione. In Ticino sono state raccolte 1300 firme, e 4 mila nell’intero Paese. Piuttosto che privatizzare, sostiene il sindacato, questi lavoratori precari andrebbero assunti a pieno titolo dalle FFS. Precedentemente è già stato privatizzato lo sgombero della neve. «Alla prima nevicata – ricorda il segretario del SEV Angelo Stroppini – fu un macello organizzativo, al punto che le FFS invitavano i viaggiatori a utilizzare i bus in sostituzione dei treni per recarsi in Leventina».

 

Lo scorso autunno è stata interrotta completamente per due giorni la linea ferroviaria Losanna-Ginevra a causa di un cedimento del terreno. Decine di migliaia di pendolari sono rimasti a piedi, o hanno dovuto utilizzare bus sostitutivi. L’incidente ha rilanciato le critiche nei confronti dei disservizi delle FFS. Le Matin ha scritto che si tratta di un «male più profondo. Da tempo i viaggiatori si rendono conto che la circolazione dei treni è febbrile, o meglio, fragile. Penuria di macchinisti, treni soppressi, composizioni ridotte, danni alla rete, lavori in corso, porte difettose, problemi alla linea, ecc. Troppe avarie colpiscono il traffico regionale, ma anche le grandi linee».

 

Il consigliere nazionale socialista Bruno Storni ha denunciato la politica di risparmio delle FFS, malgrado la Confederazione investa 5 miliardi di franchi all’anno nel Fondo per l’infrastruttura ferroviaria. «Dal 2000 i passeggeri sono aumentati del 75% – precisa Storni – ma che cosa fanno le FFS? Nel 2016 il CEO Meyer annuncia il programma Railfit 20/30 per tagliare 1400 posti di lavoro entro il 2020».

 

 

Dove stanno andando le FFS?

L’Associazione per la difesa del servizio pubblico propone di ripristinare le vecchie regie per tornare a privilegiare la qualità del servizio, ultimamente in costante degrado. Il popolo svizzero ha sempre sostenuto le ferrovie: nel 1987 votando «Ferrovia 2000» che stanziava più di 16 miliardi di franchi; nel 1998, approvando il pacchetto di 30 miliardi per le gallerie di base. È giusto che la Confederazione sostenga con importanti investimenti le FFS. Ma per garantire un servizio pubblico di qualità non si può pretendere che la gestione avvenga secondo i criteri della parità dei conti, dei risparmi o degli utili di esercizio.

 

Queste politiche finiscono per mandare il servizio pubblico su un binario morto!

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