Facciamo come in Francia

di Franco Cavalli

 

Già Carlo Marx, nel 18 Brumaio di Luigi Bonaparte, scriveva che per quanto riguarda i sommovimenti politici la Francia quasi sempre precede quanto poi capiterà in altri paesi europei, giudizio che poi confermò nelle sue entusiastiche prese di posizione a sostegno della Comune, che oltretutto avrebbe poi ispirato anche Lenin nel concepire il movimento dei soviet. 

 E quali detonatori, ricordiamo anche il Fronte Popolare nel 1936 e il Maggio parigino nel ’68.

 

Venendo ai giorni nostri, spero ardentemente che questa consuetudine storica si ripeta nelle varie tornate elettorali francesi. Al primo turno delle presidenziali il candidato della sinistra radicale Mélenchon ha difatti mancato solo per un soffio il passaggio al secondo turno: per farcela sarebbero bastati i voti delle due liste di disturbo trotzkiste, tralasciando anche il quasi 3% raccolto dal candidato comunista. A me pare evidente che nel turno decisivo Mélenchon avrebbe battuto Macron, in quanto gran parte della base popolare della Le Pen l’avrebbe preferito a colui che gran parte dell’opinione pubblica considera una marionetta dell’oligarchia finanziaria.

 

La sinistra ha quindi perso un’occasione storica e purtroppo non è la prima volta.

Avevo conosciuto Mélenchon a uno degli incontri altermondialisti a Porto Alegre (Brasile), dove avevamo organizzato un incontro franco-elvetico e avevo anche seguito una sua brillante conferenza su Gramsci. La sua preparazione culturale e la sua dialettica mi avevano impressionato, anche se non si può negare che il narcisismo non gli faccia difetto.

 

Invece di deprimersi per aver mancato d’un soffio l’obiettivo, il conduttore della France Insoumise (Fi), ha immediatamente rilanciato con la proposta di creare per le legislative di giugno un’unione di tutta la sinistra e dei Verdi sotto la nuova sigla di Nouvelle Union populaire écologique et sociale (Nupes). Quello che inizialmente sembrava un miraggio, è diventato realtà, anche perché i caporioni delle varie frazioni di sinistra sono stati duramente criticati dalle loro basi per non essersi accodati a Mélenchon alle presidenziali. Quindi Verdi, Pcf e anche il Ps (nonostante l’opposizione dei dinosauri della destra) hanno accettato di entrare in questa Unione, che nei sondaggi tallona il movimento di Macron. Evidentemente il compito alle legislative, dove conta molto il potere dei vari feudatari locali, appare più difficile. Ma anche qualche mese fa, nessuno avrebbe pronosticato che al primo turno delle presidenziali Mélenchon avrebbe sfiorato il 22% dei voti.

 

Oltre alla sua grande capacità comunicativa e al sapiente uso di tutti i media elettronici (con ritrasmissione contemporanea in dozzine di città dei suoi comizi), il risultato si spiega con un intenso lavoro di porta a porta dei militanti e anche con una coerenza di fondo durante gli ultimi anni su tutti i temi che contavano. Mi riferisco a temi sociali (pensioni, precariato, salario minimo), ma anche alle posizioni anti-imperialiste in politica estera, che spesso hanno suscitato il furore polemico dei media borghesi. Tutto ciò spiega come mai ha ottenuto un risultato “bulgaro” nei Territori d’Oltremare e perché è stato nettamente il più votato dagli elettori al di sotto dei 35 anni, riuscendo tra l’altro a riportare alle urne gran parte dei giovani contestatari delle banlieues.

 

Questo successo negli strati sociali proletari, Mélenchon lo si è guadagnato anche con il suo sostegno al movimento dei Gilets Jaunes, che grazie a lui fra l’altro era stato strappato, dopo gli iniziali sbandamenti, agli abbracci dell’estrema destra.

 

Non c’è che dire: cerchiamo veramente di fare come in Francia!

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