di Beppe Savary-Borioli
Sull’altra sponda dell’ameno Alto Verbano, quella più ombreggiata, dove il sole non può arrivare dappertutto e sempre – un po’ come cantava De André – da cinque fonti già da parecchio tempo non scorgono più «le belle acque chiare», ma – ahimè – acque molto torbide.
Nel 2019 viene nominato un nuovo direttore alla casa per anziani (CpA) che porta nel suo nome le «Cinque Fonti». Pieno d’entusiasmo, egli si mette subito al lavoro e solleva un piccolo dubbio. Per anni, il direttore sanitario della CpA sarebbe stato anche membro del consiglio di fondazione delle «Cinque Fonti» e avrebbe poi passato il testimone «tout court» alla figlia medico. Come tutta risposta, il neo-eletto direttore della casa viene licenziato sui due piedi con la giustificazione di una «ristrutturazione» dell’istituto. Cosa che fa ricordare la giustificazione per i licenziamenti dei sindacalisti di Unia nel collettivo operaio alla dpd Ticino. Entra allora in scena il sindaco pluriennale del borgo dal muro alto sulla costa soliva dell’Alto Verbano, amico del già direttore sanitario delle «Cinque Fonti». Tale sindaco, «il Grande», è anche il presidente pluriennale di ALVAD, lo «Spitex pubblico» del Locarnese, ente presso il quale la figlia del già direttore sanitario delle «Cinque Fonti» funge da medico del personale.
Il sindaco dall’«Ordine e Progresso» suggerisce al suo amico e ai rimanenti due membri del Consiglio di fondazione delle «Cinque Fonti» di dare in outsourcing – un modus operandi che va di moda in questi tempi – la direzione della CpA e affida questo compito alla «sua» ALVAD.
Il sindaco – con una mossa degna del «Padrino» – invia da ALVAD alle «Cinque Fonti» un suo «commissario», originario dalla vicina repubblica che, oltre a non disporre dei requisiti necessari per fungere da direttore della CpA, pare facesse persino fatica a capire la differenza tra la mutua italiana ed il sistema delle casse malati in Svizzera. Questo modo di agire si trova in lampante contrasto con le prescrizioni cantonali in materia di gestione di una CpA, e ciò viene prontamente segnalato dal competente ufficio a Bellinzona, senza che venga intrapresa un’azione per ristabilire l’ordine legale. Un membro del Consiglio di fondazione si dimette in disaccordo con l’azione della sua maggioranza, costituita dal già direttore sanitario e dal prete del luogo, rappresentante della Curia vescovile, il quale affermerà il falso sulla «ristrutturazione». Se mentire per «la buona causa» dovesse essere un peccato, facilmente perdonabile nel confessionale, per lo Stato di diritto è reato. Chissà se il sindaco avesse pensato di avere un santo sufficientemente forte in Paradiso, al quale in passato forse avrebbe fatto delle offerte sacrificali, per le quali adesso gli sembrerebbe lecito poter aspettarsi un qualche tornaconto.
A questo punto il direttore destituito sporge denuncia per licenziamento abusivo e per lesione del suo onore. Durante la procedura legale, l’avvocato del Consiglio di fondazione, chiamiamolo GG («grande e geniale»), è figlio del sindaco: per la serie i panni sporchi si lavano in casa. L’avvocato fa pressione sul direttore licenziato spingendolo a ritirare la sua denuncia: per il suo futuro professionale sarebbe svantaggioso trovarsi implicato in una procedura legale. Il già direttore, tuttavia, non si lascia intimidire e, assieme al suo legale, va avanti e vince la causa. La Pretura di Locarno gli dà ragione. Il pretore parla addirittura di bugie, usate per poter arrivare al licenziamento ritenuto chiaramente abusivo. L’Avvocato (con la «A» maiuscola) del direttore riabilitato commenta così l’esito della lite: «Loro avevano l’arroganza, noi avevamo gli argomenti». Resta da sapere chi in fin di conti pagherà i 60’000 franchi di indennizzo da versare dalla Fondazione Cinque Fonti al direttore abusivamente licenziato, la nota d’onorario di GG e tutte le altre spese legate a questa brutta storia.
Visto che abbiamo a che fare con una Casa per Anziani sussidiata dal Cantone, saranno i contribuenti ad essere chiamati alla cassa per coprire con le loro imposte il buco nella cassa dell’istituto di San Nazzaro, causato da un’azione illegale del suo Consiglio di Fondazione?
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