Fermiamo il cambiamento climatico, per il bene della nostra salute

di Valérie d’Acremont

 

Il cambiamento climatico, pur non essendo «né contestato, né contestabile», per la giustizia vodese non rappresenta un «pericolo imminente». 

E questo sebbene i suoi effetti drammatici si manifestino tutti i giorni sulla salute delle persone, con un aumento spaventoso di tumori e con bambini sempre più spesso asmatici, così come sulla meteorologia, con delle situazioni sempre più estreme e di conseguenza dei disastri sull’habitat e le colture. 

 

Proprio sulla base di questa giustificazione il giudice Lionel Chambour del tribunale distrettuale di Losanna, seguendo un argomentazione del Tribunale Federale, ha recentemente condannato dodici attiviste ed attivisti di Extinction Rebellion per aver ostacolato il traffico durante un sit-in non autorizzato nel centro di Losanna il 14 dicembre 2019. Il pensiero va immancabilmente a Bertolt Brecht che diceva: «Che cos’è un assalto in banca contro la fondazione di una banca?». Che cos’è ostacolare il traffico – che per la giustizia sembrerebbe uno dei diritti fondamentali, la libertà di circolare dei liberi cittadini-autisti – contro l’inquinamento causato dallo stesso traffico?

 

Fra i condannati si trova Valérie d’Acremont, professoressa di salute globale presso «Unisanté» (centro di ricerca dell’Università di Losanna e dell’ospedale universitario di Losanna, il CHUV), che ci ha trasmesso il suo intervento letto davanti al tribunale cantonale il 07 febbraio scorso, a seguito della sentenza. Nella sua limpidezza non richiede ulteriori commenti. Valérie ha fatto suo il motto di Rudolf Virchow, «padre» della patologia cellulare, medico rivoluzionario e deputato al parlamento del 1848 nella Paulskirche a Francoforte, quando diceva che «la politica non è altro che medicina su larga scala». Come per gli assalitori alla caserma della Moncada del 26 luglio 1953, vale anche per docs4XR, il gruppo di medici che sostengono Extinction Rebellion: la storia li assolverà. ForumAlternativo era presente a Losanna il 07 febbraio per portare un saluto solidale ai militanti di docs4XR e lo faceva davanti alla statua di Guglielmo Tell in faccia al tribunale distrettuale con «Addio Lugano bella», parafrasata per l’occasione: «Vaud, la tua giustizia, schiava d’altrui si rende. D’un popolo gagliardo, le tradizioni offende ed insulta la leggenda del tuo Guglielmo Tell.»

 

Sono vent’anni che lavoro in Africa, occupandomi di progetti sempre più grandi, il cui scopo è di salvare vite di bambini, grazie a dei soldi che provengono in buona parte dal governo del nostro paese. Ed è vero che durante i primi quindici anni i risultati erano molto incoraggianti: eravamo riusciti a diminuire la malaria della metà, la denutrizione era regredita del 30%, ed eravamo passati da un bambino su 6 ad un bambino su 20 che morivano prima dei 5 anni. Ma di colpo, circa cinque anni fa, ho cominciato ad osservare, sul terreno, delle cose strane. Le miei colleghe ricercatrici e i miei colleghi ricercatori dell’istituto di ricerca di Bagamoyo in Tanzania si sono messi a costruire delle dighe perché hanno notato che il livello del mare sta salendo sempre più in fretta. Il loro laboratorio di sorveglianza dei virus emergenti, essenziale per la sorveglianza dei nuovi virus – se capite a cosa mi riferisco –, sarà presto riempito d’acqua. Quando facevo consultazioni con un mio collega, che è agente di salute in un villaggio del delta di Sine Saloum, in Senegal, i problemi medici più frequenti negli adulti non erano quelli che mi aspettavo: erano legati all’ansia di dover lasciare il loro villaggio che sarà presto cancellato dalle carte. All’ospedale, anziché avere una sola donna incinta per letto, abbiamo ricominciato a doverne mettere due per letto, a causa di un aumento dei casi gravi di malaria. Il numero di bambini denutriti a ricominciato ad aumentare, come messo in risalto bene dalla stessa Organizzazione delle Nazioni unite per l’alimentazione e l’agricoltura, che indica che il tasso attuale di denutrizione è regredito ai livelli che avevamo dieci anni fa.

 

Tutte queste osservazioni sono confermate dalle nostre analisi scientifiche, che mostrano che i picchi di mortalità dovuti alla malaria presso i bambini sono correlati non con delle rotture di approvvigionamento dei medicamenti o di una riduzione nella distribuzione delle zanzariere, ma «semplicemente» ad una diminuzione del numero di chili di riso prodotti. I contadini ci dicono che a causa della siccità osservano una diminuzione del rendimento delle loro culture, che sono sempre più distrutte da delle intemperie inabituali. Nelle nostre ricerche dove interveniamo per migliorare la qualità delle cure, il fattore che predice se un bambino non guarirà malgrado i nostri interventi, al di fuori del suo stato nutrizionale, è la presenza di malattie respiratorie, che aumentano giustamente a causa dell’inquinamento. In certe grandi città, i bambini inalano attualmente l’equivalente di 40 sigarette al giorno… I nostri interventi di salute non servono dunque più a niente, perché i loro effetti benefici sono annullati da quelli della degradazione dell’ambiente!

 

Contrariamente a quello che pensano molte persone, questo impatto del cambiamento climatico sulla salute non concerne solo gli abitanti del Sud del mondo, molto lontani dalla Svizzera. Da noi, il numero di crisi d’asma aumenta, dovuto a dei picchi di inquinamento, in particolare quando la temperatura sale, perché le microparticelle restano in sospensione nell’aria. Guardate i bollettini di Meteo Svizzera la prossima volta che fa molto caldo… In Svizzera abbiamo più di 3000 persone che muoiono ogni anno a causa dell’inquinamento dell’aria, cioè l’equivalente in 3-4 anni di quello che abbiamo vissuto in due anni di pandemia. Ma di questo, purtroppo, nessuno parla, e soprattutto nessuno prende il problema in mano, in ogni caso non con lo stesso vigore messo per affrontare il COVID… Le nostre verdure vengono in gran parte dalla Spagna, la cui parte meridionale si sta desertificando. Là dei villaggi interi non hanno più acqua dall’oggi al domani, perché di colpo la loro falda freatica è vuota. Quindi la Svizzera avrà sempre più difficoltà a rifornirsi di verdure varie provenienti dall’estero. La qualità del nostro cibo diminuirà, e con essa la speranza di vita delle nuove generazioni, ben più che la speranza di vita che abbiamo perso con il COVID.

 

Al contempo, la Svizzera continua a firmare accordi di libero scambio con dei paesi che devono allora abbattere delle foreste intere, distruggiamo la collina del Mormont [dove è previsto l’ingrandimento di una cava di Holcim, ndt], tutto questo in piena pandemia… proprio quando abbiamo provato scientificamente che questo genere di pandemie sono dovute principalmente alla perdita di biodiversità e all’allevamento intensivo di animali, pratica sempre autorizzata senza problemi in Svizzera. Siamo dunque entrati nell’era delle pandemie; spero che quella di cui soffriamo attualmente sarà presto finita, ma non sarà di certo l’ultima. Eppure, i nostri bei piani nazionali per la preparazione a future epidemie non implicano alcun capitolo su come prevenirle, agendo sulle loro cause. Stiamo dunque dicendo a tutte e tutti i professionisti delle cure qui presenti, esausti dopo due anni di COVID, che non faremo nulla e che dovranno esaurirsi di nuovo tra qualche anno o tra qualche mese a causa di una nuova pandemia. Non so se a queste condizioni avranno il coraggio di continuare ad esercitare il loro mestiere. E la giustizia, lei, non trova niente di meglio da fare, quando denunciamo questi fatti, quando cerchiamo di allertare la popolazione e le nostre autorità, che di metterci sul banco degli accusati.

 

Avremo presto tentato di tutto: siamo andati a incontrare il Dr. Tedros, direttore generale dell’OMS, per sostenerlo nella pressione che esercita sui ministeri della salute dei paesi membri affinché prendano coscienza di questa urgenza. Ci ha detto: «Sono uno dei vostri». Avevamo invitato a questo incontro anche Richard Horton, editore in capo del Lancet, una delle più prestigiose riviste mediche al mondo, che chiamate il personale della salute a disobbedire, a scendere in strada a manifestare.

 

I media svizzeri che mi hanno intervistato sul COVID rifiutano sistematicamente le mie proposte di parlare piuttosto del problema globale degli effetti del clima e della biodiversità sulla salute. Anche le mie frasi esplicative sulle cause di questa pandemia vengono tagliate nelle versioni finali degli articoli. Abbiamo quindi molte difficolta a farci sentire. È tuttavia nostro dovere di medici, d’infermieri, di allertare sulle crisi sanitarie a venire, così come è nostro dovere poi, una volta che le crisi arrivano, di cercare di attenuarne gli effetti sui pazienti e la popolazione. Non c’è dunque alcuna contraddizione tra queste due azioni, al contrario. Spero che potrò ritrovare un senso nel mio lavoro, di poter guardare nuovamente i miei colleghi africani negli occhi, perché avremo ridotto drasticamente le nostre emissioni di CO2 che uccidono i loro bambini, loro che emettono un decimo rispetto a noi.

 

Continuerò dunque ad esprimermi, nello spazio pubblico – anche perché noi abbiamo prestato il giuramento d’Ippocrate che dice «in primo luogo, non nuocere» – per domandare alle nostre autorità di fare qualcosa per salvare la nostra umanità che sta morendo.

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