No ai tagli, sì ai bisogni

di Fabio Dozio

 

Votate no e fate votare no! Il prossimo 15 maggio i cittadini ticinesi dovranno esprimersi sulla misura che impone il pareggio dei conti del Cantone entro la fine del 2025.

La destra non demorde, ma intona sempre la solita solfa.

 

Sergio Morisoli, deputato UDC e alfiere del neoliberismo ticinese, già Masoni boy, ha ottenuto l’approvazione del Gran Consiglio con la sua proposta di pareggiare i conti nel giro dei prossimi tre anni. Il decreto legislativo recita che «il pareggio del conto economico deve essere raggiunto al più tardi entro la fine dell’esercizio 2025, con delle misure prioritariamente di contenimento della spesa, escludendo l’aumento delle imposte». Inoltre non possono essere riversati oneri finanziari sui Comuni.

 

Questa fregola risparmista potrebbe far pensare che le finanze del Cantone siano in una situazione preoccupante. Assolutamente no! Nel 2017, nel 2018 e nel 2019 il risultato d’esercizio del Cantone ha fatto registrare avanzi che hanno superato anche i cento milioni di franchi. Certo, poi il paese ha dovuto fare i conti con la pandemia. Quindi le entrare fiscali sono diminuite, le spese aumentate e i conti registrano passivi. Non è necessario essere laureati in economia per capire che un evento straordinario come la pandemia debba essere contrastato con misure altrettanto straordinarie.

 

Comunque, se vogliamo giudicare lo stato delle finanze cantonali, è bene ascoltare quanto dice un osservatore esterno e lasciar perdere i nostri politici stregati dal mito del deficit. Moody’s, una delle agenzie di rating che stila le hit parade del capitalismo, ha confermato alla Repubblica del Canton Ticino il rating Aa2 con prospettiva stabile, livello che si situa in una fascia di alta qualità. In particolare Moody’s, nel luglio del 2021, quindi in piena pandemia, definisce così i punti di forza della situazione finanziaria ticinese: «Solida gestione finanziaria e del debito sostenuta da un’economia forte e diversificata, condizioni quadro cantonali che garantiscono un equilibrio finanziario, solidi risultati finanziari che hanno permesso di fronteggiare, proattivamente, gli effetti negativi della pandemia di coronavirus».

 

 

No al meno stato

Dunque, non c’è nessun bisogno di tagliare le spese, nessun allarmismo, nessun pericolo di bancarotta per lo Stato ticinese. È necessario chiarire che la proposta di Morisoli, seguita pedissequamente dalla maggioranza dei deputati, non si fonda su razionali elementi di economia. Ha solo e soprattutto un obiettivo politico: tagliare le spese statali per applicare la dottrina del meno Stato e indebolire così il servizio pubblico, la formazione, la cura e la sanità, la protezione dell’ambiente, ecc. ecc. Si tratta di un attacco frontale alla qualità del servizio statale e come tale va osteggiato, rifiutato, bocciato. Il 15 maggio bisogna votare no, perché il voto ha un impatto politico che supera l’eventuale effetto negativo della misura proposta.

 

L’aumento del debito pubblico in periodo di pandemia è comprensibile e accettabile. Il Preventivo 2022 annuncia un disavanzo di 135 milioni di franchi. Anche in queste condizioni i partiti borghesi, PLR e UDC a braccetto, propongono ulteriori sgravi fiscali ai ricchi. Come dire: tagliamo i servizi ai cittadini, ma rimpinziamo i portafogli dei benestanti. «La situazione a Piano finanziario – scrive Ivo Durisch nel rapporto di minoranza sul preventivo – presenta disavanzi strutturali dell’ordine dei 120 milioni annui fino al 2024. La situazione poi peggiorerà ulteriormente nel 2025, quando entrerà in vigore l’aliquota del 5,5% delle imposte delle persone giuridiche, che causerà ulteriori minori entrate a livello cantonale per 50 milioni di franchi: le grandi aziende beneficiano e tutti paghiamo». E, in precedenza, ci sono stati altri sgravi fiscali inutili per oltre 130 milioni di franchi.

 

Dopo aver ricordato che il rischio di povertà in Ticino tocca il 24% della popolazione residente, di fronte a un 15% a livello svizzero, il capogruppo socialista afferma: «Le spese aumenteranno a causa dell’evoluzione dei bisogni della società e non perché si gettano soldi dalla finestra, come troppi continuano a dire. A vincere sembra essere ancora una volta la politica delle casse vuote, che prima toglie risorse allo Stato e poi chiede la riduzione della spesa».

 

 

Decreto inutile ma pericoloso

Il decreto Morisoli è stato combattuto con un referendum lanciato dal Sindacato del servizio pubblico (VPOD) e sostenuto, dopo qualche tentennamento, dal partito socialista.

Il decreto è inutile, prima di tutto perché il pareggio di bilancio non è necessario in un momento critico dovuto a un fenomeno imprevisto come la pandemia. Inoltre perché abbiamo già una Costituzione cantonale che dà indicazioni sul freno ai disavanzi: «Di principio, il preventivo e il consuntivo di gestione corrente devono essere presentati in equilibrio. Tenuto conto della situazione economica e di eventuali bisogni finanziari eccezionali, possono essere preventivati dei disavanzi entro i limiti definiti dalla legge. Questi vanno rispettati attraverso misure di contenimento della spesa, di aumento dei ricavi o di adeguamento del coefficiente d’imposta cantonale».

 

Cosa pretendere di più? La Carta canta. La Costituzione e la Legge sulla gestione finanziaria dello Stato bastano a definire le politiche statali in modo da non deragliare verso la bancarotta.

 

Il decreto Morisoli è inutile, ma pericoloso, perché potrà portare a eventuali tagli decisi dal Consiglio di Stato senza che il Parlamento e il popolo, per mezzo del referendum, riescano a contrastarli. Potrebbero esserci tagli alle spese per la formazione, la sanità, la sicurezza, la protezione dell’ambiente e i trasporti.

 

Facendo riferimento alla Costituzione il partito socialista ha proposto, nell’ambito del dibattito sul Preventivo 2022, di riportare il moltiplicatore al 100%, tre punti in più che permetterebbero di incassare qualche decina di milioni. L’idea è stata bocciata dal Gran Consiglio. Vale la pena chiedersi se aumentare le tasse indistintamente a tutti i cittadini sia giustificato, soprattutto in questo periodo. Certo, le imposte in Ticino sono proporzionali, quindi un aumento del moltiplicatore agisce soprattutto sui redditi alti e i soldi incassati possono essere utili per sostenere le persone in difficoltà. Ma la sinistra non deve sottomettersi al mito del deficit.

 

Un altro intervento fiscale più centrato e più giustificato politicamente e socialmente potrebbe essere l’introduzione di un’imposta speciale Coronavirus per le imprese che hanno beneficiato della pandemia e per i titolari dei patrimoni elevati, come proposto dall’economista Sergio Rossi, professore all’Università di Friburgo. «Sarebbe meglio un prelievo federale, – ci ha detto il professore sul nostro ultimo Quaderno – una parte del quale potrebbe poi essere redistribuita sul piano intercantonale in modo da aumentare la solidarietà e la coesione nazionale». «Diversi studi recenti – affermava Sergio Rossi – hanno messo in evidenza come la pandemia abbia ulteriormente aumentato le disparità nella redistribuzione del reddito e della ricchezza anche in Svizzera».

 

Bisogna lottare contro le sempre più inique disuguaglianze e rafforzare lo Stato sociale e il servizio pubblico. Contrastare le manovre che puntano a indebolire servizi e prestazioni, come propongono i sostenitori del decreto che vuole imporre il pareggio dei conti. Una misura che non ha nessun fondamento razionale ma che ripete il mantra neoliberista a fini elettorali e populisti, infatti manca solo un anno al rinnovo di governo e parlamento.

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